Il videoclip – Nuove opportunità di espressione giovanile
Intervento di Claudio Braggio dal titolo “Conoscenza e organizzazione di linguaggi e strumenti mediatici con ruoli attivi dei fruitori (ovvero le nuove opportunità di espressione giovanile)” sviluppato nel corso del seminario “I giovani e la cultura in provincia di Alessandria” tenuto in Alessandria presso l’associazione Cultura&Sviluppo martedì 13 marzo 2007.
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videoclip L’ULTIMO TESTIMONE (2005 – sceneggiatura Claudio Braggio, regia Ruggero Montingelli)
Le questioni che mi appresto ad introdurre verranno trattate con una serie di brevi passaggi, che confido potranno essere ripresi ed approfonditi in seguito.
Farò riferimento soprattutto alla realizzazione di audiovisivi, che è pratica diffusa quanto argomento subissato da chiacchiere e per quest’ultimo aspetto presenta tratti comuni con la pratica sportiva.
In tutte e due i casi, per svolgere un’attività seria e proficua in una disciplina occorre acquisire conoscenze ed affrontare sacrifici, due aspetti che solitamente vengono accuratamente evitati dai principianti.
Con l’improvvisazione ci si fa del male, giacché non è sufficiente accontentarsi dell’intuizione e non è intelligente sostituire l’allenamento con l’espressione di giudizi personali.
Sebbene proprio in questo modo si realizzano molti programmi televisivi sportivi ed anche la maggior parte dei cortometraggi che subissano gli organizzatori di Festival; ma la quantità in questo caso non è segnale di desiderio collettivo, quanto piuttosto evidente ricerca di una forte affermazione del sé.
Per quanto concerne gli audiovisivi, le nuove tecnologie digitali hanno indubbiamente abbattuto i costi di produzione e nel contempo si sono moltiplicate le possibilità creative.
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Con l’avvento di internet, si è creata una commistione ideale fra agorà telematica e non-luogo ricco di spazi di integrazione e di confusione.
Comunque, più che liberarsi dei costi di produzione e per certi aspetti anche dei costi di riproduzione, facendo riferimento a quelli commercialmente deboli, l’approccio ai moderni strumenti mediatici si è decisamente liberato dell’intelligenza collettiva.
Oggi più che mai, gli atteggiamenti adolescenziali sono più inclini al compimento di atti di ribellione che non a progettare rivoluzioni, quindi accade che il primo approccio al linguaggio ed alle tecniche audiovisive avvenga per tentativi di emulazione, quindi si gettano via subito le istruzioni per far funzionare la videocamera e si crede di poter superare le intuizioni di Giovanni Pastrone, il padre del linguaggio cinematografico (Asti 1882 – Torino 1959). L’altro elemento che va rimarcato è la pressoché totale mancanza di spazi e strutture a cui potersi rivolgere, che nel contempo siano in grado di offrire consulenze qualificate.
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videoclip LA TUA VOCE ARRIVERÀ (2009 – sceneggiatura e regia Claudio Braggio)
Non esistono strutture pubbliche e vi sono pochissime associazioni che raccolgono persone competenti, ma più che altro organizzano seminari full-immersion e corsi propedeutici e sono concentrate nella Città di Torino.
Il ricorso alla rete è un espediente per i giovani, che inizialmente nutrono un entusiasmo impastato di fiducia che ben presto va scemando a causa della mancanza di siti veramente specializzati sull’argomento (dove spesso si fa confusione fra l’esprimere pareri sul cinema e su come realizzarlo), ma anche perché non v’è sempre garanzia di autorevolezza di quanti intervengono nei forum.
Seppure dispongano di diversi strumenti di comunicazione in tempo reale, l’approdo al nulla è paradossalmente più facile oggi per i giovani contemporanei, che non per i loro omologhi degli anni Settanta e Ottanta alle prese con l’organizzazione di una rivista cartacea ovvero di una iniziativa di espressione artistica, teatrale o musicale.
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Ecco quindi che si avverte la scarsità d’intelligenza collettiva ovvero di quella valorizzazione della condivisione coordinata in tempo reale, che porta ad una mobilitazione effettiva delle competenze.
Valori di scambio, quindi, che vengono a mancare soprattutto fra quanti operano nello stesso settore, prima ancora di poter parlare di contaminazione fra diverse espressioni artistiche, che viene praticata soltanto se nella casuale organizzazione della rete relazionale del filmmaker vengono compresi altri appassionati che muovono passi analoghi verso altre arti e linguaggi. Tuttavia, il mostrare sembra essere tentazione più forte del condividere, tant’è che il proliferare di rassegne, concorsi e serate di proiezione offrono specialmente nel Nord del Piemonte una vasta possibilità di trovare quell’immediata approvazione, se non addirittura affermazione che i giovani infine chiedono.
Salvo una ventina di casi in tutto il Piemonte, si tratta di eventi che vengono ripetuti per tre o quattro anni e poi decadono, però ne nascono altrove che immancabilmente alla loro prima edizione vengono subissati da cortometraggi e videoclip già inviati con speranza ai loro predecessori.
Anche la provincia di Alessandria ha conosciuto la nascita e la caduta di tali eventi, ma nessuno ha prodotto una significativa ricaduta sul territorio che sia andata oltre il richiamo ottenuto nel tempo esatto in cui si sviluppano le giornate di proiezione e/o di discussione sul tema.
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Un problema che riguarda l’intero Piemonte, giacché le associazioni culturali dedicate alla realizzazione di audiovisivi sono rarissime, mentre vi sono molti indipendenti e piccole società che operano nel settore, in Torino soprattutto.
I circuiti cinematografici e le emittenti televisive del Piemonte pressoché ignorano questo tipo di produzione audiovisiva, sebbene altrove in Italia vi siano buone testimonianze di successo per proiezioni pubbliche periodiche ovvero per programmi televisivi locali dedicati non soltanto alla produzione autoctona.
Sono rari i casi di fruizione degli audiovisivi in contesti non istituzionali, come possono essere serate o giornate a tema organizzate in sale multimediali ovvero in locali pubblici, come sta avvenendo per nuova moda al momento presente in una ventina di città italiane fra cui il Capoluogo regionale, secondo cui durante l’aperitivo servito in un normalissimo bar vengono proiettati su grande schermo alcuni cortometraggi facenti parte di un vero circuito distributivo dedicato.
La rete offre la possibilità di creare siti personali o di veder ospitati i propri prodotti in siti più grandi ed organizzati, quindi il filmmaker gestisce una propria mailing-list, sovente con indirizzi di scambio reciproco, a cui fa ricorso più che altro per richiamare l’attenzione rispetto alle proprie novità.
Infine, per quanto concerne i mezzi di distribuzione occorre tener conto di due esperimenti innovativi condotti a Torino ovvero due web-television, di cui una ancora attiva grazie ad un gruppo di studenti universitari che godono del sostegno del Dams dell‘Università di Torino, e l’altra organizzata da una Scuola Superiore con una piccola rete di sei Laboratori e sostenuta dalla Provincia di Torino, ma che al momento non risulta essere più attiva sebbene esista ancora l‘Agenzia Provinciale di riferimento.
Occorre sottolineare che nei due casi si tratta di palinsesti rivolti soprattutto all’informazione e che il desiderio della web-television di aprirsi anche ad altre forme di espressione è rimasta lettera morta, come ad esempio un progetto di fiction seriale.
Peccato, perché quello delle web-television a livello nazionale è invece un presente in costante evoluzione, giacché ne stanno nascendo diverse di buon livello professionale dentro e fuori le Università, visto che potrebbero ben preparare il terreno alla fruizione televisiva broadcast, la trasmissione unidirezionale da un sistema centrale, come ad esempio è il digitale terrestre.
Ho ritenuto opportuno fare una escursione in merito alle occasioni di fruizione e distribuzione dei prodotti audiovisivi con riferimento soprattutto a quelli dei giovani filmmakers, perché il mezzo e direi anche il contesto influenzano il messaggio e quindi anche le tecniche di espressione.
Intanto v’è un’efficacia narrativa da considerare in merito al tipo di progetto, giacché ad esempio il montaggio serrato ed apparentemente ritmato di un videoclip potrebbe creare il malaugurato effetto straniamento in un prodotto destinato alla sala cinematografica, come pure l’uso di campi lunghi o lunghissimi che risulta efficace sul grande schermo provoca lo smarrimento dello spettatore se vede lo stesso prodotto dal web e tende a perdere di significato col videofonino.
Oltre a ciò occorre considerare una sorta di pulsione alla fretta che caratterizza soprattutto i neofiti privi di una guida, che non appena riescono a mettere mano su una videocamera tentano di applicare in modo sbarazzino anche le raffinate regole del Dogma, naturalmente approcciate in modo intuitivo (e quindi fanno varie scoperte che ripetono all’infinito, individuabili in quelli che per sovrabbondanza di scelta si chiamano “periodo dello zoom”, “periodo della dissolvenza” incrociata o meno, “periodo della carrellata” a seguire oppure a precedere, eccetera).
Il guaio del nostro tempo è rappresentato da un futuro già fin troppo presente, nel senso che la disponibilità tecnologica sta procedendo in modo esponenziale senza tener conto della necessaria organizzazione dei contenuti.
Nel linguaggio cine-televisivo la forma è in forte rapporto con la sostanza, ma è quest’ultima che determina la scelta delle inquadrature, il tipo di montaggio, l’uso delle musiche o comunque del sonoro, eccetera.
Naturalmente i giovani riescono più facilmente orientarsi nel rapporto con l’estetica della continuità nell’audiovisivo, specialmente per quanto concerne i nuovi media, ostentando quella disinvoltura tipica di chi sente di appartenere a quel posto.
Ecco quindi che a parte la cosiddetta creazione in origine più soggetta all‘estetica del montaggio, hanno dimestichezza con la rielaborazione delle immagini in costante ricerca di nuove forme di espressione a domanda individuale, con una personalizzazione estrema che genera frammentazione e quindi non-comunicazione.
Esprimo il timore che si confonda lo stile con il messaggio, dove la rielaborazione di tutto quello che è esistente, ad esempio su internet, diventi dispositivo senza struttura che vive molti attraversamenti e interazioni, giacché ogni fruitore ha a sua disposizione eguali capacità di rielaborazione.
In altra occasione mi piacerebbe addentrarmi sia in merito al media-crossing, sia alla formazione di un unico contesto tecnologico che produrrà annullamento tra stampa, televisione e reti telefoniche, sia al problema della libertà intellettuale e materiale con le sue implicazioni rispetto al diritto d’autore.
Al momento faccio solamente accenno allo spettacolo come rapporto sociale fra individui mediato dalle immagini, che deve tener conto di un assioma generalmente accettato secondo cui “ciò che appare è buono, ciò che è buono appare”.
Accade che di tutto questo i giovani ne facciano un unico impasto, che quando è ben indurito produce allontanamento dalla realtà considerata solo in funzione della sua rappresentazione, che viene così travisata in modo parziale e riaffermata in un mondo a parte, oggetto di sola contemplazione, come se fosse una sorta di supplemento del mondo reale.
Occorre senza dubbio sostenere la realizzazione di prodotti audiovisivi da parte dei giovani, ma la loro capacità di esprimersi può avere a disposizione una nuova frontiera rappresentata dall’organizzazione e dalla gestione di contenuti.
La tecnica, insomma la conoscenza delle tecniche di linguaggio audiovisivo, in special modo quelle narrative, è necessaria in quanto luogo di raccordo e come fattore di trasformazione delle possibilità produzione. Credo possa essere interessante offrire ai giovani il modo di non limitarsi ad alimentare un flusso di opere che non crea qualcosa in grado di essere destinato ai posteri.
Significa offrire ai giovani molto più di altre possibilità per farsi sentire, che poi non ne hanno così bisogno essendo assolutamente in grado di dotarsi di un megafono ed affollare una piazza gridando quel che passa loro per la testa. Non è questo un guaio, quanto piuttosto che l’azione si svolge in contemporanea, con continue funzioni di scambio a risorse aperte; quindi si condivide, ma senza conoscersi.