Matteo Marnati: “La app Immuni così come ci è stata presentata serve a ben poco. Le persone potrebbero essere tracciate per scopi non soltanto sanitari ma commerciali”

TORINO – Dal 4 maggio l’Italia entrerà nella Fase 2 dell’emergenza sanitaria legata al coronavirus. I numeri in quasi tutta la nazione si sono abbassati notevolmente. In Piemonte, però, rimangono ancora molto alti. 

Continua a leggere l'articolo dopo il banner

Riapriremo dove questo è possibile con tutte le misure di sicurezza del caso – ci spiega l’Assessore regionale Matteo Marnati. Per il take away dei bar e ristoranti la Giunta ha deciso che è venuta, finalmente, l’ora di permetterlo in tutto il Piemonte. A partire dal 4 maggio. Solo a Torino si potrà farlo dal 10 maggio. Se il governo avesse chiuso anche il Piemonte occidentale quando decise di creare le nuove zone arancioni oggi probabilmente ci sarebbero meno casi. Un grave errore di valutazione”.

Uno dei punti su cui il Governo ha sempre insistito per far partire la Fase 2 era l’app Immuni. Al momento, però, non è ancora stata pubblicata sugli store. 

La app Immuni così come ci è stata presentata serve a ben poco – continua l’Assessore -. Si basa sul numero dei tamponi effettuati. Oggi tecnicamente nessuna regione del nord è in grado di farne più di 13.000 al giorno. Al sud i numeri sono molto più bassi e questo anche grazie al contenimento del contagio che è stato garantito da parte delle regioni maggiormente colpite e che hanno risposto oltre ogni aspettativa, indipendentemente dal colore politico. Inoltre non è chiaro come verranno utilizzati i dati sensibili. Dal Governo ancora poca chiarezza”.

Molti cittadini sui social si lamentano di una possibile violazione della privacy ed affermano di non voler scaricare l’app. “Il problema è serio – conclude Matteo Marnati –, anche se apparentemente sembrerebbe secondario rispetto al rischio del contagio. Il pericolo è che una volta terminata l’emergenza le abitudini delle persone possano essere tracciate per scopi non soltanto sanitari ma commerciali. Al momento non è certo che questi dati siano custoditi da banche dati sicure e soprattutto pubbliche come dovrebbe essere. Per questo ho parlato di sovranità tecnologica. I dati sensibili devono essere custoditi su server pubblici con regole molto chiare. Non possiamo rischiare che qualcuno possa approfittarsi di queste misure”.