Alessandria protagonista al convegno internazionale “Bertinoro Meeting on Blood Stream Infections”
BETINORO – Alessandria è stata protagonista al convegno internazionale “Bertinoro Meeting on Blood Stream Infections” che si è svolto nei giorni scorsi al Ceub (Centro universitario residenziale) di Bertinoro, città di diecimila abitanti della provincia di Forlì-Cesena, in Emilia-Romagna, dove si sono riuniti esperti di tutto il mondo dell’infezione del flusso sanguigno. Fra loro, anche Andrea Rocchetti, direttore della Microbiologia dell’azienda ospedaliera di Alessandria, che ha affrontato in particolare il tema delle infezioni nelle terapie intensive.
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Perché Alessandria a Bertinoro? La risposta è in riassunta da una parola: sepsi. Termine ancora oggi poco noto che individua la complicazione di una infezione le cui conseguenze possono essere molto gravi e potenzialmente mortali. Consiste in una risposta infiammatoria eccessiva dell’organismo a un’infezione generalizzata che danneggia tessuti e organi, compromettendo il funzionamento. Senza una cura immediata può provocare la morte. Un dato, diffuso l’anno scorso dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e relativo parlava di una media di 48,9 milioni di casi e 11 milioni di morti correlati alla sepsi in tutto il mondo nel 2017, che hanno rappresentato quasi il venti per cento di tutti i decessi globali.
«La sepsi – spiega Rocchetti – è una sindrome clinica complessa che può evolvere rapidamente verso il quadro di sepsi severa e shock settico. La rilevazione del patogeno responsabile, tramite emocoltura, risulta fondamentale per intraprendere il più precocemente possibile una terapia antibiotica mirata. Le linee guida internazionali sulla gestione della sepsi e dello shock settico raccomandano l’esecuzione delle emocolture contestualmente al sospetto diagnostico di sepsi e prima di intraprendere la terapia antibiotica».
Ad Alessandria è stato sviluppato, dal 2013, il progetto ‘Sepsi@al.t’ grazie al quale oggi l’ospedale è all’avanguardia non solo per i tempi medi dell’emocoltura (esame fondamentale che serve a individuare il tipo di microrganismo presente) che sono passati dalle 72 ore di dieci anni fa a 24 per ottenere una prima risposta preliminare e 48 per quella conclusiva, ma anche per la formazione del personale. Sul fronte della tecnologia, l’ospedale di Alessandria è stato fra i primissimi in Italia, e anche in Europa, a installare, ormai anni fa, un incubatore per emocolture al Pronto soccorso. Nel giugno del 2017 è stato poi posizionato un incubatore satellite, collegato in remoto con il laboratorio di microbiologia, al presidio riabilitativo del ‘Borsalino’. In Italia è stato il primo incubatore collocato direttamente in un reparto di riabilitazione. «La maggiore efficienza del processo – sottolinea Rocchetti – ha permesso, come risvolto clinico, di trattare precocemente l’infezione con antibioticoterapia mirata. Un percorso diagnostico-terapeutico della sepsi più efficiente ha dei risvolti positivi importanti anche sul percorso riabilitativo».
Tecnologia e innovazione sono fondamentali (oggi la Microbiologia esegue mediamente seimila emocolture all’anno di cui milleduecento positive alla presenza di batteri), come lo è la formazione. «Dopo la fase emergenziale dello scorso anno, stiamo riprendendo i processi formativi del personale, con il ruolo primario dell’infermiere, in relazione all’approccio con il paziente» precisa il direttore di Microbiologia. I primi disturbi causati dalla sepsi sono febbre elevata, abbassamento della temperatura corporea, brividi, aumento del battito cardiaco, e della frequenza respiratoria. Se non si interviene subito, la situazione può peggiorare rapidamente e ai sintomi iniziali se ne possono aggiungere altri, più gravi, fino ad arrivare allo shock settico, con il crollo della pressione sanguigna. Le infezioni più comunemente associate con la sepsi sono polmoniti, infezioni intra-addominali, infezioni chirurgiche, meningiti, encefaliti, infezioni renali, osteomieliti, endocarditi.
Come combattere le infezioni? «Per rendere più sicuro l’ospedale, è necessario un lavoro di squadra fra clinici e operatori, una formazione mirata per gestire la situazione fin dalla comparsa dei primi sintomi, ricordo che la velocità è tutto, e la tecnologia. Il modello alessandrino è stato apprezzato e riconosciuto, nel corso degli anni, sia in Italia, sia all’estero. Ora dobbiamo valorizzare il patrimonio che abbiamo in ospedale. Ma è altrettanto importante una maggiore consapevolezza del problema, e di come affrontarlo, anche da parte dei cittadini».
E a proposito di innovazione, quali saranno i futuri fronti? «Ancora per un po’ di anni l’emocoltura si continuerà a praticare come stiamo facendo oggi, pur in presenza di ulteriori margini migliorativi. Quello che cambierà tutto – conclude Andrea Rocchetti che è anche docente di biologia all’Università del Piemonte Orientale – sarà il sequenziamento genico, in grado di dare una svolta straordinaria nella lotta alle infezioni».