Coldiretti: il 68% degli alessandrini vuole pranzare fuori casa per le festività

Ipotesi Certificato Verde rafforzato all’esame del Governo dopo l’incontro con le Regioni

Continua a leggere l'articolo dopo il banner

Green pass: pranzi e cene fuori casa con l’arrivo delle festività natalizie per il 68% 

Coldiretti/Censis, non si tratta solo di bisogno di convivialità ma di garantire la ripresa dell’economia


Il 68% degli alessandrini, con l’arrivo delle feste di Natale e Capodanno, non vede l’ora di tornare a pranzare e cenare fuori casa.

E’ quanto emerge dal primo Rapporto Coldiretti/Censis sulle abitudini alimentari degli italiani in riferimento all’ipotesi di green pass rafforzato all’esame del Governo che dopo l’incontro con le Regioni ha anche annunciato l’anticipo della terza dose a cinque mesi dalla vaccinazione.

“Non si tratta solo di bisogno di convivialità ma anche di garantire la ripresa dell’economia e la tenuta dell’occupazione” ha affermato il Presidente Coldiretti Alessandria Mauro Bianco nel sottolineare la necessità di “non mettere in crisi una filiera che dà lavoro a ben 4 milioni di persone in 740mila aziende agricole e 70mila industrie alimentari”.

Con l’avanzare dei contagi, il pericolo di un ritorno delle restrizioni e il possibile cambio di colore delle regioni, sono a rischio 5 miliardi di spesa in ristoranti e agriturismi per pranzi e cene nelle festività di fine anno in uno dei circa 360mila tra ristoranti, trattorie, pizzerie e agriturismi, un indotto che nel territorio alessandrino conta oltre 33.000 occupati.

“Le chiusure andrebbero a frenare la ripresa della ristorazione – ha aggiunto il Direttore Coldiretti Alessandria Roberto Rampazzo –, già tra i settori più danneggiati dalla pandemia con i consumi alimentari fuori casa che nel 2020 sono scesi al minimo da almeno un decennio con un crack senza precedenti per bar, ristoranti, trattorie e agriturismi per una perdita complessiva di quasi 41 miliardi di euro a livello nazionale”.

Continua a leggere l'articolo dopo il banner

Ma la situazione si ripercuote a cascata sull’intero sistema agroalimentare con oltre un milione di chili di vino e cibi invenduti nell’anno della pandemia.

La drastica riduzione dell’attività pesa, infatti, sulla vendita di molti prodotti agroalimentari, dal vino alla birra, dalla carne al pesce, dalla frutta alla verdura che trovano nel consumo fuori casa un importante mercato di sbocco.

Una minaccia anche per le 5.333 specialità tradizionali salvate dagli agricoltori per sostenere la rinascita del Paese che senza un mercato di sbocco assicurato da ristoranti e agriturismi ma anche dall’indotto turistico, con la vendita dei souvenir, rischiano di sparire per sempre.

Si stima che 330mila tonnellate di carne bovina, 270mila tonnellate di pesce e frutti di mare e circa 220 milioni di bottiglie di vino non siano mai arrivati nell’anno della pandemia sulle tavole dei locali costretti ad un logorante stop and go senza la possibilità di programmare gli acquisti anche per prodotti fortemente deperibili.

Continua a leggere l'articolo dopo il banner