Neive, il Barbaresco e il “Grappaiol’angelico”.
Abbiamo iniziato negli scorsi giorni un percorso nelle langhe, prima parlando di Barolo, poi di Pollenzo. Oggi vorrei continuare il mio percorso in quella splendida zona, in particolare di Neive, un borgo splendido, con eccellenze “etiliche” davvero più uniche che rare.
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Intanto Neive fa parte di quel tris di paesi, insieme a Barbaresco e Treiso, che fanno parte dell’astratto ma fantastico “triangolo del Barbaresco”, uno dei vini DOCG più apprezzati in tutto il mondo: ha sempre con vitigno di base Nebbiolo, ma richiede un invecchiamento di almeno 26 mesi a decorrere dal 1º novembre dell’anno di produzione delle uve di cui almeno 9 in botti di legno. Inoltre tutte le operazioni di appassimento delle uve, vinificazione, invecchiamento e imbottigliamento, debbono essere effettuate esclusivamente nella zona DOCG, ovvero nel triangolo di paesi di cui sopra! Ma com’è difficile diventare un grande vino!
Ma intanto Neive potrete apprezzarla, a farci due passi, anche per il suo splendido centro storico, che gli ha dato la chance di entrare a far parte dell’elenco dei 100 borghi più belli d’Italia. Basti dire che il paese ha una straordinaria stratificazione di epoche, dalla torre medievale al barocco (Palazzo Cocito), al rococò (la Casa dell’Orologio)… e anche il grande merito di aver dato i natali al più antico testo piemontese sulla coltivazione della vite e sulla produzione del vino, scritto dal Conte Pietro Francesco Cotti, che però parlava del Barbera: infatti lo sviluppo di questo vitigno, in Piemonte, lo si deve a lui, che nel 1690 ne avviò la coltivazione presso le sue tenute di Neive.
Però vorrei ora presentarvi una figura davvero unica, che il grandissimo Veronelli aveva battezzato “Il Grappaiol’angelico“: Romano Levi (1928-2008). Lui è stato l’ultimo grande “grapat“(distillatore di grappa) a fuoco diretto del mondo! Produttore artigianale quant’altri mai, che disegnava a mano le etichette e i titoli delle sue straordinarie bottiglie di grappa! Oggi queste bottiglie sono considerate opere d’arte, e le minime valutazioni partono almeno a 200€ l’una.
La distilleria, quando ancora ci lavorava lui, era un antro dall’atmosfera indescrivibile, dove lui produceva poche bottiglie di grappa al mese, che lo hanno fatto entrare nella leggenda. Se entravi da lui, erano le reazioni del gatto di casa che decideva se eri ospite gradito oppure no, e se non lo eri…ti toccava andartene!
E lui era una persona dalla sterminata semplicità…e dalla sterminata cultura, che disegnava etichette bellissime per grappe dai nomi fantastici: “Grappa Nera Dimenticata”, “Distilleria degli Ignari”, “Grappa della Donna Selvatica Innamorata”…e così via…Ma cosa significa questa cosa della “Donna Selvatica”, che Levi spesso utilizzava per dare il nome alle sue grappe?
Dovete sapere che il concetto della “Donna Selvatica” fa parte delle più profonde tradizioni langarole: rappresentano le radici più intime, istintuali e corporee della femminilità, un po’ come le Baccanti dell’antichità greca. Leggiamo insieme una piccola citazione di come Levi le descriveva: “Erano misteriose, senza vincoli: sparivano…poi tornavano, un po’ fate e un po’ streghe. Erano libere, come dovrebbero essere tutte le donne per vivere la parte migliore della vita”.
Ma anche se Levi purtroppo non c’è più, ai piedi di Neive c’è ancora la distilleria, con alambicco a fuoco diretto. Tutti gli anni, l’ultimo sabato di ottobre, c’è la tradizionale cerimonia, giunta quest’anno alla 77º edizione. Quel giorno viene appunto acceso l’alambicco, che distillerà in continuo grappe squisite, fino a fine marzo.
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Ma quando Levi era ancora fra noi, ed entravi da lui, iniziando a parlare di Langhe, Donne Selvatiche e Grappa, poi poteva capitarti che, dopo un po’ che stavi li, ti sembrava di fluttuare in un limbo bellissimo, dove le coordinate spazio-temporali si perdevano…e solo gli astemi potevano pensare che questo fosse dovuto all’eccesso di assaggi di quel liquido paradisiaco con quasi 50 gradi di calore…la verità è che quello era un magico luogo senza tempo…dove pareva che da un momento all’altro potesse entrare una fata o una strega, in un miscuglio perfetto di letteratura e grappa…