Crisi Terme di Acqui, respinto il piano dei sindacati: “più conveniente chiudere che aprire”
Acqui Terme – Nulla di fatto per quanto concerne la crisi della società Terme di Acqui. A riferirlo sono stati i sindacati Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil che, tramite una nota stampa, hanno rimarcato che l’azienda non ha accolto positivamente la proposta delle parti sociali per salvare i 25 dipendenti dal licenziamento.
“Come FILCAMS, FISASCAT e UILTUCS – si legge nella nota – abbiamo lavorato nei giorni scorsi per addivenire ad una proposta di contenuti, concreta e dettagliata che, se messa in atto, vedrebbe un abbattimento dei costi che va ben oltre quelli derivanti dalla trasformazione dei contratti dei dipendenti.
Nel dettaglio: a fronte di un periodo di lavoro di complessivi 7 mesi su 12 si sono portati dati relativi ad un abbattimento e ridistribuzione delle ore di lavoro ben oltre il 40%. Questo è possibile mediante l’utilizzo della banca ore, l’orario multiperiodale e strumenti di flessibilità utili per coprire i picchi di lavoro e i momenti di chiusura.”
“I dati a nostra disposizione- hanno proseguito i sindacati – hanno consentito di fare una valutazione del numero delle ore lavorabili e delle attuali esigenze aziendali. Inoltre è per noi fondamentale mettere in atto un percorso di formazione per i dipendenti che potrebbero essere interscambiabili in talune mansioni garantendo così il lavoro per tutti. Le forme contrattuali proposte, affiancate dall’utilizzo di un ammortizzatore sociale (il Fondo di Integrazione Salariale) per traghettare il periodo di emergenza, sono risultati efficaci in diversi contesti superando i periodi di crisi, sia a livello locale che nazionale.
La proposta non è stata accolta positivamente dell’Azienda che ha nei fatti sminuito il piano sindacale e, in oltre 2 ore di trattativa, non è mai entrata nel merito dei punti da noi individuati, rimanendo di fatto fermi sulla sola e unica posizione: la chiusura. Si sono resi vani tutti i tentativi di trovare una soluzione condivisa.”
I sindacati hanno poi sottolineato come lo stesso Alessandro Pater abbia dichiarato più volte che è più conveniente “chiudere che aprire.”
“A questo punto – hanno concluso nella nota FILCAMS, FISASCAT e UILTUCS – indipendentemente da ogni proposta alternativa. Mai, nell’arco della trattativa, l’Azienda ha accennato a piani di prospettiva, investimenti per il rilancio a medio termine. A fronte di un numero di dipendenti che varia da 25 a 40/45 nei periodo di maggior lavoro, l’utilizzo della flessibilità è evidentemente la soluzione e se questo non è stato compreso dalla proprietà, dagli avvocati e dalla stessa Confindustria riteniamo che ci sia o una mancanza di volontà di proseguire nella attività (e quindi una chiusura definitiva) o una mancanza di strumenti tecnici che consentono di valorizzare quanto abbiamo esposto. La stessa Confindustria ha infine dichiarato che la discussione riprenderà al tavolo della Regione Piemonte, di fatto chiudendo ogni altra possibilità di incontro a livello locale.
Noi auspichiamo ancora un cambio di rotta che possa portare ad una soluzione nei prossimi incontri.”
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