C’era una volta l’Egitto: il faraone fanciullo Tutankhamon – Terza parte

Ma proseguiamo ora con altre curiosità o misteri che ci riserva la tomba di Tutankhamon. Durante lo sbendaggio della mummia del faraone, Carter rinvenne tra le bende che avvolgevano il faraone un pugnale. Sulle prime parve un normale pugnale ma poi analizzandolo meglio ci si accorse che la lama era di ferro. E’ noto che a quell’epoca gli egizi non conoscevano il ferro ed, anche qualora avessero trovato quello strano metallo non avrebbero saputo come lavorarlo, i loro forni non erano in grado di raggiungere le alte temperature occorrenti anche solo per batterlo. Poi con cosa lo avrebbero battuto? Con i loro mazzuoli di legno o con delle pietre per farne cosa poi? Le analisi svolte sul pugnale sono state molte ed hanno rivelato che quel ferro conteneva una percentuale di nichel del 10% e di cobalto dello 0,6%, concentrazioni tipiche delle meteoriti metalliche, il nichel è praticamente assente negli oggetti di ferro fuso. Ma, se come abbiamo detto gli egizi non conoscevano il ferro e per di più non possedevano una tecnologia in grado di lavorarlo, allora da dove proveniva quel pugnale e chi lo aveva forgiato?. Gli studiosi, sulla scorta delle tavolette di Amarna, hanno supposto che il pugnale provenisse dalla Mesopotamia dove pare che già si lavorasse il ferro. In una di queste, che il re di Mitanni Tushratta inviò a Tiy, sposa di Amenofi III (nonno di Tutankhamon), si menziona, tra i tanti doni ricevuti dalla corte egizia, un pugnale di ferro con caratteristiche identiche a quelle di Tutakhamon. Questo sarebbe stato regalato ad Amenhotep III, nonno di Tutankhamon, da Tushratta re di Mitanni.
Questa potrebbe essere la prova che il pugnale proviene dai territori situati sulla sponda sinistra dell’Eufrate, oggi la Siria. Ovviamente non finisce qui, vediamo ora i sarcofagi che racchiudevano questo giovane faraone. Quello che vide Carter, dopo aver aperto tutte le quattro cappelle di legno dorato, fu un grande sarcofago in quarzite gialla lungo 274 cm, largo 147 cm e alto 147 cm, del peso di oltre 430 kg. Il coperchio si presentava fratturato e riparato con una colata di gesso cui era stato applicato del colore per rendere simile la tonalità all’intera struttura. Il sarcofago in quarzite conteneva al suo interno altri tre sarcofagi antropomorfi di cui due erano in legno laminato d’oro mentre il terzo era in oro massiccio dello spessore di di 2-3 millimetri. Ai lati del primo sarcofago le dee Iside e Nefti ricoprivano con le loro ali il sottostante sarcofago. Sotto il primo si trovava un secondo sarcofago antropomorfo sempre di legno dorato, un drappo di lino lo ricopriva con sopra ghirlande di fiori, un ramoscello d’ulivo e petali di fiori di loto blu e fiordaliso. Sull’ultimo sarcofago ora stendevano le ali il cobra Uadjet e l’avvoltoio Nekhbet, Dieci tenoni d’argento bloccavano il coperchio e riportavano il prenome del faraone, Kheperu-Ra.
L’ultimo dei tre sarcofagi antropomorfi, in oro massiccio del peso di circa 110 kg., ad esclusione del capo tutto il sarcofago era ricoperto da un telo di lino rosso. Sul torace si trovava un ampio collare in perline di vetro blu, oltre a foglie, fiori e frutti di vario genere. Il faraone è rappresentato con le braccia incrociate sul petto con flagello e bastone ricurvo a simboleggiare Osiride. Rimosso quest’ultimo sarcofago comparve la mummia con la famosa maschera d’oro. Poiché in questa sede intendo trattare solo le cose che hanno un che di misterioso, alcuni di voi si chiederanno: ma nei sarcofagi cosa c’è di misterioso? C’è, c’è, alcuni studiosi hanno rilevato che il viso dei tre sarcofagi presenterebbe delle differenze, l’espressione del volto non sarebbe la stessa per tutti e tre, come se non appartenessero tutti a Tutankhamon. La questione è ancora dibattuta. Passiamo ora ad un altro particolare che forse a molti non è noto, si tratta di uno dei pezzi più belli e affascinanti che adornavano il faraone, il famoso Pettorale di Tutankhamon. E’ realizzato con lapislazzuli, turchese, vetro azzurro, ossidiana e oro e faceva bella mostra sul petto del sovrano durante le manifestazioni ufficiali.
Ma perché l’ho chiamato famoso? La particolarità di questo Pettorale risiede nel grande Scarabeo centrale di colore giallo verde che sta a simboleggiare il dio Khepri. Quando è stato rinvenuto assieme a tutti gli altri gioielli una volta aperta la tomba del faraone venne messo in un angolo, poco considerato dagli studiosi e dai visitatori che avevano molto altro da guardare. Gli esperti dell’epoca che esaminarono lo scarabeo classificarono lo stesso come normalissimo calcedonio, e quindi scarsamente interessante sotto ogni punto di vista. Invece lo scarabeo riservava una storia “magica” assolutamente unica rispetto alle altre pietre preziose del tesoro. Fu durante una visita al Museo Egizio del Cairo nel 1996 che due italiani, il geologo Giancarlo Negro e il conservatore emerito del Museo di storia naturale di Milano e direttore dell’Istituto gemmologico italiano, Vincenzo De Michele si chiesero perché su di uno stupendo pettorale il pezzo più evidente era fatto con un materiale di così poco valore. Subito si convinsero che lo scarabeo di Tutankhamon non poteva essere solo una pietra dura, la loro esperienza li portò ad ipotizzare che in realtà si trattasse di “Silica Glass”. Dopo studi ed analisi, autorizzate in via del tutto eccezionale dal Museo Egizio del Cairo, venne accertato che si trattava proprio di Silica Glass. Ma cos’è il Silica Glass?
Si tratta di una pietra verde, già nota fin dalla preistorica, sono stati trovati reperti di questo vetro lavorati mediante scheggiatura, probabilmente con strumenti litici, provenienti dal Pleistocene. Non vorrei sembrare pignolo ma io mi chiedo con che cosa lo hanno lavorato. gli egiziani. Sul come si è formato esistono due teorie, secondo la più accreditata si tratterebbe del risultato di un violento impatto di un enorme meteorite che generò un forte calore che fuse enormi quantità di sabbia silicea producendo questa specie di vetro che si trova disseminata su una vastissima area del Deserto Libico Orientale ed in parte del territorio egiziano. Un’altra teoria, meno accreditata, ipotizza invece che si sia trattato di un enorme meteorite siliceo che sia esploso in aria spargendo ovunque questi frammenti fusi. L’evento è stato datato a 26-28 milioni di anni fa. Una leggenda egiziana racconta che queste pietre erano un “dono degli Dei”, un vero dono piovuto dal cielo per il faraone fanciullo.
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(Fonti e bibliografia:
Franco Cimmino, “Tutankhamon. Un faraone adolescente al centro di una questione dinastica”, Rusconi, 2002
Andrew Collins e Chris Ogilvie-Herald, “La cospirazione di Tutankhamen”, Newton & Compton, 2003
Philipp Vandenberg, “Tutankhamon, il faraone dimenticato”, Sugar, 1992
Henri T. James, “Tutankhamon. Gli eterni splendori del faraone fanciullo”, White Star, 2000
Thomas Hoving, “Tutankhamon”, Milano, Mondadori, 1995
Bob Brier, “L’omicidio di Tutankhamon. Una storia vera”, Corbaccio, 1999
Haward Carter, “The Tomb of Tutankhamon”, Barrie & Jenkins, 1972
Christian Jacq, “L’affare Tutankhamon”, Milano, RCS, 2001
H.V.F. Winstone, “Alla scoperta della tomba di Tutankhamon”, Grandi tasc. econ. Newton, 1975)
Ferdinando Caputi