Ucraina: con scarico nave stop caro prezzi e speculazioni su cibo da campo a tavola
In 10 anni ridotta di 1/3 la produzione per bassi compensi riconosciuti agli agricoltori.
“Il carico di 15mila tonnellate di mais è importante per fermare le speculazioni sui prezzi, dalle stalle alle tavole, in una situazione in cui l’Ucraina con una quota di poco superiore al 13% per un totale di 785 milioni di chili è il secondo fornitore di mais dell’Italia che è costretta ad importare circa la metà del proprio fabbisogno per garantire l’alimentazione degli animali negli allevamenti”.
E’ quanto afferma Mauro Bianco, Presidente Coldiretti Alessandria, nel commentare positivamente l’arrivo in Italia della nave Rojen partita dal porto ucraino di Chornomorsk.
Tra i prodotti che hanno subito maggiori incrementi di prezzo nel carrello della spesa ci sono proprio alimenti la cui disponibilità dipende direttamente o indirettamente dalle importazioni dall’estero ed in particolare dall’Ucraina.
In cima alla classifica dei rincari con un +65,8% ci sono gli oli di semi, soprattutto quello di girasole che risente del conflitto in Ucraina che è uno dei principali produttori, mentre al secondo posto c’è il burro in crescita del 32,3% che subisce gli effetti dell’esplosione del costo dei mangimi per gli allevamenti di cui il mais è tra i principali componenti ed al terzo la pasta (+26,3%) che risente dello stravolgimento del mercato mondiale dei cereali provocato dal conflitto tra Kiev e Mosca, proprio nel momento in cui nelle campagne italiane si registrano speculazioni sul prezzo del grano con forti e ingiustificati cali dei compensi riconosciuti agli agricoltori, secondo l’analisi Coldiretti su dati Istat a luglio 2022.
“Dopo quasi sei mesi di interruzione delle forniture da Kiev a causa della guerra, lo sbarco avviene peraltro in un momento particolarmente delicato per l’Italia in cui senza precipitazioni rischiano di dimezzare i raccolti nazionali di foraggio e mais destinati all’alimentazione degli animali a causa del caldo e della siccità che hanno colpito duramente la Pianura Padana dove si concentra 1/3 della produzione agricola nazionale e circa la metà degli allevamenti dai quali nascono formaggi e salumi di eccellenza Made in Italy. Non dimentichiamo che l’Italia è costretta ad importare materie prime agricole a causa dei bassi compensi riconosciuti agli agricoltori che hanno dovuto ridurre di quasi 1/3 la produzione nazionale di mais negli ultimi 10 anni”, ha aggiunto il Direttore Coldiretti Alessandria Roberto Bianco.
Una situazione che insieme al blocco delle forniture dall’Ucraina ha determinato preoccupazioni per gli approvvigionamenti ma anche forti rincari con i costi di produzione delle stalle italiane che sono cresciuti secondo il Crea del 57%, anche per le speculazioni dei mangimi il cui prezzo è praticamente raddoppiato (+90%) mettendo in ginocchio gli allevatori nazionali.
A livello territoriale gli ettari coltivati a mais sono 20.200 per una produzione di circa 2.065.125 quintali: per il raccolto 2022 si prevede un taglio, in alcune zone della provincia sino al 50%, a causa della persistente siccità soprattutto nelle aree limitrofe della pianura dove non è stato possibile attuare le irrigazioni di soccorso.
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