Notizie dall’Oltre Bormida

Confesso che non sono preparato per parlare di Gorbaciov, dato che fino a ieri di lui avevo solo letto quello che scrissero gli editorialisti di professione, esperti di politica, il giorno in cui lo vedemmo in televisione dare le dimissioni da capo della dissolta Unione Sovietica.
Dissero di lui che in fondo la sua salita al potere era stato un incidente di percorso nella storia centenaria della Russia, popolata di condottieri senza scrupoli, assetati di potere.
Il mio pensiero va a gente del calibro di Ivan il Terribile, a Pietro il Grande, a Caterina zarina di Russia, tutti personaggi senza una morale pur se in vita si vantarono di rappresentare, attraverso l’uso strumentale della religione cristiana ortodossa, la grandezza imperitura della “Grande Russia” la nuova sede della civiltà e dei destini eterni del potere di Roma e di Costantinopoli in Europa e nel mondo.
Per comandare un popolo disperso su immensi territori evidentemente ci voleva il collante dei miti da fornire loro in pasto.
Nei giorni scorsi ho letto di lui un profilo che non mi è parso giusto. Hanno detto che è stato un personaggio perdente e tragico e che la fine che ha fatto era già segnata fin dalle prime mosse che fece. Forse è stato solo un illuso, uno che pensava che fosse possibile conciliare il potere assoluto di uno Stato (cioè di un partito) con il concetto di proprietà e di libero mercato. I suoi concittadini non erano preparati alla consapevolezza di ciò che significa proprietà e libertà, Questi concetti, difficili da praticare anche per noi che ci stiamo abituando in fondo solo da un paio di secoli, necessitano di persone consapevoli della loro grande responsabilità e pretendono soprattutto gradualità nel dosaggio.
I russi forse non erano in maggioranza preparati ad affrontare l’incognita di una riforma calata dall’alto e senza preparazione, perché erano abituati ad affrontare ubriacature di altro genere (quelle legate all’abnorme consumo di vodka), avevano avuto sicuramente comportamenti eroici in guerra e superato grandi prove di sofferenza, ma si trovarono impreparati nei confronti della moderna gestione dell’economia, che li umiliava come cittadini di uno stato che aveva la pretesa di essere il campione del riscatto proletario, ma che in fondo era un caso storico di fallimento totale. Gorbaciov dovette ritirarsi ed ammettere di aver perduto. Ne hanno fatto un caso emblematico di perdente e venne costretto in patria a vivere in solitudine, in gran parte odiato dai suoi stessi russi,
mentre quando viaggiava all’estero, come è successo anche in Italia, fu stimato ed apprezzato da molti. L’idea che il capo di una potenza mondiale, specie di tipo militare, debba solo pensare al tornaconto della sua parte politica non faceva però parte della sua cultura. In fondo si era reso conto che non era vero che ciò che è male per gli altri competitori sia un bene per noi e la prova la diede il giorno in cui si schierò dalla parte degli americani quando dichiararono guerra a Saddam Hussein per la infausta invasione del Kuwait. Gorbaciov appoggiò gli americani, anche se appena pochi anni prima avevano sostenuto i talebani afghani in funzione antisovietica, dando loro gli armamenti che poi gli si sono rivoltati contro.
Ma a proposito di perdenti famosi, come liquidare in poche righe personaggi della nostra storia nazionale, come furono ad esempio Giuseppe Mazzini e Carlo Cattaneo, entrambi limpidi patrioti, il primo repubblicano ed il secondo repubblicano e federalista, due ideali politici forse troppo moderni per la loro epoca, ma sulle cui idee siamo ancora qui che dobbiamo fare i conti, riconoscendo che molta ragione stava dalla loro parte, anche se Giuseppe Garibaldi trascinava meglio le folle e il conte di Cavour sapeva adattare la storia in maniera più pragmatica e concreta. I meriti alla fine li hanno colti gli ultimi due.
Alla lunga credo che anche Mikhail Gorbaciov meriterà una doverosa rivalutazione. Qualcuno ha anche voluto sminuire la sue doti culturali e la sua preparazione al compito immane che gli toccò affrontare in pochissimo tempo. La Russia si trovava in emergenza e le sue ricette condensate nella perestroika e nella glasnost erano poca cosa davanti all’immane compito che si era addossato.
Non credo però che alla base del suo pensiero ci fosse un difetto di cultura, quanto meno dal punto di vista della libertà. Ricordo che fra i primi provvedimenti da lui adottati ci fu la liberazione di tutti i prigionieri politici, l’apertura al dissenso attraverso la stampa libera, l’apertura delle frontiere,
quando i russi per la prima volta dopo tanti anni ebbero la possibilità di viaggiare (prima non potevano farlo liberamente neppure entro i confini della stessa Russia).
Più che una inadeguatezza da parte sua, visti i comportamenti attuali del popolo verso il bieco potere di Putin, sono piuttosto portato a pensare che l’inadeguatezza sia da rimproverare agli stessi russi, troppo limitati ai propri bisogni primari, contenti di vivere in una grande potenza planetaria, senza rendersi del tutto conto della fragilità del loro impero, che ha confini troppo vasti per essere sicuro in caso di crisi.
Riguardo al presunto difetto di cultura, non sono convinto che Gorbaciov ne possa essere accusato da coloro che lo hanno conosciuto, perché, dopo che gli ho sentito dire, quando viveva da solo dopo la perdita della tanto amata Raissa, che nella vita aveva cercato solo la libertà e la pace sono disposto a credere in lui più di prima.
Mi ha stupito quando nel corso di una intervista ha citato il suo conterraneo poeta Mikhail Lermontov, uno spirito libero nel più ampio confine intellettuale, un europeo che forse come lui aveva un sogno non solo a parole: quello che venne sottostimato quando Gorbaciov disse che sognava un’area politica che andava pacificamente da Vancouver fino agli Urali. Non era forse solo un opportunismo momentaneo, segnato dalla inferiorità nei confronti dell’Alleanza Atlantica, ma una vera convinzione.
Ho poi scoperto dove aveva tratto le parole “cerco solo libertà e pace”. Proprio dal poeta che si chiamava Mikhail come lui.
Riporto qui sotto uno stralcio della poesia di Mikhail Lermontov, perché ne vale la pena:
Calma è la notte.
Il deserto volge l'orecchio a Dio
E le stelle parlano tra loro.
Meraviglioso e solenne il cielo!
Dorme la terra in un azzurro nembo.
Cosa, dunque, mi turba e mi fa male?
Che cosa aspetto, che cosa rimpiango?
Nulla più aspetto dalla vita
E nulla rimpiango del passato,
cerco solo libertà e pace!
Dobbiamo ancora pensare male di un perdente tragico così come vogliono farci credere che sia
stato il povero Gorbaciov?
Sono certo altri i personaggi tragici della nostra storia recente. E ce ne accorgeremo presto a
nostre spese.
Luigi Timo-Castelceriolo

Continua a leggere l'articolo dopo il banner