Notizie dall’Oltre Bormida

Anzi, vi devo dire che i rospi proprio non li mangio, perché oltre a farmi schifo, non siete neppure
capaci di camuffarli in rane per ingannarmi e farmeli mangiare. Queste io a suo tempo le ho anche
mangiate, o almeno assaggiate con il riso o fritte con la pastella di farina, ma era la lontana epoca
in cui dal traghetto di Bassignana arrivavano a noi di Castelceriolo i ranè, uomini in bicicletta con
ampi portapacchi che reggevano grandi canestri di rane ancora vive ma azzoppate perché non
saltassero via e percorrendo i nostri paesi gridavano a squarciagola: rane, rane, sono arrivate per
voi le rane! Correte, donne!
Venivano da paesi come Frascarolo, Suardi, Pieve del Cairo e si accontentavano di guadagnare la
giornata vendendo rane, che pesavano con la bilancia con piatto e contrappeso, come una piccola
stadera, simile a quella che mia nonna usava per pesare il pollame. A me bambino facevano
impressione e ancora di più quando la mamma o la nonna le aprivano, tagliandogli la testa con
l’aiuto delle forbici, per cuocerle. Ma mi ordinavano di mangiarle perché facevano bene alla salute
ed era sempre meglio che patire un po' di fame, come succedeva allora negli anni del secondo
dopoguerra. Per sfizio, l’ultima volta che le ho mangiate è stato una decina di anni fa, alla sagra
delle rane di Valle Lomellina, ma ho concluso che c’è di meglio per togliersi la fame.
Adesso, nell’epoca dello spreco e dell’abbondanza (attenti però che il presidente francese Macron
l’ha già cantata chiara ai suoi, avvertendoli che l’abbondanza è finita), ci vengono a dire che con
un semplice artifizio possiamo succhiare ancora un po' di miliardi di spesa. Lo chiamano
“scostamento di bilancio” perché forse hanno vergogna di chiamarlo con il suo nome: un buco, una
cloaca, dove sono destinati a finire i soldi dei contribuenti onesti (quelli disonesti hanno già
imparato da tempo a sottrarsi alle sanguisughe del fisco italiano). Periodicamente ci promettono di
attuare riforme radicali e improntate alla giustizia fiscale, ma dentro di loro sanno benissimo che
certi santuari del potere non si possono abbattere. L’Unità d’ Italia, appena dopo la proclamazione
di Roma capitale, è avvenuta nel modo che sappiamo, cioè con la connivenza del potere mafioso
con quello politico, con gli scandali delle Ferrovie, continuati anche dopo in epoca fascista
(basterebbe leggere la tesi di laurea del nostro compaesano dott. Pasqualino Ferrara, quando
parla di Ernesto Torre, il deputato di San Salvatore che come commissario straordinario ebbe
l’ardire di leggere in Parlamento l’atto di accusa contro i dirigenti delle Ferrovie, che gli costò il
posto di segretario locale del Partito pur essendo stato uno dei primi alla marcia su Roma del
1922), oppure leggere la storia dello scandalo della Banca Romana, quando si stampava moneta
in maniera truffaldina per finanziare le speculazioni messe in atto dai pescicani venuti dal Nord
Italia ed i vizi privati dei rampolli delle nobili famiglie romane o gli eredi dei “mammasantissima”
dell’ex regno delle Due Sicilie.
C’è qualcuno che crede ancora che si possa ignorare la realtà della matematica, promettendo da
una parte aumento dei redditi e delle pensioni e dall’altra il taglio significativo delle tasse e dei
contributi sociali a carico della gente che lavora?
No, cara gente, toglieteci davanti al naso questo piatto puzzolente e ormai stantio che da anni ci
viene servito al momento delle elezioni, perché proprio non possiamo mandarlo giù, nemmeno con
un limoncello come digestivo.
Tenetevi la flat-tax, la dentiera gratis per noi poveri ottantenni, le bollette se volete rottamarle fatelo
ancor prima di spedirle, così potrete risparmiare le spese di invio.
L’insalata russa di Putin la trovo oltremodo indigesta, ma i rospi da ingoiare non sono meglio.
Lasciate perdere, per favore, di dare la caccia alla povera professoressa Elsa Fornero, perché
intanto ha già una certa età e in sua assenza potrebbe ripresentarsi il prof. Tito Boeri, l’ex
presidente dell’INPS, che aveva già profetizzato quale sarebbe stata la fine ultima dell’Ente
preposto al pagamento delle pensioni nei prossimi cinque anni, se si abbassa ancora l’età
pensionabile e non si fanno pagare i contributi a quelli che devono entrare nel mondo del lavoro,
compresa quella grossa fetta di immigrati che non chiedono altro che di essere messi in regola
come cittadini contribuenti e pagare, pur sapendo che la maggior parte di loro non arriverà mai alla
pensione, soprattutto se dovesse trasferirsi per seguire il sogno di emigrare in un altro paese più
civile (come fanno già da tempo anche i nostri giovani che sognano un lavoro dignitoso e non
l’elemosina di un reddito di cittadinanza incollato ad un lavoro precario in nero).
Indro Montanelli diceva che andava ancora a votare, nonostante tutto, ma turandosi il naso.

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Io forse ci proverò ancora una volta, ma ricordatevi che ho il dente avvelenato ed il naso non ne
può più. Luigi Timo –
Castelceriolo