Piercarlo Fabbio: “Un bel viaggio spazio-temporale fino alla fondazione di Alessandria”
La presentazione del fumetto di Giulio Legnaro dedicato alla fondazione di Alessandria ha ravvivato l’interesse per questo episodio del passato della nostra città, a metà strada tra storia e leggenda. Pubblichiamo l’intervento che il sindaco emerito, nonché valentissimo storico locale, Piercarlo Fabbio ha svolto in occasione dell’importante evento.
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“C’è una buona notizia… La buona notizia è costituita da un nuovo libro sulla fondazione della città. Autore Giulio Legnaro, che già abbiamo per altre performance da studioso divulgatore di storia. Solo che questa volta, replicando un’iniziativa editoriale di circa un anno fa, Giulio ha voluto riproporre la storia della Fondazione di Alessandria, utilizzando il linguaggio dei fumetti. Un anno fa, nel 2021, infatti Legnaro aveva dedicato all’assedio del Barbarossa ad Alessandria il suo primo libro a fumetti. Libro che è stato un successo e che prontamente viene replicato con La Fondazione di Alessandria. Molti i partner che hanno concorso e contribuito alla realizzazione editoriale del volume, che è ideato, scritto e disegnato da Giulio Legnaro.
Tra le istituzioni, quali il Comune di Alessandria, quello di Ricaldone, la Fondazione Cassa di Risparmio della nostra città, spicca il ruolo avuto dai Marchesi del Monferrato, che già avevano sostenuto l’edizione de L’Assedio di Alessandria. Un’associazione come i Marchesi, guidata da Emiliana Conti, che non si lascia costringere nei confini del mero Monferrato, ma che indaga altri territori, individua collegamenti, propone riletture storiche, si affaccia costantemente sulle bellezze artistiche monumentali, porgendo spiegazioni, approfondendo notizie, fornendo nuovi spunti di riflessione.
Ma se i Marchesi sono stati il motore anche di questo altro volume a fumetti, non dobbiamo dimenticare l’importanza del linguaggio scelto da Giulio, cioè quei fumetti, proposti in una versione grafico digitale, che potrebbero essere determinanti o solo fare molto per avvicinare la storia ai più giovani e, perché no, anche a coloro che hanno qualche capello bianco e che sanno sicuramente leggere tra figure, dialoghi, personaggi storici e no, le vicende che riguardano da vicino la nascita di Alessandria.
Giulio Legnaro, però, non si butta a capofitto nel 1168, ma attenua l’ingresso nella storia, vagando per il tempo. Come faranno i suoi protagonisti, che partono da un tempo futuro, forse il 2050, che dà il via alla storia e all’utilizzo dell’immaginifica e sempre agognata macchina del tempo, ormai diventata un’attrazione per studenti in gita scolastica. Ovviamente devo andare con un minimo di ordine per raccontarvi il libro…
Un libro che inizia con una parola, “palea”, come nome di una nuova città, ma collocata in una zona già popolata dai romani, dai celti, dai liguri. Le connotazioni prettamente storiche però finiscono qui, come se fossero un modesto prologo di un racconto ben più vasto, che, paradossalmente, iniziano con un sonno prolungato oltre le necessità. È quello di una protagonista, Doris, che si sveglia appena in tempo per arrivare al pullman che la porterà in gita al Museo dei viaggi nel tempo… Ovviamente l’automezzo è dotato di pilota automatico e la destinazione probabilmente è Pasadena, nei pressi di Los Angeles, oppure Lost Hill City, California, USA.
Ma viaggiare nel tempo non è così scontato. Vero che ormai i salti in altre epoche costituiscono una tecnologia matura, ma occorre rispettare qualche regola: per esempio conoscere la lingua del periodo, in questo caso quella del 1168 che si parlava dalle nostre parti, ed evitare di essere visti per non essere scambiati per nemici pericolosi. Messe a punto queste precauzioni, la scolaresca del professor Richard Cooper può partire per l’Alessandria del XII secolo. Il tunnel spazio-temporale condurrà la nostra scolaresca nei pressi del bosco di Bergoglio, uno dei borghi che fondano la città.
Qui ci fermiamo nel racconto, ma i lettori siano sicuri che troveranno personaggi alessandrini che parlano di politica, cioè dei contrasti con il Marchese del Monferrato o dei consoli che viaggiano verso Lodi a stringere accordi con La Lega Lombarda o della protezione data alla città che sta sorgendo da Papa Alessandro III, oppure sapranno di un ingorgo sul già costruito ponte Tanaro, creato, guardate un po’, non dalle auto, ma dal gregge di un tal Gagliaudo che qualche anno dopo diventerà una celebrità per la nuova città. Intanto i ragazzi del prof. Richard Cooper – un insegnante che nel corso della sua vita è già stato nell’Alessandria qualche anno del futuro – scopriranno che Gagliaudo è un pastore e produttore di formaggi, esplicito riferimento alla scultura infissa nell’angolo della facciata del Duomo di San Pietro in Alessandria e che raffigura il nostro eroe con in testa una formaggetta… almeno così narra la leggenda più popolare di un effige che era già incastonata nella vecchia cattedrale abbattuta da una decisione di Napoleone Bonaparte nel 1803.
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I ragazzi in gita troveranno anche altri personaggi meno famosi di Gagliaudo, come ad esempio Aldo, venuto nella nuova Alessandria per cercare fortuna. Aldo giunge da Ricaldone e ci spiega il senso del nome del paese che poi sarà di Luigi Tenco: “runcus per estirpare i rovi e Aldo che era a capo dei longobardi cinque secoli fa”, cioè per noi 1300 anni fa circa.
L’approdo è platea Maior, dove i ragazzi in gita nel tempo sentono ancora gli alessandrini discutere sui genovesi, amici e commercianti, e sui pavesi, nemici, che vorrebbero occupare queste terre così nodali per le mercanzie e gli scambi tra terra e mare. Così come sentiranno parlare del Barbarossa, cioè di Federico I, imperatore del Sacro Romano Impero, che di lì a qualche anno assedierà Alessandria. Il tema dell’assedio è già stato sviluppato nel 2021 da Giulio Legnaro, come vi ho detto all’inizio, e proprio tra questi quadri si incomincia a comprendere come la storia della Fondazione non potrà che sfociare direttamente in quella dell’Assedio della città.
Proprio l’Imperatore Barbarossa si sta informando, attraverso infiltrati nella città, di quello che sta succedendo in Alessandria. Un vero e proprio spionaggio, che è in grado di raccogliere la notizia del giorno, cioè il ritorno dei consoli, che hanno firmato a Lodi un accordo con la Lega Lombarda delle città e dei comuni… Poi il rientro dei ragazzi al loro tempo… ma anche le tecnologie più raffinate potrebbero avere dei guasti, così, al ritorno nel loro tempo…
Non spoileriamo oltre il finale del libro di Giulio Legnaro sulla Fondazione di Alessandria, che tende invece a diradare le nebbie su uno dei momenti della storia cittadina, che più è stato studiato, ma che più ha necessità di certezze che i documenti finora scoperti tendono a dare solo in parte.
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Un’altra questione si apre e riguarda proprio l’impostazione che l’autore dà alla propria storia. Quella romantica che individua un nemico a cui si caricano tutte le colpe del caso? Oppure quella che la storiografia del Novecento, che ha il suo culmine sul finire degli anni Sessanta individua come un contrasto nel quale gli alessandrini e le città non hanno tutte le ragioni? La prima è una visione strategica alla necessità risorgimentale del tempo, per cui Barbarossa è inequivocabilmente un invasore illegittimo di territori che spettano agli alessandrini e a nessun altro, esattamente come gli austriaci per il lombardo-veneto. La seconda, quella un po’ più moderna e vicino a noi, ove le necessità risorgimentali sono ormai scemate, in cui l’imperatore sarà anche un nemico, ma la legge feudale sarebbe dalla sua parte e i milites di Alessandria sarebbero casomai dei rivoluzionari, ma nel fondare la città farebbero un’azione decisamente illegale.
Legnaro sta a mezzo di queste due interpretazioni storiche, le conosce e le mixa, come è dovuto da un fumetto che usa la vulgata, la leggenda, e perché no, la magia o la preveggenza come fossero storia e così costruisce una nuova dimensione del racconto popolare, che prende per mano il lettore e lo porta a conoscere, insieme alle invenzioni, quella storia che serve per comprendere meglio l’identità di una città.”
Piercarlo Fabbio