La Corte dei Conti ha deciso:”I pensionati ex-INPDAP hanno ragione, ma io non posso dichiararlo”

Una sentenza che disattende molte speranze, ma che, forse, apre uno spiraglio

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Al grande pubblico la notizia dira’ poco ma alle decine e decine di migliaia di pensionati ex dipendenti pubblici che negli ultimi anni hanno lasciato il Bel Paese per lidi migliori sia per il clima sia per un sistema fiscale piu’ equo, la sentenza era attesa con asia e interesse. Ma di cosa si tratta? Semplice. In base alle disposizioni legislative in sede europea (Unione Europea) e agli accordi bilaterali stipulati dall’Italia con diversi Paesi europei ed extra-europei, in attuazione del principio che vieta la doppia imposizione, coloro che ricevono una pensione da enti italiani (INPS e Casse previdenziali private)se spostano la propria residenza all’estero possono scegliere se pagare le proprie imposte in Italia, oppure nel nuovo paese di residenza. Tale possibilita’ di scelta e’ pero’ preclusa ai pensionati INPS cosiddetti ex-INPDAP, cioe’ ex dipendenti statali e di enti pubblici, perche’ in quasi tutti gli accordi bilaterali tale categoria e’ stata esplicitamente esclusa (fanno eccezione gli accordi con Tunisia, Cile, Senegal,          ).
Un gruppo di questi pensionati, raccolti intorno all’associazione APICE, assistiti da uno studio legale romano, dopo aver esperito una serie di ricorsi amministrativi, si e’ rivolto alla Corte dei Conti del Lazio, alla quale in sostanza, “invocato l’accertamento del diritto alla rideterminazione del trattamento pensionistico nella loro titolarità con attribuzione dell’importo nella misura intera, al lordo delle trattenute fiscali, in sostanza evidenziando l’esistenza di una manifesta disparità di trattamento (in violazione dell’art. 3 Cost.) tra pensionati esteri “INPS puri” (settore privato) e pensionati esteri “ex gestione INPDAP”.
La Corte dei Conti, instauratosi il contraddittorio con la costituzione in giudizio dell’INPS, che principalmente ha basato la sua difesa sul fatto che la questione rimessa al giudizio della Corte dei Conti non riguardava il calcolo del trattamento pensionistico attribuito ai ricorrenti ma l’assoggettabilita’ o meno di esso all’imposizione fiscale italiana, e quindi non ricadente nella giurisdizione della Corte adita, ma eventualmente dei Giudici Tributari, non poteva che accogliere tale eccezione e dichiarare, come ha dichiarato il proprio difetto di giurisdizione.
Nel farlo, pero’ ha aggiunto un qualcosa che puo’ far intravvedere uno spiraglio positivo per i ricorrenti, ma anche per i tanti pensionati ex-INPDAP che si sono trasferiti all’estero o che stanno per trasferirvisi.
Infatti nella sentenza, pur affermando che stante la preminente questione del difetto di giurisdizione, non e’ possibile rimettere gli atti alla Corte Costituzionale per l’esame della denunciata violazione dell’art. 3 della Costituzione , come denunciato dai ricorrenti, maha purtuttavia affermato che tale “disparita’” (di trattamento) “realmente ed effettivamente sussiste”. Infatti, prosegue la sentenza, “alla luce delle previsioni delle convenzioni internazionali stipulate tra Italia e Paesi stranieri emerge, difatti, che gli ex lavoratori del settore privato residenti all’estero hanno facoltà di decidere se contribuire con le proprie imposte sulla pensione nel Paese estero di residenza, mentre gli ex lavoratori del settore pubblico residenti all’estero hanno l’obbligo di continuare a contribuire all’erario italiano, senza alcuna possibilità di scelta, cosa che, in talune ipotesi, incide anche sul diritto alla salute per carenza di assistenza sanitaria conseguenziale a tale regime impositivo”.
“La disparità di trattamento è poi aggravata dalla circostanza che in talune più recenti convenzioni internazionali sono state introdotte facoltà in favore dei pensionati del settore pubblico, lasciando immutato il regime per i pensionati residenti in altri Paesi”.
“La censurata disparità, peraltro, non si fonda su alcuna ragione giuridica”.
Si tratta evidentemente di affermazioni importanti, che aprono uno spiraglio per il futuro: c’e’ un Giudice che, pur non potendo per tecnicismi giuridici decidere in favore di questa categoria di pensionati,  ha detto che loro hanno ragione e soprattutto che la disparita’ di trattamento da essi subita “non si fonda su alcuna ragione giuridica” ; i prossimi giudici tributari non potranno che prendere atto di queste affermazioni, ma soprattutto, come auspicano gli interessati speriamo che l’eco di questa sentenza giunga alle orecchie e alle menti di chi sta preparando la riforma fiscale, per rendere il fisco italiano piu’ equo e piu’ vicino ai cittadini.

Aldo Rovito

(aldo.rovito@libero.it)