La parola che diventa rappresentazione e teatro: il MELA MIC di Giada Mela Bellotti al Donatella Bistrot di Oviglio.

Ad Oviglio, in una notte di mezza estate, si è vissuta una splendida esperienza di creatività narrativa e teatrale, grazie a Giada Mela Bellotti e al suo gruppo di ragazze e ragazzi. Questa serata Giada l’ha voluta chiamare MELA MIC, estensione del MELA LAB, che è il suo laboratorio di scrittura creativa. Insomma, ragazze e ragazzi che hanno partecipato ai vari MELA LAB ora si sarebbero messi in gioco in una serata di Lettura Interpretata, ciascuno con un testo proprio ed originale, nato dall’esperienza MELA LAB, appunto. Beh, io rispetto agli altri attenti partecipanti, avevo qualche asso nella manica in più, perché io ho partecipato ad un paio di pomeriggi di lavoro creativo di Giada Mela e delle sue ragazze e ragazzi. (e in uno dei due casi ci ho scritto un articolo, che potete leggere a questo indirizzo https://www.alessandria24.com/2023/03/11/a-scuola-dai-giovani-per-imparare-il-futuro-ad-oviglio-il-secondo-workshop-melalab-per-costruire-unintervista-narrativa/).

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Così lunedì sera, mentre calava l’oscurità e si entrava in un ambiente splendido di suo, il dehor interno del Donatella Bistrot di Oviglio, ero certo che avremmo vissuto una serata incantevole. Giada Mela ha un modo di fare simpatico ed estroverso, ed è anche molto giovane, e questo può trarre in inganno sulle sue capacità intellettuali…errore, perché in realtà è un’intellettuale raffinata e preparata, che non teme di affrontare, nei suoi workshop, argomenti di complessità notevolissima, costruendo, in un solo pomeriggio, un insieme di stimoli culturali, di collegamenti non banali, di citazioni di ogni forma di espressione che utilizza intensamente le capacità del linguaggio, della parola, sia essa cinema, scrittura, radiofonia, fumetto…e quant’altro vi possa venire alla mente. L’ho vista e ascoltata parlare di Jung – si, quello dell’Inconscio Collettivo – ad un gruppo di ragazzi che avevano occhi tra l’ammirato e lo sbalordito…fantastico, no? E questi ragazzi, intellettualmente spremuti stavano lì, a tratti un poco disorientati, ma caparbiamente convinti che quello che facevano fosse qualcosa di unico ed importante. E io? Io ero sicuramente ammirato per tutto quello che vedevo ed ascoltavo. Ed ecco perché, ieri sera, ero certo che avrei assistito a qualcosa di notevolmente interessante e pure molto coinvolgente. Non mi sbagliavo, anzi.

Dolce e chiara è la notte e senza vento, pensavo mentre camminavo verso il Bistrot: una notte di quelle che in Inghilterra chiamano midsummer, quel meraviglioso periodo dell’anno a ridosso ma subito prima del solstizio d’estate…Già: e come non pensare allora alla meravigliosa commedia shakespeariana Sogno di una notte di mezza estate, magia della parola che si fa teatro e del teatro che diventa fraintendimento, equivoco, risata…ritorna parola… conoscendo almeno un po’ Giada Mela e il suo modo di pensare il linguaggio e la parola, mi aspettavo da parte del suo gruppo proprio la magia della parola che si fa teatro e viceversa…e avevo pienamente ragione.

E poi il meraviglioso valore aggiunto di quel gruppo: il loro entusiasmo giovanile, così bello, che si percepisce come un’aura di calda passione…E così, io che sono un inguaribile romantico, entrando in quell’accogliente luogo che è il dehor del Bistrot, percepivo un’atmosfera molto particolare, molto emozionale…. così, visto che sono stato giovane negli anni ’70, mi è venuto in mente un termine che allora si usava assai: good vibrations – buone vibrazioni – … titolo di una canzoncina, leggera e allegra, dei Beach Boys del 1966, ma il cui significato si è esteso sino alla fine degli anni ’70 e oltre, per definire il benessere, rasserenante ed eccitante nello stesso tempo, della buona compagnia, della buona musica in buona compagnia…ecco, quello che percepivo intorno a me erano proprio le good vibrations che arrivavano a fiotti dalla soddisfatta emozione di una Giada Mela adrenalinica e raggiante, dagli sguardi e dalle parole che arrivavano a tratti dalle ragazze e dai ragazzi che avrebbero espresso la loro creatività…ma anche dai due simpaticissimi ragazzi che stavano all’ingresso: Marta che ti dava con un sorriso la contromarca per una bibita – alcolica o analcolica – e Andrea che era lì a…farle compagnia, dato che lui fa il cuoco, e in quel momento in cucina non è che ci fosse un granché da fare…ci siamo presentati, conversando un po’, scoprendo tra l’altro che Andrea abita a 50 metri dalla casa di mio padre. Un’atmosfera rasserenante e rilassante, davvero piena di buone vibrazioni. Che coinvolgevano anche il pubblico, che, vista l’assai esigua distanza fra chi recitava – o declamava, vedete voi – era molto più dentro che fuori dalla rappresentazione…da quel moderno Sogno di una notte di mezza estate…

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Veniamo ora a quello che hanno fatto accadere, davanti a noi, le ragazze e i ragazzi del MELA MIC. Cosa che sicuramente mi metterà nei guai…perché per evidenti motivi di spazio, di qualcuno dirò una parola in più e qualcuno di meno, di alcuni metterò anche una foto, di altri no…quindi alla fine qualcuno di loro mi detesterà, qualcun’atro magari no…ma non ci posso fare nulla, se non dire che ho apprezzato ciascuno di voi, e anche se di certo qualcuno l’ho apprezzato di più e qualcun altro di meno, non rivelerò queste mie – personali – preferenze neppure sotto tortura.

Detto questo, parliamo dell’insieme della serata. Intanto occorre dividere in due la proposta dei testi. perché se tutti i testi sono stati scritti dai singoli protagonisti, alcuni erano più adatti ad una lettura espressiva, altri talmente dialoganti e teatrabili, che sono stati proposti appunto come piccoli momenti teatrali. Questa alternanza fra testo letto, per quanto sempre molto recitato e brani più teatralizzati ha reso la serata estremamente varia e dinamica, e non un solo secondo di noia si è mai insinuato in me, in noi che attentamente ci gustavamo il tutto. Un tutto strutturato in 14 diversi racconti dentro un racconto cornice, con in aggiunta una coda finale, molto divertente, della stessa Giada Mela. Io, per evidenti motivi di spazio, potrò solo accennare a tutte le vicende narrate. Sotto però potete leggere l’elenco completo dei racconti e dei loro autori.

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La cornice, che ha iniziato e chiuso (finale di Giada Mela a parte) è di Eliana Castro e si chiama Dottor Morte. Ed è una narrazione estremamente teatrale. Con svariati personaggi che interagiscono, soprattutto nell’esilarante finale, davvero riuscitissimo (la prima parte, all’inizio, era una sorta di preludio alla vicenda), quando ad un allucinato Dottor Morte si contrappone, inamovibile ed invincibile…la mamma! Ecco: allora lasciatemelo dire subito, che la mamma è proprio uno dei temi portanti della serata, che torna in tanti racconti, come un tema conduttore, che viene variato ogni volta che si presenta…a volte con accenti sarcastici, a volte con accenti teneri, a volte con accenti drammatici.

Ecco, dopo questa teatralità, un paio di monologhi, uno più serio, 450 CC, di Gaetano Virzì, che racconta l’esperienza di volontariato durante l’alluvione del 1994 e la conseguente adesione da volontariato all’AVIS, l’altro molto meno, dove Francesco Pecchenino, in Scrive come un medico prende in giro il sé stesso che nelle elementari dicevano scrivesse con un medico…solo per dire che in realtà scriveva da cani!

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Ed eccoci ad un simpatico monologo con intarsio teatrale, di Nadia Plamadeala, Lavorare nel turismo: diario di una receptionist a Roma, fresca di mestiere e piena di ansia, che però impara in fretta e bene. L’intarsio teatrale lo propone Alessandro Bocchio, nella parte di un cliente pretenzioso che poi si ridimensiona. Ora, lasciatemelo dire, Alessandro ha partecipato a parecchi momenti teatrali, rivelandosi sempre bravissimo. Ma il suo momento clou è stata l’interpretazione della mamma nel divertente Momeloricordo di Valeria Gobbi: guardatelo nella foto sotto e fatevi un’idea dell’ilarità generale…

Dopo un breve ma inteso momento romantico, L’addio, di Gabriele Perri, struggente saluto tra un uomo che ancora è fra noi e una donna che invece…eccoci ad un’altra divertente teatralizzazione scritta e interpretata da Alessandro Bocchio…con l’aiuto anche di Gaetano, Francesco e Luca Buongiorno: Questione di vita o di morte…un uomo defunto da pochissimo che, fra le profferte divine e le seduzioni diaboliche, alla fine…se ne torna nel suo corpo, deluso da entrambe le proposte trascendentali.

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Dopo questa teatralità molto divertente, eccoci a due momenti più drammatici. Prima un bravissimo, proprio dal punto di vista del come dice la vicenda, Luca Amato, in Jack al cimitero, che da voce ad un fantasma un po’ troppo burlone, sino al punto di ammazzare una bambina, ma ora pentito. A tratti mi ha ricordato quello straordinario attore che è stato Paolo Poli…e scusate se è poco…Poi un intenso monologo, assai doloroso, di Jessica Ianniello, Il segreto dei calici rotti, storia di violenza di un uomo su una donna e poi anche storia d’amore…Ed eccoci al testo di Luca Buongiorno – che ha anche partecipato come attore a svariate storie di altri, cavandosela sempre assai bene – profondo ed intenso, anche coadiuvato da Valentina Fontana, Respirare…che è anche un invito a cercare in noi stessi quello che davvero accade all’atto del semplice respiro.

E dopo l’appassionante monologo di Desiré Tataro, divertente, ma soprattutto dolceamaro, memoir di una bambina troppo avanti rispetto alle sue coetanee, Papaposter, ed il divertente, già citato, Momeloricordo di Valeria Gobbi, eccoci ad una vicenda che vira sul delirio e sull’orrore: Piccola Storia di Male e di Noia di Jacopo Mongiò, con tre psicotiche ragazzine (bravissime nella parte: Desiré Tataro, Nadia Plamadeala e Valentina Fontana) che vogliono evocare un’entità maligna ammazzando – come sacrificio umano – una suora nel collegio che le ospita, ma…trovano qualcuno…o qualcosa…

E prima di parlare di Valentina Fontana, l’unica che ha presentato due dei suoi lavori, fatemi dire di un’efficacissima e divertente Ilaria Morino, coadiuvata da un bravo Luca Buongiorno, in un brano dall’emblematico titolo La mamma è sempre la mamma! E il tema è.…la paura di sentirsi sempre di più simile, negli atteggiamenti, alla propria madre!

Ad incorniciare il bel racconto di Ilaria, i due brani ci Valentina Fontana, il primo dal titolo inquietante, Mia figlia è psicopatica, interpretato in duetto con Giada Mela, ma più che di valentina io ho apprezzato Giada, perché Valentina era di spalle. L’ho invece molto apprezzata, Valentina, nel suo monologo La gioia della genitorialità…voler essere duri con il figlioletto e provare a farlo dormire da solo…ma core de mamma è core de mamma, così quando lui si infila nel letto con lei, come fare a scacciarlo? E allora lo si avvolge di tenerezza finché lui, implacabile: Sai mamma…mi manca papà!

E la coda finale, con Giada Mela, Ho da dire? Molto efficace, Giada, nel fare la bambina psicotica, ma con un solo ed unico scopo: iscriversi al prossimo MELA LAB! Bravissima. Poi l’unione finale di tutti, che si abbracciano, costruiscono insieme una struttura umana e ci salutano. Ma mica è finita, ma va! Perché mentre già stiamo per alzarci – io soprattutto per chiedere a tutti loro una foto insieme fuori dal cancello di ingresso – arriva Donatella, sorridente e molto convincente: Ma come, mica vorrete andarvene!!?? Ora ci sono le nostre penne all’arrabbiata, penne di mezzanotte in questa bella notte d’estate…E come si fa a dire di no a cotanto invito? Così solo dopo aver gustato le buonissime penne, prima di tornare a casa ho salutato e mi sono complimentato, davvero di tutto cuore, le ragazze e i ragazzi che ci hanno donato questa splendida serata. Poi, in quella breve passeggiata per raggiugere casa, nella silenziosa oscurità di questo piccolo paese, pensavo che davvero avevo vissuto, quella sera, un Sogno di una notte di mezza estate.  Un sogno indimenticabile.