Casale Monferrato e la meraviglia della musica nelle notti d’estate: al Monfrà Jazz Fest serata con Sergio Caputo e con Lisa Manara.
Si chiama Monfrà Jazz Fest, ma forse si potrebbe tradurre musica di svariati generi, anche con lontana parentela con il Jazz, ma di alto livello. Del resto, molto spesso la denominazione Jazz Festival ha fatto da viatico a concerti assai poco jazzistici. Ma non lo dico come demerito, ma come mera constatazione. Ricordo bene, al Festival Jazz di Serravalle Outlet, di tanti anni fa, che in una serata con Enzo Jannacci, fu lui stesso ad annunciare, con il suo solito irriverente modo di esprimersi: E se vi state chiedendo che cosa c’entra Jannacci con il Jazz, vi rispondo io: non c’entra un cazzo! (testuale)…d’accordo, ma intanto c’era un sacco di gente ed il concerto ce lo siamo goduti eccome…come del resto, nell’arco degli anni, quelli di Nina Zilli, di Antonella Ruggiero…e di svariati altri artisti, che con il Jazz c’entravano poco, ma facevano una gran bella musica. Del resto, non era proprio uno dei grandissimi del Jazz, Duke Ellington, che diceva che la musica si divide in due sole categorie, quella bella e quella brutta?
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Morale? Semplice: inutile indagare cosa sia o non sia Jazz, l’importante è che con il Jazz si abbia una pur tenue parentela e amen, e soprattutto l’importante è che si tratti di buona musica, cosa che al Monfrà Jazz Fest mi pare sia una norma sempre rispettata. Un festival che è iniziato pochi giorni fa e andrà a conclusione a settembre, con uno straordinario numero di incontri musicali di vario genere. Lo scorso anno ne avevo seguiti diversi, sempre con grande piacere, sino all’ultimo, di metà settembre, a Gabiano, quando il Vinaccia Ensemble (nella foto sotto) ci ha proposto, con fantastica allegria, un repertorio swing di splendide e famose canzoni, da Fred Buscaglione a Fats Waller, tra gli anni 30 ad oggi.
Venerdì sera, poi, nel suggestivo Chiostro di Santa Croce di Casale Monferrato, quello dove accanto ad un notevole chiostro medievale c’è il Museo Civico con, al piano terreno, la bellissima Gipsoteca di Leonardo Bistolfi, abbiamo vissuto una bella serata di ottime sorprese musicali. Dico sorprese perché poteva trattarsi un po’ di una di quelle serate nostalgia, così rassicuranti per noi di una certa età: perché assistere ad un concerto di un cantautore o una band dei nostri tempi, che ancora riesce a riproporsi con una certa qualità interpretativa, probabilmente ci tranquillizza: forse anche noi, come loro, siamo e saremo forever young!
Pensavo questi pensieri un poco malinconici perché il primo dei due concerti previsti nella serata vedeva come protagonista Sergio Caputo. Del quale possiedo una discreta quantità di vecchi LP, quelli dei suoi anni più creativi e di maggior successo. Sapete quanto tempo è passato da quel suo primo disco, Un sabato italiano che gli diede fama ed onori? Esattamente quarant’anni! Però la sorpresa, musicalmente parlando, che ci ha fatto Caputo (che a passargli accanto per strada mica l’avrei riconosciuto, con un berretto a visiera tutto nero, occhiali fotocromatici ed una bella barba grigia), è che si presenta in una classica veste Rock: voce e chitarra (lui), batteria (con un paio di brani al piano) e basso elettrico.
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Ed i suoi brani, con molto meno swing di un tempo, ci mettono addosso un po’ di nostalgia, è vero – che poi forse è quello che almeno un poco vogliamo, no? – ma Caputi propone anche nuovi ed ottimi arrangiamenti, fra il Blues, il Rock, la Bossa Nova e fiammate di Swing. E la chitarra l’accarezzava assai bene, eccome, da rimanerne davvero ammirati, passando fra varie influenze e vari generi musicali. Ad un certo punto mi ha ricordato molto la sonorità di Carlos Santana…e, credetemi, è un complimento! Che poi ha proposto qualche brano a me sconosciuto, ma anche molti fra i suoi più famosi e conosciuti successi, benissimo rivisitati…con un pubblico (beh, io compreso, dai!) che cantava con lui e ballava, pur se da seduto, perché impossibile non muoversi un po’ con quella musica così trascinante.
Ma il Concerto di Caputo non è durato a lungo, perché la serata prevedeva un secondo concerto. Che è stata l’altra grande, grandissima sorpresa di quella già così splendida notte musicale. Sul palco un tastierista e un percussionista (suona la batteria ma non solo), ma soprattutto una cantante. Si chiama Lisa Manara ed era a me del tutto sconosciuta. Certamente ci ha colpiti per la notevole avvenenza… molto bella e anche molto elegante, caspita, con addosso un tubino color amaranto. Poi ha iniziato a cantare…ed eleganza e bellezza sono passati decisamente in secondo piano, perché siamo rimasti tutti assolutamente soggiogati da una voce incredibile!
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Una voce dall’estensione estensione notevolissima, dal timbro profondo, estremamente duttile e dal volume molto potente. Sarebbe piaciuta a Franco Battiato, mi è capitato di pensare, con convinzione. Lei e il suo gruppo hanno proposto brani dall’Africa al Blues, da Miriam Makeba a brani di compositrici a me del tutto sconosciute, ma tutto con una trascinante verve vocale che ci ha entusiasmati…con il tastierista che, lui sì, ha suonato ottimo Jazz…mi ricordava Joe Zawinul dei Weather Report, e scusate se è poco! E va detto che anche il batterista / percussionista si è ottimamente prodigato per un sound moderno e trascinante.
Ma ad impressionare è stata lei, Lisa Manara…anche perché, tra l’altro, oltre ad essere una straordinaria cantatrice, ha proposto una performance scenica notevolissima, coinvolgendo anche il pubblico nel cantare con lei.
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E allora molti brava!! e molti applausi convinti per questa notevole scoperta musicale, in una calda notte di grande musica. E come non terminare con un grandissimo grazie al Monfrà Jazz Fest, che anche quest’anno ripropone queste magnifiche notti musicali.