La scommessa di una difficile armonia: l’astrattismo di Carlo Dottor e la fotografia descrittiva di Manuel Cazzola in una mostra comune, “Di Bello in Bello”, a Monastero Bormida.

A dire il vero, mica li amo, i Vernissage. Io, poi, che ho la filosofia del girare lento e ponderato fra le opere, in quei momenti in cui si è pochi pochi, nelle sale museali, magari in solitudine oppure, se possibile, accompagnato dall’Artista o da chi ha curato la mostra, di solito evito proprio eventi così affollati e un tantino rumorosi come, appunto, le inaugurazioni (beh, Vernissage fa più fine, ma poi in fondo, sempre di inaugurazione si tratta, no?). E allora perché ci sei andato? – potrebbe giustamente chiedersi qualcuno dei miei lettori – Beh, ci sono andato per amicizia e per curiosità…per amicizia nei confronti di Ilaria Cagno e di sua mamma, Carla Panaro, delle quali vi ho già parlato nei miei articoli, vere e proprie appassionate e competenti custodi del tesoro d’Arte che le belle mostre, che alacremente si susseguono nel Castello di Monastero Bormida (io nell’ultimo anno ne ho viste davvero parecchie), con le quali, ormai, ho il piacere e l’onore di avere uno splendido rapporto d’amicizia…e di fiducia: quindi, quando mi hanno rassicurato sulla qualità sia delle singole opere presenti nella mostra, sia dell’efficacia di un assai ardito accostamento artistico fra foto del territorio piemontese di Langhe, Roeri e Monferrato – di Manuel Cazzola – e l’Arte assolutamente e orgogliosamente astratta – di Carlo Dottor – mi sono assolutamente fidato del loro giudizio e ci sono volentieri andato, in un sabato di fine agosto ancora caldo ma molto ventoso, che faceva presagire, com’è poi accaduto, che il tempo sarebbe cambiato e l’estate avrebbe lentamente declinato all’autunno, in quel luogo di meraviglie che è, appunto,  Monastero Bormida.

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E Mai smetterò di stupirmi di come quel magnifico contenitore che è il Castello, che prima era un Monastero, possa essere utilizzato con tanta creatività e con un flusso continuo di proposte artistiche di alto, quando non altissimo, livello. E poi la curiosità, di partecipare proprio lì ad un Vernissage, appunto, vedere come si sarebbe svolto in quell’ambiente così particolare…e vedere di trovare comunque il tempo di girare le mostra con una certa tranquillità, magari conversando almeno un poco con gli artisti.

E poi, lo ammetto, la curiosità di sentire i discorsi di presentazione delle opere, se ci fossero stati, spesso presentati con quell’astratto linguaggio dei critici professionisti, del quale mi riesce difficile capire qualcosa… Insomma, come avrete capito, ci sono andato pilotato da una serie di motivazioni – ed emozioni – contrastanti e contradditorie…ma poi, alla fine, ho fatto bene ad andarci, eccome…perché bella, intrigante ed originale la mostra e belle le cose che ci ho sentito e le persone che ci ho conosciuto, una delle quali particolarmente interessante e intrigante, per genuino amore per l’Arte, ovvero la Dottoressa Barbara Gandolfo, che ha presentato con appassionata perorazione le foto di Manuel Cazzola – e mi ha poi parlato, con altrettanta appassionato coinvolgimento, di installazioni artistiche presenti presso il suo minuscolo paesino, del quale è vice sindaco, Rocchetta Palafea – e della bellezza delle Opere d’Arte del Ricovero Ottolenghi di Acqui Terme. Ho abbastanza età ed esperienza per riconoscere in una voce l’autentica passione per l’Arte, quindi credo che andò presto – compatibilmente con i mille altri impegni – a visitare entrambe quelle realtà.

Ma Ma torniamo alla mostra. Perché la scommessa questa volta riguardava un difficile equilibrio consonanza/dissonanza: riuscire a rendere in una sorta di armonico accostamento l’astrattismo di Carlo Dottor e la fotografia descrittiva di Manuel Cazzola. Si trattava, quindi, di unire fra loro due mondi apparentemente lontanissimi: quello dell’Arte contemporanea assolutamente non figurativa, di Carlo Dottor – opere dai fantasmagorici colori che paiono alla ricerca di uno strenuo movimento – con la fotografia assolutamente figurativa di Manuel Cazzola, che va invece alla ricerca dei dettagli di un territorio pudico, ma anche seducente che è questo nostro Splendido Piemonte…E la scommessa è stata vinta? Direi di sì, perché in questa mostra a due, dal titolo intrigante – DI BELLO IN BELLO – molte opere esposte, quando affiancate, avevano una forte ragion d’esserlo, per una sorta di melodia di timbri di colore, assai efficace, come in una composizione musicale del tardo ‘900 che sapientemente sapesse unire consonanze e dissonanze, in un precipitare di arcana bellezza, difficile da definire, splendida da raccogliere con gli occhi…e con la mente…

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Per poi lasciare comunque ampio spazio alle singole creatività dei due artisti, che potevano spiazzare il visitatore trasportandolo repentinamente dal poetico e un po’ malinconico particolare di una foresta innevata di Manuel Cazzola ad uno sgargiante Senza titolo su rame, pieno di luce, movimento, flessuosità, di Carlo Dottor…

Beh, a dire il vero sono riuscito comunque a visitare con abbastanza tranquillità la mostra, sfruttando il Vernissage stesso. Perché dovete sapere che ad un certo punto di queste situazioni avviene il momento – assai atteso e poi assai prolungato – del piccolo rinfresco, che poi in realtà tanto piccolo non è mica. Così, appena Ilaria, dopo i vari discorsi, a parte quello della Dottorezza Gandolfo di cui vi ho accennato, dalla Vice Sindaco di Monastero, nonché quello, breve e convincente, dell’Assessore Regionale Marco Protopapa, sempre attento al valore del territorio, ha annunciato, appunto, che fra poco avrebbe avuto inizio il momento  del piccolo rinfresco, dopo un po’, guarda caso, le due splendide e grandi sale che occupavano la mostra si sono magicamente svuotate – guardate la foto sottostante – e parafrasando (malamente) il sommo Dante, poscia, più che l’amor (per l’arte) poté il digiuno.

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Momento ottimale per me, ovviamente, che prima ho fatto un giro in quasi perfetta solitudine ammirando sia le opere che sono state sapientemente affiancate, dove la timbrica pittorica-fotografica erano legate da questa disarmonica armonia che molto mi è piaciuta e molto mi ha intrigato. Potete costatare voi stessi, dalle foto dell’articolo in cui presento questo affiancamento apparentemente improbabile ma poi di fatto molto riuscito, di questi che paiono con tutta evidenza due universi paralleli…che non dovrebbero potersi incrociare eppure lo fanno, in uno di quei particolari portenti che solo l’Arte e la Grande Bellezza ci possono donare (son cose che possono accadere anche con la grande Musica, quando due composizioni estremamente dissimili tra loro possono essere repentinamente accostate, e donarci quindi la loro diversa magia sonora).

In parte nella mia visita quasi solitaria alla mostra sono stato accompagnato da Manuel Cazzola, che mi ha narrato di questa sua poetica del dettaglio, un artista che potrei definire innamorato di un territorio e di una introspezione che non è solo naturalistica, non solo della terra, del bosco, della vigna, quindi, ma anche della fascinazione che certi luoghi costruiti dall’uomo, che vivono, nelle foto, in una loro arcana e pacata bellezza: un colonnato, la volta a botte di un chiesa, un antico affresco rovinato dal tempo…

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Vediamo dispiegarsi, con antica e arcana stupefazione, attimi di silenzio senza presenza umana…e quindi paesaggi e architetture che si fanno dimensione unica e scambio reciproco con l’occhio dell’uomo che fotografa, in un reciproco scambio di luce e dettagli. Davvero incantevole.

Poi c’è la pittura straordinariamente dinamica di Carlo Dottor, che mi ha affascinato moltissimo. Quando viste vicino a quelle di Cazzola, la dissonanza dei soggetti affiancato all’amalgama timbrico dei colori era quasi sempre decisamente riuscito e intrigante. Ma nelle sue opere presentate senza affiancamento? Sono vivaci, fantasmagorici e trascinanti movimenti di materia, musica e colore. Senza voler necessariamente voler vedere nell’astrattismo chissà quali evidenze umane. Io sono un seguace dell’interpretazione “aperta” che Umberto Eco ci ha insegnato, nel suo importante saggio del 1962 dal titolo, appunto Opera Aperta, quindi mi piace osservare con calma e lentezza le opere che ho di fronte, farmi rapire un po’ da quello che vedo e che interpreto. E ho visto opere dove la materia, quasi mai piana a cominciare dalla superficie che viene dipinta, ci assale con colori che sono in realtà quasi sempre ancora materia, a volte calda di colori incandescenti, a volte cool come il jazz di Miles Davis – che ho immagato come ottimo viatico per la visita a questa mostra, soprattutto appunto, per le singole Opere di Dottor – come L’oceano dovunque.

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Mi hanno molto colpito però anche cose composizioni come Opera Lirica, che dispiega tutti i colori caldissimi e avvolgenti di una passione musicale che anche io ho in sommo grado…davvero stupenda.

Potrei andare avanti ma evito di tediarvi, perché, insomma, la mostra è sapientemente intrigante, il luogo è straordinariamente bello, tanto che anche se ci son stato tantissime volte, ogni volta che ci torno ne rimango incantato…andateci, la mostra dura sino al 17 settembre, è aperta il venerdì pomeriggio, oppure sabato e domenica quasi tutto il giorno: potrete visitarla ed apprezzarla con la calma che merita.

Ah, dimenticavo di sottolineare una cosa: sapete quanti abitanti abitano un borgo come questo, che fa tante e tante cose bellissime (e che ha anche un bel teatro per l’inverno e una bella piscina comunale per l’estate)? La bellezza di 1000 – si mille – abitanti appena…forse dire che in questo Monastero si fanno miracoli è dir poco…