Probabilmente è complicato, ma possibile, “Aggiustare l’Universo”: ad Acqui Terme l’ultimo romanzo di Raffaella Romagnolo alla sua prima presentazione pubblica.

Sono arrivato ad Acqui, sabato scorso, con largo anticipo, perché…volevo un posto in prima fila…per ascoltare Raffaella Romagnolo che presentava, per la prima volta in pubblico, il suo ultimo romanzo, in un colloquio con Cecilia Ghelli, dell’associazione Archicultura di Acqui Terme, appena uscito per Mondadori, dal bellissimo titolo Aggiustare l’Universo. Volevo un posto in prima fila, perché il modo che ha di presentare i suoi libri, Raffaella Romagnolo, è estremamente appassionato e coinvolgente…e visto che l’ultima volta che l’avevo vista presentare il suo libro precedente, Il Cedro del Libano mi son dovuto accontentare di un posticino in ultima fila, sabato scorso, il 9 settembre, non volevo proprio essere in fondo alla sala, ma molto vicino al palco…cioè, insomma, in prima fila. Che poi in realtà ho visto la sua presentazione de Il Cedro del Libano (ne ho finito da poco la lettura, prossimamente su queste pagine una giusta e opportuna recensione) due volte..,e in entrambi i casi ho sinceramente ammirato la potente e trascinante passione per quello che narrava del suo libro, delle ragioni del suo libro…ne sono rimasto profondamente colpito e ammirato…e allora in questa sua prima ad Acqui Terme, potevo mai mancare?

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Poi, lo confesso, ho voluto comunque prepararmi una domanda da fare a Raffaella, ma il libro ancora non lo avevo, ovviamente…così ho barato un po’: sono arrivato in Acqui abbastanza presto, sono entrato in una libreria, ho preso in mano il libro, e mi sono letto i primi due capitoli…un po’ di nascosto, ma molto concentrato…e nonostante la situazione mi sono letto lentamente quel poco che ho letto, e sorridevo …poi però l’ho posato, il libro, e ho detto al commesso, speranzoso di una vendita: bellissimo inizio…ma il libro lo prenderò fra poco alla presentazione che ne farà proprio lei, l’autrice… credo ci sia rimasto un po’ male, ha stirato un sorrisino e un buon pomeriggio e via…una lettura breve e rubata, ma quello che è lo stile di Raffaella Romagnolo, e un po’ anche il tenore del libro, forse un poco li ho carpiti. Ovviamente mi riservo di scrivere, a lettura terminata – e meditata – una completa recensione, ma lasciatemi dire che quel poco che ho letto mi è piaciuto moltissimo. In generale, non certo solo qui, la scrittura di Raffaella Romagnolo è molto evocativa…nel senso che un luogo, un personaggio, una situazione, sembrano letteralmente uscire dalle pagine per evidenziarsi al lettore con un’incredibili vitalità. In questo primo capitolo appare uno dei personaggi principali del romanzo, Gilla. O meglio, Virgilia detta Gilla, genovese, ex partigiana, che si trova ad Ovada – detta nel libro Borgo di Dentro -, che viene cooptata dal Direttore (e sacerdote) di una locale scuola elementare come maestra. Lei, che un po’ vorrebbe restare lì e un po’, anzi parecchio, vorrebbe tornare a Genova. E questo è l’incipit del romanzo, folgorante e indimenticabile: La maestra ha ventidue anni e si chiama come una zia defunta, Virgilia, donna di angelica bontà e bruttezza leggendaria. Nome scelto perché la neonata impari già al fonte battesimale che non tutto si può avere dalla vita. In quel momento si trova di fronte al Direttore della scuola… lo descrive così: «Vengo subito al punto» prosegue l’uomo. Ha il naso a becco, la tonaca stretta addosso come lucide piume d’uccello. Magistrale. E lei? Subito dopo ci dice che…Lei, una parte di lei, oggi, 23 luglio 1945, non ne può più di Borgo di Dentro, della soffitta in cui abita al civico 13 di vico Luna, della città vecchia arroventata dal caldo estivo, dei palazzacci alti e decrepiti, delle stradine umide e buie, del medioevo di filatrici, chiromanti, operai, lavandaie, maniscalchi, puttane, tagliaborse e rubagalline. E non vi sembra di essere lì, con lei, in quelle stradine, che Gilla non sopporta più? Il Direttore le fa molte moine, molti complimenti…ma lei ascolta solo a tratti, anche un po’ ostile…nel frattempo pensa Perché ha accettato di incontrare quest’uomo se una parte di lei ha già le valigie pronte? Gilla non appartiene a Borgo di Dentro: appartiene a Genova. Ma lui è suadente, la convince…ma forse lei vuole essere convinta…per un arcano motivo che neppure lei comprende…E allora? Allora lui estrae un foglio dal sottomano di pelle nera come il tavolo, il crocifisso e la tonaca, lo appoggia sul ripiano, con due dita lo spinge avanti. È la domanda di assunzione, e lei afferra il foglio con malagrazia, lo compila e lo firma. Sola, a labbra strette torna poi ad affrontare l’estate infuocata. E non è un inizio incredibilmente vivido ed evocativo. al termine della lettura di questo breve capitolo, che ha la musicalità vibrante di un primo tema beethoveniano, ho mormorato, fra me e me un semplice ma fondato bellissimo

Ma torniamo alla presentazione. Con Cecilia Ghelli che, con il suo tono pacato ma vibrante, fa una bella introduzione al libro, ai suoi temi principali. Si sente benissimo che lo ha letto, che gli è piaciuto molto, che se n’è sentita coinvolta…infatti ne parla a lungo e con affetto…Per poi passare la parola a Raffaella, chiedendole da dove nasce l’ida di questo romanzo. Raffaella Romagnolo prima ha ringraziato la sua campagna per la sua lunga prolusione di presentazione, perché l’importante di un libro è poi il giudizio che ci arriva dal lettore, così possiamo capire cosa a lui è arrivato davvero. Poi ci ha narrato di come tutto, idee e romanzo stesso, sia nato durante la pandemia…l’orrendo periodo senza la scuola in presenza – Raffaella è un’insegnante di Italiano in un Scuola superiore – dove le cattive notizie si succedevano senza scampo e senza pietà. Non so voi, ma io tutte le sere, di fronte alle notizie delle vittime del Covid, piangevo… ha confessato. E allora, in quel periodo praticamente di guerra, contro un nemico insidioso ed invisibile, che ci teneva ben soli e lontani dagli altri, ha pensato che qualcosa che assomigliasse a quello che accadeva era…il periodo finale della II Guerra Mondiale. Con Gilla, che forse vuol lasciarsi alle spalle Genova e il suo passato, c’è Francesca che in realtà si chiama Ester, bambina di origine ebraica, i genitori persi su un treno per Aushwitz, o per chissà dove, lei che è nata durante il periodo più forte della persecuzione, delle ignobili leggi razziali, nel 1935, che non è mai andata per quel motivo a scuola…e che non ha mai imperato a parlare…o almeno sembra così, ma sa scrivere benissimo.

Ed ecco allora il tema, tragico, terribile, delle leggi razziali. Le ho trascritte così come le hanno scritte loro, così banalmente brevi e semplici…per poi farle seguire da mille e mille circolari, che piano piano, giorno dopo giorno, impedivano agli ebrei di fare qualsiasi cosa…prigionieri della insania razzistica di una nazione ormai asservita alla follia hitleriana. E Raffaella aggiunge che uno dei personaggi del suo romanzo è ricalcato, omaggio evidentemente non solo letterario, a Primo Levi, l’indimenticabile scrittore – e testimone – di capolavori come Se questo è un uomo. Che ho letto che non avevo 18 anni, e ne sono uscito, lo ricordo assai bene, come se mi avessero picchiato, e in tanti, e forte, tanto mi ha sconvolto. Cicatrici sulla mia vita di adolescente che a fondo era coinvolto e sconvolto da quell’orrore…che rappresentava – rappresenta – un’orrenda cicatrice sulla storia di tutta l’umanità.

 

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Ma c’è però anche altro, molto altro, nel libro di Raffaella Romagnolo: c’è un planetario del sistema solare che Gilla lentamente rimette insieme. Tenera ed evidente metafora di quella necessità, dopo il furore, dopo il dolore, di rimettere insieme i cocci, di rimettere insieme la voglia di ricominciare, di aggiustare l’universo, appunto. E quali sono le leve della salvazione? L’amicizia, ad esempio, come quella – bene ce ne parla Raffaella – fra la più rozza Luisa, compagna di banco di Ester, che va bene al di là delle differenze terrestri, oppure il rifiuto di Gilla di applicare le regole di violenza apprese nella scuola fascista, di rinnovare, con vera empatia, ogni rapporto umano dentro l’istituzione scolastica. E la speranza sta anche nell’amicizia fra Ester è un gatto, unico sopravvissuto al parto di una gatta che poi presto scompare, adottato appunto da Ester.

Ma, infine, come ho scritto all’inizio di questo articolo, mi sono permesso anche una domanda, a Raffaella: del resto sono lì, sotto il palco…come resistere?…anche se ammetto pubblicamente di avere letto giusto il primo capitolo e sbirciato il secondo, le chiedo lo stesso se allora tutti questi personaggi, queste giovani vite,  ciascuna di loro con terribili perdite dietro le pur giovani spalle, tutte loro che han subito danni dalla vita…siano però per lei la rappresentazione della speranza nel futuro, per il futuro. Lei mi guarda negli occhi e mi sorride: è proprio così…risponde. E così sia.