Un angolo d’oriente a Conzano

La fisionomia del paesaggio monferrino è un susseguirsi di colline, filari e infinita campagna. Un saliscendi di strade da percorrere in auto, in moto con il semplice scopo di cambiare aria. Questo è ciò appare in superficie, l’impressione che dà al primo sguardo.
Ma chi lo frequenta, come me, da tempo, sa che per conoscerlo a fondo bisogna percorrerlo a piedi, talvolta socchiudere gli occhi per arrivare dritto alla sua anima.
La dimostrazione che il Monferrato è una fucina di sorprese mi è stata confermata a Conzano, durante una camminata in una calda e afosa domenica, sebbene fossimo già sul finire dell’estate.
Di Conzano credevo di sapere già tutto, di conoscerlo come conosco le mie stanze di casa che non hanno più segreti da nascondere, invece, quel paese aveva in serbo un luogo del tutto inaspettato: un giardino acquatico.
Un giardino in cui varcare la soglia a occhi chiusi e riaprirli altrove, in terre lontane. Inizialmente ho provato un vago senso di disorientamento, non lo nego. D’altronde in mezzo a una tale profusione di fior di loto e ninfee di ogni colore e dimensione, dove avrei potuto trovarmi se non in Estremo Oriente? Laghi e fiori galleggianti con le loro variopinte corolle hanno ridestato in me il ricordo di immense distese di laghi colmi di fiori esotici, incontrati nei miei viaggi in Cambogia, in Tailandia e in Malesia, diversi anni orsono. Non so perché, quel giardino me ne ricordava un altro veduto solo in fotografia, ma descritto così bene da Tiziano Terzani in uno dei suoi libri, da illudermi di esserci stata. A Bangkok Terzani abitava in casa bella e fatata dal nome di Turtle House, abbellita da un laghetto orientale in cui nuotava una grande testuggine, sua amica.
Turtle House non esiste più. E’ stata abbattuta per far posto a un gigante di cemento, ma il ricordo resta scritto e la foto rimanda a una tranquillità e a una pace interiore, la stessa ritrovata a Conzano.
Potevo forse starmene ferma a guardare, superficialmente, quello spettacolo della natura? E allora mi incamminai tra i viali di bambù (che vivono cent’anni e solo allora fioriscono e muoiono, della cui longevità io non sapevo) che fiancheggiavano i laghi, colmi di fiori appena sbocciati e alcuni prossimi a sbocciare, pieni e sodi da cui ne intravedevo il colore. Ero immersa in una piccola foresta pluviale, riprodotta alla perfezione in cui niente era lasciato al caso, a partire dalla concentrazione di umidità, fattore essenziale per la vita delle piante. Si percepiva sulla pelle che grondava di sudore a ogni passo, il perfetto ecosistema in cui le piante fluttuavano in equilibrio con la natura, mentre mi aggiravo, in estasi, all’interno del meraviglioso vivaio, scattando foto e osservando l’incredibile bellezza e vigore di ogni singolo stelo. Il lavoro e lo studio, posso immaginare quanto, ha dato davvero buoni frutti. Ma quando c’è la passione il lavoro non è mai un peso da sopportare e questa ne è la dimostrazione. L’amore per i viaggi, la passione per le piante e il genio creativo sono stati l’alchimia perfetta per realizzare un giardino d’oriente in Monferrato che parla e parlerà sempre di terre lontane.

Continua a leggere l'articolo dopo il banner