Maga, Masca oppure Fata? L’affascinante magia di “Viscè di Vincenza” e della sua bottega incantata di Portacomaro.

Pensate la mia grande ignoranza: manco sapevo che a Portacomaro, che sta sospesa fra le dolci colline intorno ad Asti, ci fosse una cosa chiamata Casa dell’Artista. Me lo ha insegnato – la primavera scorsa – Carlo Cerrato, il grande giornalista Rai e non solo – ora è in pensione, dice…sarà, ma scrive assai, e assai bene, dico io – invitandomi a visitare la bellissima mostra di Silvio Vigliaturo, pittore e scultore del vetro. Mostra fantastica sotto ogni punto di vista, soprattutto se vi capita di viverla, come è accaduto a me, con l’Artista che vi guida nella sua creatività, e con il valore aggiunto di qualche ricordo giornalistico di Carlo, fonte di mille e un racconto, peggio di Sheherazade. (se vi interessa potete leggere il mio articolo: https://www.alessandria24.com/2023/05/24/il-trionfo-della-luce-fra-amazzoni-amanti-la-splendida-mostra-di-silvio-vigliaturo-alla-casa-dellartista-di-portacomaro/).

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Ma non mi aveva detto, il Cerrato, che nella Casa dell’Artista aveva dimora una Masca…o è una Maga? Oppure, magari, una Fata? Che in una cospicua sona del piano centrale della Casa ha il suo antro delle meraviglie – le sue creazioni – e in un’altra parte il suo affascinante quanto straripante laboratorio creativo. Una persona che mi ha da subito molto affascinato, con la quale ho instaurato un colloqui spontaneamente amichevole, molto appagante. Maga? Masca? Mah… e sulla cui presenza e sul cui magico lavoro artigianale (o artistico?) avrei voluto scrivere. Lei e il suo atelier, così come la sua pagina Facebook, si chiamano, si vogliono chiamare, Viscé di Vincenza – che poi Viscé è semplicemente Vincenza in siciliano, sua madre terra…nome che ricorda la non certo ripudiata terra delle sue radici più profonde. E con tale nome scelto e desiderato chiama, lei stessa, sé e la sua arte.

Ma l’articolo sul Vigliaturo, lungo e complesso, e poi mille altre cose…insomma non l’ho scritto. Ma quella Maga (Masca?) sorridente, quella strana e affascinante Viscè di Vincenza, mi aveva colpito molto. Le sue creazioni che sono tanto leggiadre quanto estrose, il suo laboratorio in stato confusionale, da cui fiorisce una splendida creatività…non l’ho scritto allora, ma già sapevo che prima o poi lo avrei scritto, lo sto scrivendo, eccolo. Anche perché in quel luogo, in quella casa, con Carlo e Vincenza, io mi trovavo proprio bene, accolto come un amico e ospitato talmente bene che, con mia grande gioia, mi sentivo a casa. E quindi sapevo già che ci sarei tornato, a Portacomaro, eccome.

infatti sono poi tornato diverse altre volte, a Portacomaro…per la presentazione di un libro, per un’altra mostra, di Sara e Bruno Vergano (vedi al link https://www.alessandria24.com/2023/12/03/occhio-della-mente-occhio-della-memoria-la-doppia-mostra-da-figlia-a-padre-di-sara-e-bruno-vergano-alla-casa-dellartista-a-portacomaro/) e poi nella penultima domenica di Avvento, con una Casa dell’Artista popolata di Mercatini di Natale e bella gente, a cominciare da un simpaticissimo Giorgio Conte. E lei, Vincenza, che distribuiva dolciumi e bevande proprio come una benevola fata, sorridente, scarmigliata, simpaticissima. Lasciate che ve la faccia descrivere da occhi e parole femminili, quelle di Donatella Giordano, che l’ha conosciuta durante la mostra di Sara Vergano e l’ha poi frequentata, con altre amiche – io non c’ero – in una cosa – una presentazione dei suoi tanti e diversi lavori – che han chiamato Viscè di Vincenza Fashion-Café. Ecco le accorate parole di Donatella:

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Ci sono due luminosi occhi scuri, nascosti dietro grandi occhiali neri. Si muovono velocemente da destra a sinistra, dall’alto verso il basso, seguendo avidamente le traiettorie del filo di cotone aggrappato all’ago della macchina da cucire, mentre incide la trama grossa di un pregiato tessuto di lana arancione. Sono gli stessi occhi che qualche ora prima inseguivano l’anonima freccia bianca del mouse sul monitor del suo PC, dove prendevano forma tecnologiche avventure…magari più scientifiche ma certamente meno magiche di quelle che fioriscono nel suo laboratorio. Lo immagino così il distribuirsi di Vincenza tra le sue due vite.

Il suo ufficio non lo conosco, ma ho sbirciato il suo misterioso laboratorio guardandolo dall’alto, attraverso la piccola finestra che dà sulla piazza della Chiesa di Portacomaro. E quello che ho visto è stato un adorabile e coloratissimo caos, in cui però, paradossalmente, ogni cosa è al posto giusto: cerniere, bottoni, rocchetti di filo. E poi ancora forbici, sgabello, macchina da cucire, gessetti…Il gesso che segna la sagoma sul tessuto, le forbici che con il loro canto roco la incidono, gli aghi ed il filo che donano forma.

E poi drappi di stoffe pregiate che profumano di altri tempi, di altri luoghi. E ne profumano perché davvero arrivano da un altro tempo, il tempo di sua mamma. Quel tempo in cui quegli occhi erano già pieni di luce, e di sogni di bambina… Tra i passi delle eleganti madamin torinesi, che si affidavano alle abili mani della mamma sarta, per essere ancora più belle, lei, Vincenza, ha accarezzato quelle stoffe, le ha amate e desiderate. Chissà, forse se ne è vestita per gioco, come fanno le bambine quando giocano a fare le principesse delle fiabe.

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La sua fiaba Vincenza alla fine se l’è scritta da sola, riservandosi un ruolo davvero speciale: è la fata madrina che arriva da Cenerentola e trasforma i suoi pezzi di stoffa in abiti elegantissimi; è la fata che con dadi di plastica e frammenti di catene costruisce collane; è la fata che da un avanzo di cappotto crea un’elegante borsetta; è la fata che ti accoglie e senza parlare sprigiona scintille, semplicemente guardandoti; è la fata che gioca mentre lavora, si diverte e ti prende in giro dicendo che coltiva la sua passione a tempo perso, quando è evidente che su quelle sue creazioni fantasiose, raffinate e mai banali ci perde le notti.

E poi ci sono i suoi due grandi occhi, scuri e pieni di voglia di comunicare, due occhi che sorridono timidamente e sembrano chiedere permesso per poter parlare. E allora non resta che dire che, in un mondo dove la maggior parte della gente è abituata a far rumore, senza saper dire nulla, la silenziosa passione di Vincenza porta – con genuinità – una grande bellezza.

 A dire il vero non sono del tutto d’accordo con Donatella nel definire sempre e soltanto Vincenza come una fata. Io che l’ho vista, nel suo sguardo sornione, sfoggiare occhi da Masca, costruire collane da Maga, che attirano lo sguardo con riflessi magnetici…e l’ho sentita leggere nel mio pensiero, in quello di Giorgio Conte e di tanti altri…mentre guardavano ammirati le sue creazioni, borse e borsette e insetti e collane, fra abiti appesi di fascino antico e misterioso, creazioni di sua mamma, da cui ha ereditato gusto e talento, e altri invece creati da lei, con estro e coraggio, luce e tenerezza. Dalla mamma ha ereditato rotoli e rotoli di stoffa pregiata, dalla quale può far scaturire incredibili invenzioni. Una ve la racconto, da me stesso vissuta. Proprio prima di venire via da Portacomaro, in quella penultima domenica di Avvento, è arrivata la sua amica Franci, simpaticissima signora, titolare di un ristorante – dove credo prima o poi si andrà – che voleva un regalo particolare per un amico importante…un borsone e un beauty da viaggio con le iniziali….Viscé dice che non l’ha mai fatto, è perplessa…poi va nel suo antro, tira fuori due rotoli di stoffa pregiatissima, una delle quali dal prestigioso nome di Armani. Eredità preziosa della sua mamma. Mai fatto ma ci provo – disse – mentre tutti noi la guardavamo sorridenti, ancor più convinti di lei delle sue capacità…e avevamo ragione noi…ed ecco sotto la foto che evidenzia il risultato, semplicemente splendido…l’ennesima raffinata magia di una deliziosa…Maga…Masca…Fata…chissà?…che abita – con le sue molteplici magie – le stanze della Casa dell’Artista, lassù fra le dolci colline astigiane, a Portacomaro.

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PS: aggiungo di mia sponte un ringraziamento: a Carlo Cerrato. Per avermi fatto conoscere questo luogo – La Casa dell’Artista a Portacomaro – la Masca che la abita, Vincenza, e gli artisti che l’hanno popolata con le loro splendide opere…e tante persone straordinarie con le quali ho interagito parlando di Musica e Arte. Ma soprattutto per onorarmi della sua stima e della sua amicizia. Grazie.