Fabbio: “Un dibattito di alto livello al Congresso del Movimento Cristiano Lavoratori”

Nei giorni scorsi si è svolto a Roma il Congresso del Movimento Cristiano Lavoratori .
Con i suoi circa 350mila iscritti, il MCL ha sedi del Movimento, Servizi  e Patronato su tutto il territorio nazionale e anche ad Alessandria davanti alla Chiesa dei frati di San  Francesco, oltre che all’estero.
Il Movimento nacque nel 1970 e anima lavoratori cattolici che si distaccarono dalla linea sinistroide delle ACLI .
L’alessandrino Piercarlo Fabbio  è stato chiamato a verbalizzare ufficialmente gli atti congressuali e possiamo direi che non poteva esserci riconoscimento più alto per il prof. Fabbio stimato e apprezzato oltre i perimetri cittadini.
Quindi rivolgiamo tre domande a Piercarlo Fabbio, segretario del XIV Congresso Generale MCL – 1, 2,3 febbraio, Roma, Ergife Palace Hotel
D. Un Congresso con oltre 450 delegati, eletti da ogni parte d’Italia, che dibattito può sviluppare? 
R. Alla risultanza dei fatti, un dibattito di alto livello. Non sempre il numero aiuta, ma stavolta – innervati da una nuova libertà – si sono sentiti ragionamenti e riflessioni non solo modulati sui principi e sui valori in cui crediamo, pur più volte richiamati, ma anche e soprattutto su temi e argomenti che pensiamo possano servire a ricucire un paese troppo frammentato: l’immigrazione e la necessità di lavoratori per la nostra economia; la sicurezza dei lavoratori nei luoghi produttivi; la critica al salario minimo e la sottolineatura dell’importanza della contrattazione; la cooperazione; l’agricoltura e le sue difficoltà … E poi, l’ambiente, donatoci dal buon Dio e del quale dobbiamo essere sentinelle;
la pace; la giustizia e il suo malfunzionamento. Si sono interconnessi a questi, altri temi di stretta attualità politica per la riorganizzazione dello Stato, come ad esempio quello dell’autonomia differenziata. Oggi poi, alla luce dei conflitti in atto a noi vicini, la scelta della pace, per chi come noi, ad Assisi si è dichiarato “artigiano di pace”, non poteva non costituire una riflessione centrale. I miei appunti congressuali sono zeppi di proposte, di valutazioni, di denunce, di soluzioni possibili. Dobbiamo riuscire, da domani in avanti, a dar gambe alle idee che hanno ammantato la discussione.
D. Ci sono dei maître a penser, che hanno guidato la riflessione oppure tutto è frutto di una spinta dal basso? 
R. Intanto la maturità dei delegati è anche quella di aver recepito, nel corso del tempo, gli insegna- menti che ci provenivano da molte parti.
Questi ultimi tre anni sono stati difficilissimi per il Movimento. Lo shock dovuto all’abbandono di Carlo Costalli, presidente per oltre un ventennio, non è stato immediatamente elaborato da tutti. Si pensava che il Movimento, dopo cinquant’anni, potesse chiudere la sua esperienza di corpo intermedio in grado di farsi guidare ed applicare alle sue opere i det- tami della dottrina sociale della Chiesa. Invece Antonio Di Matteo, coadiuvato da un gruppo dirigente nazionale che scopriva o riscopriva il Movimento e la conseguente necessità di operare in modo diverso, è andato alla ricerca e ha, prima di ogni altra cosa, raccolto un prezioso patrimonio ideale, individuando proprio quei maestri che hanno favorito la nostra crescita. Ad Assisi, ad esempio, ascoltare l’omelia del cardinal Zuppi nella Basilica del Santo è stato illuminante. Lo stesso Zuppi, utilizzando un registro più familiare, al Congresso, ci ha spiegato che si può vedere la luce anche se non si hanno tutte le risposte, perché occorre agire con speranza, cioè con la capacità di vedere nel seme il frutto che domani maturerà. Ciò crea condizioni di minor ansia nella ricerca quotidiana, che è dovere per ogni cristiano, ma ci mette nella condizione di dover leggere meglio i fenomeni che ci circondano, per preconizzarne l’evoluzione. Su un piano più pragmatico, Luigi Barra, ma prima di lui Michele Tiraboschi, ad esempio, ci hanno guidato ad interpretare meglio il mondo del lavoro, che è la nostra principale mission. La politica ha poi incominciato a considerarci non solo un potenziale serbatoio di voti, ma soprattutto una realtà viva con la quale condividere una riflessione per avere delle risposte utili. Ecco perché Antonio Tajani ha utilizzato un tono confidenziale e non è venuto a raggranellare applausi. E così ha fatto Alfredo Mantovano. E ciò è stato apprezzato dal Congresso: si è scambiata amicizia con dialogo, collaborazione con familiarità. Si sa che nel Governo di un Paese esistono difficoltà, il problema è trovare qualcuno che ragioni insieme a te per iniziare a risolverle in meglio, nella distinzione delle parti e dei ruoli. E il Movimento penso che questo l’abbia fatto. Quanto a pensiero di riferimento, tutto è partito da Papa Francesco e da quelle parole da lui interconnesse alla nuova semina, di cui dovevamo essere capaci: lavoro, fede e passione. Poi la dirigenza MCL ha cambiato “fede” con “responsabilità”, perché credeva fosse più attinente alle nostre opere. Ma a Congresso le coniugazioni del significato che noi diamo a “responsabilità” sono state molteplici.
 D. E la delegazione di Alessandria, come si è comportata? 
R. Non spetta a me dare giudizi. Vi dico solo che tutti sono stati all’altezza del loro ruolo: si sono messi a disposizione, mi hanno supportato e hanno svolto il compito che io, impegnato, non potevo del tutto affrontare. Si sono fatti conoscere e intessuto buone amicizie, hanno mediato fra richieste diverse, hanno fatto proposte, ad esempio, che porteranno proprio qui, in Alessandria, frutti futuri. Infine, hanno dato copertura comunicativa all’evento, ragionando, scrivendo e tenendo, con l’apporto remoto del volontario del servizio civile Alessandro Sirchia, viva l’attenzione verso il Congresso sui social. I loro ragionamenti sono finiti su Facebook ed Instagram. Chi aveva più esperienza, come Roberto Cristiano, è andato a stemperare gli animi laddove necessitava, specie nella delegazione piemontese, perché un Congresso è certamente un confronto di idee, ma anche necessita di scelte. E le scelte accontentano e scontentano. Se non sconfinano in conflitti è anche grazie a pacate interpretazioni delle relazioni. Francesco Pepe ha poi seguito il gruppo Giovani nazionale, che sta iniziando a fare movimento. Occorre dare ai giovani gli strumenti per operare e gli spazi, perché altrimenti soffocano nel mare della convenzionalità e non possono offrire la loro forza innovativa. Poi ci sono i servizi, di cui si è occupato Marco Mazzoni, facendo ogni sforzo per aderire al superamento di quella che a Congresso è stata chiamata “dicotomia” fra servizi e movimento, e che pare possa essere risolta dal ricorso all’apologo di Menenio Agrippa. Del resto, eravamo a Roma, anche se un po’ distanti dall’Aventino…
Remo V. Febo