Francesco Hayez, ovvero il Melodramma che diventa Arte, nella grande mostra alla GAM di Torino.

Perdonatemi se vi parlerò di questa mostra… iniziando da un’altra… Sono passati un paio d’anni: al Castello di Novara era stata allestita una splendida mostra dedicata alla Venezia tra ‘800 e primo ‘900. Una mostra stupenda, come tutte quelle che allestiscono a Novara. Una grande tela, quasi 2 metri e mezzo in altezza ed un metro in più in larghezza, era assolutamente padrona dello sguardo di chi entrava, già all’ingresso del castello, al piano terra. Una grande opera di Francesco Hayez. Dal titolo decisamente, storico, per noi scarno di contestualizzazione: Prete Orlando da Parma inviato di Arrigo IV di Germania.

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Ma quello che mi aveva colpito non era il soggetto o il titolo, bensì la straordinaria atmosfera melodrammatica che sembrava animare il dipinto. Guarda – ho detto alla persona che mi accompagnava, forse a voce un po’ troppo alta – come tutta la scena sembra essere la vivida rappresentazione di una scena verdiana, e tutti i personaggi appartengono senza dubbio a quel mondo del protoromanticismo di Bellini e Donizetti e soprattutto  alla grande tempra romantica di Giuseppe Verdi. Lo dicevo a ragion veduta. Perché dovete sapere che nei finali d’atto delle grandi Opere verdiane, c’è molto spesso un momento di assoluta attesa, una sorta di fermo immagine da cui poi riparte tutto, per arrivare a momenti parossistici di immensa spettacolarità e altrettanto trascinante efficacia. Se volete provare a comprendere meglio cosa intendo, vi invito ad ascoltare, magari facendovi aiutare da YouTube, i finali del primo atto di Macbeth e di Ernani, di Verdi. Ecco, di fronte a quella grande, magnifica tela di Hayez, io percepivo un’immensa l’affinità elettiva con il mondo verdiano e del melodramma romantico italiano. Il bello è che davanti al quadro c’era una scolaresca e due insegnanti. Quella che in quel momento non spiegava, ed era lì accanto a me, dopo aver ascoltato quello che avevo detto, mi si rivolse sorridente e mi disse che, si, in effetti non aveva mai fatto quella considerazione, ma ora che lo dicevo…e iniziò a spiegare quel concetto all’intera classe.

Si, un bel pezzo della mia anima vive nell’800 melodrammatico italiano, e si fa trascinare dei grandi concertati come dalle arie o dai cori più sentiti e patetici…come quello delle grandi Opere che sono il più straordinario patrimonio drammatico che l’Italia ha donato al mondo. Norma, Lucia di Lammermoor e Lady Macbeth (Bellini, Donizetti, Verdi) sono tre donne – immensamente diverse le une dalle altre – che sono incredibilmente scolpite nella mia memoria di ascoltatore…e in quelle di milioni di persone in tutto il mondo. E se quelle e questi (personaggi e compositori) sono le divinità del Melodramma, ebbene, Francesco Hayez è, in pittura, il loro straordinario profeta.

Così, quando ho saputo di questa grande mostra che la GAM di Torino ha deciso di dedicare al genio romantico di Francesco Hayez (Venezia 1791 / Milano 1882), a cura di Fernando Mazzocca ed Elena Lissoni e in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti di Brera, ho capito che era impossibile esimersi dalla totale immersione nella vicenda artistica di questo grande Artista Melodrammatico della Storia d’Italiache attraverso la sua pittura, esattamente come accadeva, mutatis mutandis, con Donizetti e Verdi nella loro mucica e Manzoni con la sua opera in prosa – ma soprattutto in versi – ha esaltato il romanticismo italiano, così poco o nulla gotico – com’era quello tedesco o quello  inglese – ma impregnato di Storia che diventa Dramma e si sublima, appunto, nel Melodramma.

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Lasciatemi aprire però una piccola parentesi sul mio grande amore per la GAM. Ci sono stato la prima volta alla sua riapertura, dopo un lungo restauro, nel 1993, e molte altre volte per mostre monografiche, come quella assolutamente fantastica dedicata a Chagall, oppure come quella che ho visitato nel gennaio dello scorso anno (se siete interessati: https://www.alessandria24.com/2023/01/14/la-grande-bellezza-dell800-figurativo-italiano-in-una-splendida-mostra-alla-gam-di-torino/ ) dedicata all’800. E ogni volta mi ha affascinato l’atmosfera molto sabauda che tutto impregnava e tutto circondava. Tra i colori più o meno tenui, delicati, dei muri dove venivano esaltate le opere, grazie alla sapiente disposizione, mai proposta in maniera farraginosa o troppo affollata, anzi: semmai lasciando proprio respirare l’opera, senza affanno.

Che poi la mostra, che è aperta al pubblico dal 17 ottobre 2023 al 1° aprile 2024 – quindi c’è ancora parecchio tempo per vederla – si intitola Hayez. L’officina del pittore romantico e propone, come precisato sul sito della mostra stessa Un percorso originale che pone a confronto dipinti e disegni, con oltre 100 opere provenienti da prestigiose collezioni pubbliche e private cui si aggiungono alcuni importanti dipinti dell’artista custoditi alla GAM, come il Ritratto di Carolina Zucchi a letto (L’ammalata) e l’Angelo annunziatore. Arte, storia e politica si intrecciano nell’accompagnare il pubblico alla scoperta del mondo dell’artista, entrando, grazie anche ai tanti disegni, all’interno dell’officina del pittore, per svelarne tecniche e segreti. Il visitatore – goloso e ammirato come me – attraversa di fatto dieci sezioni distinte, suddivise in ordine cronologica. Ad iniziare quindi dagli anni della formazione, svoltasi tra Venezia e Roma, dove Hayez ha goduto tra l’altro – e scusate se è poco – della protezione e dell’amicizia di Canova, imparando da lui la raffinatezza del classicismo. La cosa, lo ammetto, è un po’ straniante: perché uno si aspetta di trovare melodramma e invece nella prima sala trova…l’Arcadia…fatta di un classicismo comunque personale e originale, ma non certo immerso in quella straordinaria temperie romantica che sarà poi la sua cifra stilistica più originale e potente.

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Per farvi capire con un esempio dell’evoluzione stilistica di Hayez, vorrei proporvi la differenza enorme fra un dipinto legato al classicismo, il cui soggetto è il Laocoonte ucciso dai serpenti marini sotto le mura di Troia, perché cercava di fermarli perorando la causa della distruzione del famoso cavallo. Come potete costatare dall’immagine sottostante, il quadro – che venne eseguita per un Concorso di pittura nel 1811 – ha sì un soggetto drammatico, ma la sua struttura classicista, l’algida giustapposizione delle figure, l’assenza di un potente dinamismo, ne fanno un’opera composta, classica, scarsa di emozioni.

Viceversa, ecco come in questa successiva opera, che è un dipinto storico, dal titolo La congiura dei Lampugnani . Che rappresenta un momento della congiura, capitanata da Giovanni Andrea Lampugnani, Girolamo Olgiati, Carlo Visconti e Cola Montano, per sopprimere la tirannia di Galeazzo Maria Sforza, ucciso il 26 dicembre 1476 nella chiesa di Santo Stefano in Milano. Come potete facilmente osservare, qui si che il dramma protoromantico – l’opera venne completata nel 1826 – viene fuori con tutta evidenza. Basti osservare la concitazione nevrotica del gruppo dei congiurati, il drammatico contrasto fra le bianchissime vesti in primo piano e la cupa distesa di grigi del resto della chiesa. Vi state dicendo che, quasi quasi non sembra neppure lo stesso artista? Lo è, ovviamente, ma questo confronto evidenzia appunto l’evoluzione straordinaria ed il passaggio da un gusto di stile neoclassico a quello romantico. Sono passati 15 anni fra i due dipinti, e davvero tutto è cambiato, artisticamente parlando, nello stile di Hayez.

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E poi le sue meravigliose scene melodrammatiche, come la Imelda dè Lambertazzi , Opera lirica messa in musica da Gaetano Donizetti nel corso del 1830, che debuttò il 23 agosto di quello stesso anno. La trama dell’opera ha molti elementi in comune con la vicenda di Romeo e Giulietta: i due protagonisti sono i rampolli di due famiglie rivali, i Lambertazzi (ghibellini, come i Montecchi) e i Gieremei (guelfi, come i Capuleti). Nel suo quadro, Hayez riprende il momento del saluto fa Imelda e Bonifacio, che vorrebbe convincerla a fuggire con lui. Il momento è come sospeso, esattamente come accade in un duetto operistico fra tenore e soprano, dove l’azione è nulla e il canto – lirico – tutto.

Del resto, come non vedere un detto di sole voci femminili lo stupendo: La confidenza. Basti osservare la protervia della donna mascherata e la ritrosia della giovane a cui la confidenza strappa ansia e batticuore, il tutto immerso però in un panorama sereno, caldo, tranquillizzante. Qui Hayez da davvero rappresentato magistralmente il drammatico contrasto fra la pace esteriore e la drammaticità dei sentimenti. Che infatti si esprimono intensamente nell’opera accostata a quella, che è Accusa Segreta , dove davvero in scena appare un’avvenente soprano che sta per iniziare la sua tempestosa e avvincente aria di furore. Che meraviglia.

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Doverosamente precisato che uno dei valori aggiuntivi di questa mostra sta nel mettere in rapporto per la prima volta i dipinti e i disegni, che consentono al pubblico di ricostruire e di comprendere il suo procedimento creativo, introducendoci nel suo atelier, vorrei però terminare questo mio excursus decisamente rapsodico, da visitato magari poco scientifico, ma molto flâneur e  sicuramente molto innamorato del romanticismo dell’800 italiano, portandovi ad ammirare i suoi splendidi autoritratti. Straordinario quello da vecchio, dallo sguardo arcigno e inquisitorio, da confrontare con quello vestito da Doge, dallo sguardo tenero, acquoso, malinconico. Due immensi capolavori ritrattistici che ho ammirato immensamente nella mostra.

E, quindi, riassumendo, davvero vi consiglio caldamente di visitare questa mostra, splendido omaggio ad un Pittore civile, interprete magnifico dello spirito della propria epoca, ovvero dei valori risorgimentali. Testimone principe del passaggio dal Neoclassicismo al Romanticismo, ha poi interpretato con geniale convinzione la temperie romantica Verdiana e Manzoniana, condividendo con questi due grandi .gli stessi ideali, ma anche stringendo con loro un rapporto unico, di amicizia e di intesa culturale. Tanto l’Italia del Melodramma che quella Risorgimentale si è riconosciuta nel suo linguaggio. Un linguaggio che ancora oggi riesce a comunicare – a noi vivi – intensi sentimenti e immenso coinvolgimento. E io, da vecchio appassionato del Melodramma più trascinante di Verdi, semplicemente ho amato e amo Hayez con convinta e appassionata dedizione.