Con lo sguardo dritto e aperto verso Oriente: l’intrigante mostra di Tashi Sufi al Bar Evy in Alessandria.

Spazio circoscritto / a volte da un cuscino / da un tappeto sul quale siedo. // Si fa cornice a un aureo spazio / enclave dai mille colori / sensazioni e magnetiche proiezioni. // Concentrato campo di energie sottili. // Li siedo.
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Inizio da questa breve composizione di Tashi Sufi (al secolo Antonio Gervasoni), tratta dal libro Sconfinamenti (Poesie sottili), per raccontarvi della deliziosa mostra, che ha visto ieri il suo vernissage, che si tiene al Bar Evy, in spalto Rovereto 2, ad Alessandria, visitabile sino al 31 luglio. Si tratta di una serie di dipinti, parecchi di piccolo formato, che l’artista stesso ha voluto chiamare Esplorando Mondi Lontani. Che poi però sono solamente mondi d’Asia. Né il continente americano né l’Africa attirano il suo sguardo, la sua velleità esplorativa, la sua insaziabile curiosità. Oriente e solo Oriente: Tibet, India, Cina, Vietnam e così via. Questa la sua ragion d’essere estetica e umana, che fa coincidere in qualche modo il viaggio interiore con il viaggio reale, concreto, esteriore. Ho la sensazione netta, quanto interagisco con Tashi Sufi, che vi siano in lui torrenti di primavera, di un’acqua limpida e freschissima, con i quali attraversa la vita e il mondo.
I suoi piccoli ritratti, le donne d’Oriente con occhi seri e luminosi, sono delicati e deliziosi. Con la mia compagna di visita abbiamo davvero ammirato le opere di Antonio – Tashi per la loro grazia ineffabile, dove davvero la vita delle persone ritratte è sottilmente evidente, senza strepito, anzi, con la tenera delicatezza di chi vuole veramente capire l’altra / l’altro – al di là di ogni senso di differenza possibile, al di là di ogni orizzonte, per quanto lontano e spesso indecifrabile.
Ma abbiamo ammirato anche la sua sottile arte poetica. Perché la curatrice della Mostra, Lia Tommi, ci ha letto con voce partecipe e ben timbrata, alcune composizione poetiche di Antonio, dalla sua succitata raccolta. Mentre lo faceva sfogliavo il suo libricino (piccolo ma grande per contenuti), scoprendovi piccoli gioielli di coerenza etica, poetica e…geografica. Volete un breve ma assai significativo esempio: Se ti fai pietra, ti indurirai / Se ti fai nuvola, ti trasformerai / se ti fai acqua, potrai fluire / se ti fai fuoco, scaldare potrai. // Se ti fai respiro, vita sarai / se ti fai cielo, sconfinerai / se ti fai mente, potrai pensare / se ti fai cuore, potrai amare. // Se ti fai, Sei. Ecco: Se ti fai cielo sconfinerai… Tashi Sufi ha occhi limpidi e profondi che, tanto nella sua pittura quanto nella sua poesia, si fanno cielo e sconfinano verso orizzonti lontani.
Infatti, nell’introduzione al libro, Tashi Sufi ci parla di quello spazio interiore che diventa visione di mondi lontanissimi: È in questa modalità, silenziosa – e ad occhi chiusi – che ho scoperto un mondo, una dimensione aperta su sguardi interiori ma che nello stesso tempo permettono nuove letture del mondo reale che abbiamo intorno. Cita quindi le parole di Omraam Mikhael Aìvanhov, filosofo bulgaro che ha studiato un sistema filosofico con le caratteristiche di un modello pedagogico, orientato alla formazione della coscienza di fratellanza universale e di unità tra tutti i popoli, nel rispetto delle loro tradizioni e fedi religiose. Ha fondato una Scuola spirituale, aperta a tutti, per l’apprendimento e la pratica dei valori di fraternità. Le parole di Aìvanhov – continua Gervasoni – Ben descrivono questi stati di coscienza che avverto essere “Il vero silenzio non è solo assenza di rumore. Il vero silenzio non è muto e non è nemmeno vuoto: al contrario, il vero silenzio è una pienezza, ed è vivo, vibrante, parla, canta”.
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Parole che ricordano il grande maestro Franco Battiato, di cui Antonio è profondo seguace. Che ricordano senza dubbio la ricerca di quella tenerezza di Dio che è a mio avviso racchiusa nel suo nome metafisico e mistico: Tashi Sufi, appunto. Mi ha molto colpito l’introduzione al pensiero di Gervasoni che ha fatto Simona Firpo (autrice di un romanzo che leggerò a breve dal titolo Tornanti), parlando della sua recente conoscenza con lui: Colleziona copricapo provenienti da ogni angolo del mondo e ne indossava uno. Per quanto insolito, non è riuscito a distrarmi dal suo sguardo, uno di quelli che colgono. Non occorre parlare con lui per rendersi conto di questo, ma quando lo si fa bisognerebbe essere di sasso per non averne la certezza. È uno sguardo che cerca il bandolo nelle persone che ha di fronte, con interesse, curiosità, disponibilità, per tendere un filo e connettersi. Fa così d’istinto, con tutti, probabilmente sempre. Non un avventuriero: un esploratore. Lui è così e così appare, il che non sarebbe un evento se non vivessimo in un teatro di maschere: ci saremmo abituati. Invece finiamo per abituarci alla nostra e a confonderla con la faccia.
Parole che sottolineo e che faccio mie. Che si riflettono in tutte le conoscenze comuni che abbiamo con Antonio. Lo ha conosciuto la mia amica connettivista, Donatella, che ne è rimasta incantata, ed è venuta con me alla mostra per conoscere la sua poetica più da vicino. Lo hanno conosciuto al Bosco delle Acacie Fabrizio e Silvia, e il 26 Luglio andremo li a presentare i suoi libri, ma fra loro è nato un senso di empatia assolutamente immenso. Dopo pochi minuti si è creata un’atmosfera di infinita convivialità, la stessa che si è creata ieri al Bar Evy, che ha dedicato i suoi locali, ampi e ben strutturati, a questa mostra stimolante e singolare.
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Per farvi capire meglio come l’arte e l’umanità di Tashi Sufi possano coinvolgere, mi permetto di inserire nell’articolo un’opinione: quella di Donatella Giordano, mia collaboratrice in Alta Langa (abbiamo costruito insieme tre articoli di eventi a Vesime), che è venuta sia da lassù a vedere la mostra…e alla quale ho espressamente richiesto un parere: Alla mostra ho visto molto da vicino lui. L’ho visto perché è una persona che si lascia vedere, così come ti sa vedere. In un tempo inquinato dalla fretta, dalla superficialità, dall’apparenza, dalla falsità, lui semplicemente si mostra per quello che è e, credo di poter dire con buona probabilità, che vede per quello che sei. È come se quegli occhi blu, così espressivi e luminosi da sembrare dipinti, sapessero esattamente chi sei, da dove vieni, perché sei lì. Da lui giungono energie, vibrazioni, molto intense, sincere, autentiche. Non c’è nulla di artefatto, di artificiale. E se alla mostra non ho trovato il blu, ho trovato il giallo, l’arancio, l’oro. Ho trovato visi di donna sciolti nei colori della lava incandescente, occhi che parlano, che escono dalla tela per entrare nell’anima. Ho trovato la sua camicia di lino, il copricapo ricoperto di pietre colorate. Ma soprattutto ho trovato una persona vera, e accade raramente purtroppo, in questo spicchio di tempo e di spazio che mi è stato concesso. Una splendida opinione, per la quale ringrazio Donatella.
Ma poi è piaciuto molto quando Antonio ci ha parlato di alcuni suoi quadri composti, in parte o in tutto, da ideogrammi… dove più che la spiegazione in sé era affascinante il mistero del suo approccio, fatto di infinita ammirazione e rispetto verso quel mondo davvero lontanissimo… e per noi, ammaliati di un fascino complesso ma molto intrigante, quello non tanto dell’Oriente, ma dell’Oriente visto e sublimato dallo sguardo limpido e sincero di un uomo davvero particolare, Artista e Poeta e tanto altro. E allora grazie, Antonio, certo all’artista, ma soprattutto all’uomo, che porta bellezza ed onestà in un mondo di uomini inautentici e spesso corrotti.
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