La Festa del Paese di Oviglio finisce da sempre con…una nevicata…avvenuta il 5 di agosto (e sotto il suo sole caldo in quel giorno ci sono nato io), ma dell’anno 358 d.C., quando la Madonna apparve in sogno a un nobile patrizio di nome Giovanni e gli chiese di costruire una chiesa nel punto dove avrebbe trovato neve fresca. La neve cadde sull’Esquilino e la chiesa si chiamò Santa Maria Maggiore, una delle più belle di Roma. A Oviglio per onorare quella nevicata si fa una processione – oggi si dice “aux flambeaux” – fa molto fine…da bambino ci andavo, era una festa incredibile, tutte quelle candele e la banda davanti che suonava e quel sentirsi parte di una comunità…e mia nonna e mia mamma vicino a me…e sentirsi accuditi a protetti…e allora ce la vogliamo mettere, in questa cronachetta senza pretese, un po’ di malinconia?
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Ma allora bando alla malinconia, e parliamo della Notte dei Sapori, da qualche anno orgoglio e vanto di Oviglio. Quest’anno accaduta il 30 Luglio. Con cibo fra le strade, fra addobbi messi per abbellire che funzionano assai, anche se chi li ha messi (qualche coraggiosa volontaria della la Pro Loco) ci ha sudato l’anima nel bollente pomeriggio, e poi banchetti vari e un sacco di gente.
Ma io per viverla ancor meglio ci son andato un po’ prima, accompagnato dalla mia fedele macchina fotografica. Fra i tavoli vuoti e ancora poca gente, perchè mi piace, nella festa, scoprire e riscoprire questo mio paese, luogo dell’anima e dei ricordi e di nuove e vecchie amicizie. E ci trovi i P.Voices che cenano in Pro Loco, ci trovi i componenti della loro band che passeggiano per il paese, ci trovi ragazze e e ragazzi della Pro Loco ancora in fase di relax, ci trovi il gruppo di Tunon che fa foto ricordo e una Mariateresa raggiante e una Vicesindaca altrettanto. Ed è bella questa convivialità, e sentirsi parte di una festa di popolo, di un popolo a cui appartieni.
E allora via in una passeggiata gastronomica con vecchi amici, quelli che conosci da talmente tanto tempo che basta un mezzo sorriso per capire più che mille parole. Passeggiata assai sentimentale, certo, che piano piano diventa anche enologica, quindi un bicchiere di bianco da Donatella, un bicchiere di rosso da Tunon, un altro da un’altra parte e poi qualche gradazione in più perchè intanto stasera mica devo guidare…e da enogastronomica ad etilica, il passo è breve, nella notte d’estate.
E dopo un po’ ti ritrovi da solo, a girare e fotografare e dire due parole con uno e due con un’altra, e entri in un locale e ti soffermi a dire parole che da tanto non dicevi, e poi sorrisi, saluti, abbracci nonostante il caldo. E senti con tanti di loro uno strano affetto a cui non sai neppure dare il nome, forse perchè anche per quelli che giocano con le parole come me, i nomi finiscono e resta…il sogno…
E così, mediante qualche bicchierino in più, tutto diventa onirico, sognante…Vado, come in un incanto, dove cantano i P.Voices: li ho visti due volte nell’ultimo mese, so a memoria i brani…sono bravissime, le ragazze (e i ragazzi pure, certo, in esigua minoranza), e cantano con tutta la loro bravura e ci danno l’anima e ci regalano bellezza, all’ombra del castello antico. Mi aggiro, fantasma un po’ etilico e un po’ onirico, e faccio foto e canto e fischietto e mi diverto un sacco, tra l’etilico e l’onirico che ormai non so più distinguere bene…
E poi, verso le giostre. dove rumori e fumi e allegria e bambini con mamma e papà, ma anche ragazze e ragazzi che bevono birra e ridono forte. E tu te lo ricordi così bene quel tempo che avevi meno di vent’anni, che la sera giravi fra quelle giostre, che quasi non sembra essere passato per nulla tutto questo mare di tempo fra adesso e allora, quando scrivevi i versi più belli del mondo negli etilici sogni di bisbocce notturne che non finivano mai…
La cronachetta sta finendo: verso casa incontro altri amici e amiche: un bicchiere ancora? Ma si, ci sta, nella notte di fine Luglio, nel fatato periodo dell’estate tra metà luglio e metà agosto, durante il quale il Sole entra nel segno zodiacale del Leone, aggirarsi lento per il paese, sbirciando volti che ormai vedi solo tu e ricordi che invece magari sono pure – in parte – condivisi da altra gente che c’è ed è viva, in questo piccolo paese di questo angolo di splendido Piemonte.
Mi ritrovo infine seduto sul muretto dove da ragazzini ci si ritrovava per giochi da maschietti, e poi crescendo si passavano ore notturne a discutere dei Massimi Sistemi…con tanta convinzione e un po’ di vino forte…ora la gente ormai è quasi tutta defluita via, ciascuno alla propria realtà. Io mi guardo intorno e annuso la notte, e ne sento effluvi e tepore, e mi sento circondato e avvolto da questo paese, da chi ancora ci vive e da chi ancora ricordiamo…in questo paese che è semplicemente il luogo della mia anima.
PS: il titolo dell’articolo viene da una vecchia canzone di De Gregori, Bufalo Bill, che dice: “Avevo pochi anni e vent’anni sembran pochi
Poi ti volti a guardarli e non li trovi più”.
E un immenso grazie davvero di cuore a tutti coloro che hanno lavorato, e molto, per rendere questa festa quella che è.