Una Sarabanda Sentimentale sul sagrato di una piccola chiesa: Gli “EquiVoci” a Ponzone
Mi sono inerpicato per due giorni di fila sulla strada che da Acqui Terme porta in quel luogo bellissimo che è Ponzone. Ci sono andato domenica scorsa, anche se c’ero stato già il giorno prima. Il giorno prima per parlare con gli eredi di Alessandro Grattarola per la ripubblicazione del suo diario partigiano L’ultima Staffetta – di cui vi ho parlato in queste pagine…per chi volesse approfondire: https://www.alessandria24.com/2023/03/21/la-storia-di-un-ragazzo-del-1926-perduto-nel-labirinto-della-storia-tra-lotta-partigiana-e-prigionia-lultima-staffetta-di-alessandro-grattarola/. e di cui ancora vi parlerò quando riusciremo a ripubblicarlo. Ma domenica ci sono stato per un concerto che definire suggestivo è dir poco. Perché quando il mio amico Lorenzo Grattarola ha segnalato su fb che, a Ponzone, appunto, avrebbero cantato gli Equivoci – che nel normale parlato si dovrebbero pronunciare Equìvoci, ma trattandosi di un quartetto di voci l’accento dovrebbe spostarsi in Equivòci – con l’evidenza sulle voci, come è giusto che sia. E allora chiamiamoli semplicemente come si auto-descrivono loro: EquiVoci.
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Li avevo già ascoltati altre volte, gli EquiVoci, sempre con un piacere straordinario, perché quelle quattro voci timbratissime e leggiadre mi avevano semplicemente incantato, quella prima volta che li ho ascoltati a Casal Cermelli. Quella volta ne era scaturito un articolo che ne esaltava le qualità musicali e sonore, che comprendeva anche una intervista al basso, Marco Grattarola, splendido cantante e anche persona assai simpatica. (vedi https://www.alessandria24.com/2023/10/06/gli-intriganti-equivoci-di-casal-cermelli-in-un-concerto-raffinato-e-incantevole/). In quell’occasione erano in cinque, ma nell’attuale formazione a quattro sono comunque formidabili: le soprano Barbara Maiulli e Giulia Ghiorzi, il tenore Chris Iuliano e, appunto, il basso Marco Grattarola – che è stato come al solito il presentatore della serata – sanno creare un amalgama sonoro dove possono essere esaltate le singole voci così come possono crearsi inviluppi musicali squisiti davvero.
A dire il vero ero un po’ perplesso quando ho compreso che il concerto si sarebbe tenuto all’aperto, sul sagrato della piccola chiesetta di San Bernardo. Mi dicevo che 4 voci a cappella, ovvero senza accompagnamento strumentale di alcun genere, all’aperto avrebbero dovuto forzare e quindi perdere di avvenenza timbrica e vocale. Ripensavo al detto famoso All’aperto non si fa musica, all’aperto si gioca alle bocce, da molti attribuito a Toscanini, ma invece detto dal grande Maestro Antonio Guarnieri (1880-1952), e pensavo, di conseguenza, ad un suono dispersivo e sfibrato dall’eccesso di spazio. E invece mi sbagliavo. Perché la chiesetta di San Bernardo è minuscola ed il sagrato in realtà è un’altrettanto minuscola piazzettina cinta dalle case, e la musica non volava via ma ci girava, con notevole efficacia, intorno, avvolgendo tutti e tutto di sonora bellezza. Certo, mancavano le risonanze arcane ed estremamente affascinanti che avremmo potuto percepire dento un piccolo luogo di culto, ma sostanzialmente andava assai bene anche così.
E poi c’è la bellezza intelligente e molto coinvolgente del loro repertorio. Che non solo ha una valenza oggettiva molto importante, anche legata alla notevole vastità dello stesso, ma sa adeguarsi molto bene alle varie situazioni. Mi spiego meglio: nel concerto a Casal Cermelli, slegato da celebrazioni di alcun genere, il repertorio era stato estremamente vario, e raccoglieva sotto il comun denominatore del Madrigale brani di svariato genere, dall’antico al pop. Invece nel concerto nella chiesa di Solero il repertorio si era sviluppato solo sul versante sacro, con livelli davvero superlativi. Domenica scorsa ci hanno proposto nuovamente un repertoria vario e suggestivo. Ad iniziare da un paio di Spiritual, compreso il suggestivo Down To The River To Pray. E poi dopo un preziosissimo brano del mondo elisabettiano, di Henry Purcell, ecco un po’ di Sudamerica, culminante nella indimenticabile Manha De Carnaval di Luiz Bonfà…vero manifesto della fantastica Bossa Nova. Ma che dire poi di un brano buffo e trascinante del Quartetto Cetra, Però mi vuole bene, con nel finale la caduta di lei (con adeguata spinta di lui), dalla Torre Eiffel, perfettamente mimata dai quattro.
E poi voglio citare due brani dalla particolare commozione, oltre allo strepitoso finale. I due brani dalla particolare emozione sono lo struggente canto d’amore immensamente appassionato – in sardo – Non Potho Reposare, che loro interpretano davvero magistralmente. E poi ci aggiungo, ma è una emozione del tutto personale, Vacanze Romane dei primi Matia Bazar. Presentata al festival di Sanremo 1983, quando io ero a Roma a fare il militare di leva, e mia mamma me la cantava al telefono per dirmi quanto le mancavo…non sapeva che io a Roma mi divertivo da morire e avessi potuto non sarei più tornato a casa, e io di fronte a tenta commozione, non osavo confessarlo. Poi, davvero dulcis in fundo, un brano sacro contemporaneo, Loro si sono separati, allontanati l’un l’altro, lungo il muro della chiesa…quindi hanno intonato un canto sacro di arcana e profonda suggestione: O Sacrum Convivium di Luigi Molfino, un compositore del ‘900 morto nel 2012. Un brano che lascia davvero stupefatti per la suprema bellezza che promana. E così, ancora una volta, nella suggestione di un piccolo paese – Ponzone – circondato da paesaggi incredibili, la maestria sonora degli EquiVoci ci ha donato l’incanto.
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