L’appassionato omaggio ad una lingua morente: la presentazione del grande libro dedicato da Nino Ivaldi al dialetto ovigliese

Lo ammetto, ero un po’ spaventato, quella domenica. Perché quella sera, giusto ad inaugurare l’arrivo di Settembre, sarebbe stata una serata veramente particolare. La degna, splendida conclusione di un periodo di presentazioni letterarie, partite nel Dicembre 2023, ed arrivate alla conclusione del loro primo ciclo alla fine dell’estate, per poi ripartire ad ottobre. Una serata resa immensamente diversa dalle altre proprio dal libro che ne veniva presentato, dall’autore dello stesso e dalle musiche, che lo avrebbero accompagnato. Iniziamo dal libro. Dal titolo assai composito: Vucabulari, Puesiji, Businà di Uìji (E bumben d’auter) – ovvero: Vocabolario, poesie, bosinate di Oviglio (e molto altro)…un volumone dalle dimensione notevole, che in realtà è una vera e propria fucina di ricordi e memorie di Oviglio, che ho sfogliato e letto in parete con il piacere ineffabile di chi ad Oviglio ci è nato e ci vive.

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Ma mi faceva piacere – e mi incuteva un po’ di sacrosanto timore reverenziale – poter colloquiare con l’autore del volumone: Antonio – Nino – Ivaldi, (detto Nino d’Purola) che di libri ne ha pubblicati parecchi, a tema ovigliese, e il dialetto del paese potrebbe insegnarlo all’università – se mai tale materia esistesse -, che è studioso profondo e sapiente di tutte le cose, storie e vite ovigliesi.

Ma c’era poi, dall’altra parte del palco, una band di 4 Musici 4 che sono la sintesi di un gruppo dialettale genuino e di lungo corso: i Calagiùbella. Sono di Casal Cermelli, il paese da cui proveniva mio padre, oriunda da laggiù ad Oviglio per sposare la mia mamma. Loro cantano con grande passione e competenza canzoni popolari in dialetto. Quando li ho ascoltati in varie occasioni, a Casal Cermelli, ho subito pensato che con questo libro si sarebbero sposati in un vero matrimonio d’amore. Credo per come è poi andata la serata, di aver avuto assai ragione. e con il libro credo si sposeranno benissimo.

E io in mezzo che ho cercato, oltre che di fare il bravo presentatore, di leggere, con l’aiuto di Nino Ivaldi e di molta buona sorte, brani dalle Businà – e nel libro ce ne sono parecchie, ma anche detti e contraddetti di Oviglio, ombre forse incerte di una lingua che sta lentamente ma inesorabilmente scomparendo. Quindi, se questo librone è un omaggio al lungo tramonto di questa lingua così negletta e da me – e da Nino e dai Calagiubella – tanto amata e mai del tutto dimenticata, quella serata è stata un omaggio a chi ha avuto il coraggio di scrivere questo volume straordinario.

Ed è stata davvero una serata assai divertente, con molti applausi e molta partecipazione. Pensate che ad un certo punto si sono viste vere e proprie schermaglie filologiche sulla parola dialettale gaba, tra i musicisti della splendida band dei Calagiubella di Casal Cermelli e l’autore del libro, Nino Ivaldi, ovviamente. Il tutto sobillato dal vostro imbranato presentatore, cioè me stesso, davanti e con la complicità di un pubblico attento, anzi: attentissimo e sorridente. Incredibile quanto nel dialetto che si faceva parola ci fosse vita, vitalità e forza: che bello! Con Nino Ivaldi ci eravamo accordati poco o nulla: io leggo male e poi tu mi correggi e leggi bene – gli avevo detto – e questa era un po’ l’unica regola, perfettamente seguita, direi, oltre al fatto che avrebbe letto lui la poesia dedicata ad Oviglio che avrebbe chiuso la parte letteraria – che la parte musicale i Calagiubella l’hanno magistralmente chiusa con una trascinante versione della Canzone del Maggio, come mi avevano promesso. Il resto è stata pura improvvisazione.
Già: zitto zitto avevo fatto la scommessa con me stesso: di fare un omaggio al Dialet di Uiji, quello di mia mamma, ma anche, almeno un poco, a quello di Casal Cermelli, dove è nato mio padre. Un omaggio ad entrambi e alle radici che tutti noi dovrebbero accomunare: i nostri affetti, la nostra più intima realtà…che deriva dall’interagire con il luogo della nostra anima…Ma tutto questo senza alcuna seriosità…perchè la serata l’abbiamo strutturata con continui scambi fra le parole e la musica, ovvero fra i miei strafalcioni e gaffes da presentatore imbranato, la sorridente attenzione filologica di Nino Ivaldi – e la sua enciclopedica preparazione – nonché l’immensa simpatia – e bravura musicale – dei Calagiubella. Credo che la gente si sia divertita, almeno a giudicare dai sorrisi e dagli applausi…credo che la genuinità di quello che facevamo sia arrivata a tutti con una simpatia particolarmente coinvolgente. Io, tra una gaffe e l’altra, una pronuncia sbagliata e l’altra, un po’ di tremore e un po’ di timore, alla fine sentivo intorno a me il senso di gente che si è divertita, in questo strano recitar cantando, tra detti e stradinome parole desuete…e la gioia del dialet.
PS: un immenso grazie alla Pro Loco per l’organizzazione e l’ospitalità…e per i buonissimi Pen di Uiji che hanno offerto a me e ai musicisti… che li hanno apprezzati tantissimo. Grazie.