Tutto il sangue e il dolore delle donne, nello spettacolo “Sogni spezzati” con Annalisa Favetti e Paolo La Farina
Anche se non sto ancora del tutto bene, anche se c’era la nebbia e un freddo cane, e pure la strada interrotta per lavori, dal mio paese ad Acqui, ci sono andato lo stesso, a questo imperdibile appuntamento al Teatro Ariston di Acqui Terme. dove è andato in scena un qualcosa che potrei definire come tragico, evocativo, coinvolgente, emozionante…e commovente. Per l’intelligenza dei testi, per la scabra, caravaggesca scenografia, per la bravura si un’attrice straordinaria come Annalisa Favetti e la presenza, più discreta, ma fondamentale, di Paolo La Farina, eccellente Sparring Partner (Paolo mi perdonerà la citazione da Paolo Conte), in scena, ma anche ideatore e regista. E ancora una volta sentitamente ringrazio Patrizia Velardi, di Rete Teatri, che mi ha invitato (e caldamente) a questo evento, voluto dal Comune di Acqui Terme, come corollario della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.
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La piéce, dal titolo emblematico Sogni spezzati, mette in scena tanto odio: quello di uomini verso le donne. Donne picchiate, donne massacrate, torturate, imprigionate. Uccise con rabbia e senza pietà. Il sipario si apre su una scenografia molto buia e profondamente cupa, inquietante, fatta di infiniti fogli di giornale sparpagliati, poche fonti luminose, una piccola scrivania e una panchina ai lati estremi del grande palco, e una grande poltrona che vediamo di schiena.. in centro. E tutto inizia con lei, Annalisa Favetti, che legge – anzi declama, anzi interpreta con veemenza – una sorta di Manifesto dell’odio, testo che scorre sul telo dove viene proiettato…un inizio incredibilmente drammatico con Annalisa che si alza piano piano e termina con un gesto inequivocabile: una mano puntata su di noi, in platea…ad indicare chiaramente che l’odio serpeggia fra noi, che le uova del serpente possono essere deposte dovunque.
A seguire, l’orrore. Un drammatico, anzi tragico, avvicendamento di stralci di giornale, dove il commento di ciascuno di questi era agghiacciante ancor più per essere, sic et simpliciter, una notizia fra le altre, come tante. Più volte questa sequenza di orrori ci è stata riproposta, ovviamente sempre con titoli diversi, come un allucinante ripetersi del un tema di un tragico rondò. Ma poi, oltre al sangue e ai Sogni spezzati delle donne in quanto compagne di un uomo che credevano le amasse e invece le ha massacrate, c’è stato il dolore della donna in quanto madre. A cominciare dal compianto di Maria sul corpo del figlio nella pietà michelangiolesca…e allora come non commuoversi alle note strazianti ed arcane del Padre Nostro cantato da Annalisa in Aramaico (la lingua di Gesù), che rende meravigliosamente bene il senso del dolore incommensurabile di un figlio e di una madre nell’ora della morte…mi sono venute in mente prepotentemente le parole dello Stabat Mater di Jacopone da Todi: Stabat Mater dolorósa / iuxta crucem lacrimósa, / dum pendébat Fílius (La Madre addolorata stava / in lacrime presso la Croce / mentre pendeva il Figlio). Ma, ecco che, poco dopo, la voce profonda di Paolo si è come incrinata, nel farci vedere l’immagine di quella che ormai è definita dai media La pietà di Gaza. Una donna palestinese che abbraccia con assoluta e totale disperazione il figlio orto e avvolto in una sorta di sudario immacolato. Non avevo conoscenza di quell’immagine, e ammetto di non essere riuscito a trattenere una commozione davvero violenta. Quanto dolore, se non tutto il dolore dell’universo in quell’abbraccio disperato? A più di 2000 anni dalla morte di un innocente crocefisso senza colpe, quanto sarà ancora in sangue degli innocenti che verrà versato?
Ma i momenti tragicamente trascinanti non finivano mai…come quando, su due diversi leggii nel grande spazio scenico, lei leggeva, con la sua voce calda, drammatica e timbratissima, così musicale e affascinante, brani di morte violenta di donne assassinate, mentre lui alternava a queste le letture, partecipatissime e coinvolgenti, di brani di grandi cantautori italiani, come il Vasco di Sally, il Fossati di C’è tempo, e così via. Un canto e controcanto davvero originali…drammaticamente originali…o meglio, proprio per citare Fossati…il canto delle parole d’autore, il discanto del racconto della morte e del dolore. Come quando arriva la musica di Cuccurucucu Paloma (non fatevi fuorviare, Battiato l’aveva citata, ma con centra nulla), davvero bellissimi: Dicono che nel corso delle notti / non facesse altro che piangere / dicono che non mangiasse / che non facesse altro che bere. // Giurano che il cielo stesso / fosse sconvolto sentendo il suo pianto / Come soffrì per lei / e continuò ad invocarla / anche in punto di morte.
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Del resto, in questa rappresentazione teatrale, i momenti memorabili sono stati davvero tantissimi, mantenendo in noi, che attoniti assistevamo al racconto di un massacro senza fine, in una tesissima attenzione. Un momento assolutamente indimenticabile, e siamo più o meno alla fine della vicenda, è stato un duetto dove l’assassino, Paolo, seduto ad una scrivania come in un interrogatoria di Polizia, prima nega e poi è costretto a confessare, di aver assassinato sua moglie, madre dei suoi figli. Il tutto mentre lei, dal leggio, gli ricorda il suo barbaro assassinio: prima lui era andata a prelevarla nel locale dove era con alcune amiche, poi l’aveva portata su un cavalcavia e massacrata di botte, quindi buttata giù, dove il suo povero corpo, già cadavere, era stato investito da un TIR e fatto a pezzi. Peggio di un film horror, no? E invece il tutto perpetrato all’interno delle mura domestiche, dove chi dovrebbe volerci bene in realtà ci odia e infine ci uccide. Insomma, il tutto semplicemente indimenticabile…come dimenticare infatti, all’inizio, subito dopo la lettura del manifesto dell’odio, Annalisa che esce, al buio, e mentre le struggenti note di Oblivion di Astor Piazzolla, va a sedere alla piccola scrivania e inizia una allucinante sequenza di descrizioni di morte?
Potrei andare avanti a citare uno ad uno i vari momenti della rappresentazione. Mi fermo qui. Aggiungo che Annalisa Favetti mi ha confermato quanto ci tenesse a partecipare a questa piéce, sia per la grande importanza del tema trattato, che per la qualità molto elegante – nella sua tragicità – della messa in scena. E per esserci è volata su e giù da Roma. Beh, sono convinto che io, noi spettatori tutti, dobbiamo semplicemente ringraziarla per la sua straordinaria e indimenticabile performance.
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