Vuole lanciarsi nel vuoto: le parole di un Carabiniere lo tengono aggrappato alla vita, finché i colleghi lo afferrano e lo portano in salvo.
Quarto piano di un condominio. Un uomo scavalca la ringhiera del balcone del proprio appartamento. Minaccia il suicidio. I passanti intravedono la figura sospesa nel vuoto, velata dall’oscurità dalla sera. Di una fredda sera di dicembre. Prima di compiere l’insano gesto, però, chiama la moglie, una telefonata breve e drammatica, le dice di essere “sul davanzale”. Poi interrompe bruscamente la chiamata. La donna è sconvolta ma non esita: chiama il 112.
L’operatore della Centrale Operativa richiama immediatamente il marito sul numero fornito dalla moglie, riesce a stabilire un contatto, si fa spiegare cosa stia accadendo. Dall’altro capo del telefono c’è un uomo in difficoltà, vacilla, conferma di avere scavalcato la ringhiera del balcone e di essersi seduto sul cornicione, sospeso nel vuoto. Non spiega il motivo di quel gesto, dice di trovarsi da due ore in quella pericolosa posizione, di essere infreddolito e di non potere più rientrare in casa perché ha chiuso, una volta all’esterno, la finestra della veranda da cui è uscito. Il ragionamento è confuso e il Carabiniere operatore della Centrale comprende di potersi inserire nella crepa delle convinzioni dell’uomo, forse non più così sicuro di compiere quel passo senza ritorno. Parole, solo parole. Il Carabiniere non ha altro a disposizione. Non c’è contatto fisico né visivo, non sa che volto abbia quell’uomo disperato e l’uomo non sa chi sia quella “voce” che lo tiene ancora aggrappato alla vita.
Confida di avere scritto un biglietto per un ultimo saluto alla moglie e alle due figlie, alle quali è molto legato. L’operatore della Centrale gli chiede allora perché, se le ama così profondamente, voglia dare loro un così immenso dolore. Perché, invece, non continuare ad amarle, restando con loro. Ed ecco il ripensamento.
Nel frattempo, la pattuglia del NORM di Acqui Terme allertata dal collega è entrata nell’appartamento e ha raggiunto quell’uomo seduto sul cornicione al quarto piano di un condominio affondato nell’oscurità di una fredda sera di dicembre. Lui si volta a guardarli proprio nel momento in cui lo afferrano per le braccia. È ancora al telefono con il collega della Centrale, al quale dice di non essere più solo, di avere capito di stare commettendo un errore enorme e gravissimo. Arrivano anche i Vigili del Fuoco, avvisati dai Carabinieri, e un’ambulanza. L’uomo viene riportato all’interno dell’abitazione. È salvo.
Viene accompagnato in ospedale per gli accertamenti e le cure del caso, poi, finalmente rinfrancato, riabbraccia i suoi cari, le persone che ama, le stesse che, anche grazie alle parole del Carabiniere della Centrale Operativa, ha compreso di non potere lasciare.
Torna a casa e la storia, anche questa volta, ha avuto un lieto fine.
I Carabinieri tornano invece a bordo della Gazzella: “Centrale, qui 402. Riprendiamo normale servizio”. L’operatore trattiene per un attimo il respiro, prima di rispondere. Poi un sorriso spontaneo, che scarica la tensione e riporta al presente: “Grazie, 402. Buon lavoro”, dice, consapevole che quello appena fatto lo è stato davvero un buon lavoro. “A più tardi…”, al prossimo intervento. La notte è ancora lunga.
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