Un bel colpo di coda dell’anno pucciniano, nel Concerto, omaggio a Puccini, “Vissi d’arte” a Solero

Mi sono innamorato della musica di Puccini tantissimi anni fa: era il 1980, quando vidi balenare nelle vetrine di dischi (LP, che allora anche il CD non era ancora commercializzato) un cofanetto di due dischi, dalla magnifica copertina, con una avvenente Katia Ricciarelli, per l’occasione con parrucca bruna, dato che lei è bionda e Tosca di certo no. Allora ascoltavo pochissima lirica, la stavo scoprendo, soprattutto Verdi (Aida) e Mozart (Don Giovanni), ma, insomma, ero quel che si dice un neofita. Avrei capito più tardi che la voce della Ricciarelli era assai poco adatta a Tosca, che quella del suo amato Cavaradossi, nel disco Carreras, non era il massimo neppure quella…ma l’emozione del Te Deum, finale dell’atto primo, con la voce tonante e di un Ruggero Raimondi ispiratissimo, e la direzione di uno dei più grandi Direttori d’Orchestra del ‘900, Herbert Von Karajan, davvero incredibile per brillantezza e capacità di trascinare, erano (e sono) indimenticabili e valevano da soli il doppio LP.  Ancora oggi, quando organizzo sedute di ascolto con qualche amica o amico, quando voglio far ascoltare la grandeur pucciniana, metto questo pezzo. Così quando il mio amico don Mario, mi ha mandato la locandina del concerto, ho subito pensato che si trattasse di un bellissimo colpo di coda dell’anno pucciniano, infatti nel 2024 si sono celebrati in tutto il mondo i 100 anni dalla morte del Maestro. Venerdì sera, poi, si è proposto un concerto che ripercorreva buona parte delle sue Opere, con ben 4 soprani, tenore e baritono, un ottimo pianista ad accompagnare e non solo…e anche un bravo e appassionato presentatore.

Continua a leggere l'articolo dopo il banner

Un bravo presentatore che ha subito annunciato che, per una indisposizione improvvisa, la soprano Emanuela Cavazza non ci sarebbe stata, ma sarebbe stata sostituita da una grande cantante: Simona Zambruno. La serata è iniziata con una bella presentazione del Presidente degli Amici di Solero, il Prof. Gallia, che è dotato di ampia cultura musicale, e ha parlato del piacere di avere al pianoforte una persona che conosceva assai bene, il Maestro Claudio Barbetti. Ha detto, con vera emozione, che lo ammirerà prossimamente nel Concerto n. 5 Imperatore di Beethoven (in mi bemolle maggiore), e terminato dicendo di come un gruppo di ufficiali francesi, che avevano appena conquistato Vienna, andarono a omaggiare il grande compositore Haydn che veniva sepolto. Haydn era austriaco, loro francesi, ma si inchinarono non davanti ad un nemico, ma a un genio della musica di tutti i tempi. Un bellissimo modo di introdurre la serata. Che è proseguita altrettanto bene con la proposta di Claudio Barbetti, appunto, di un potpourri di musiche pucciniane al solo pianoforte. Io ero lì, in prima fila e me ne sono gustate tutte le note e le sfumature interpretative e la bellezza melodica e armonica di un Puccini in bianco e nero, perchè è così che vedo la grande musica orchestrale trascritta per piano solo (la definizione non è mia, eh, ma di un grande critico musicale). Un bellissimo bianco e nero, però, che meglio di così non si poteva introdurre il tutto.

E poi, a seguire svariate arie e qualche duetto pucciniano, da diverse Opere, il tutto sapientemente presentato, con accorata passione, da Epifanio Travaino, che ama Puccini senza se e senza ma. Ebbene, debbo confessarvi che per me non è così. Il Puccini minore, quello delle prime prove di Edgar e Le Villi, ma anche quello di un’Opera a mio avviso assai poco riuscita – aria Ch’ella mi creda libero e lontano, del tenore, a parte – ovvero La Fanciulla del West: semplicemente non mi piace, non mi dice nulla, non mi emoziona. Del resto, se sfogliate la discografia di queste opere, vi renderete conto che non sono certo l’unico a pensarla così: di Boheme o Tosca centinaia di registrazioni, di queste forse giusto un paio. Va bene, ora che mi sono inimicato i pucciniani DOC, lasciatemi esprimere una giudizio complessivo, con alcune note sui singoli brani, della serata di ieri. Dico subito che il livello complessivo della serata era davvero molto buono. Me lo dice un fatto: non ho mai guardato l’ora per tutto il tempo del concerto, non ho mai avuto, dunque, un momento di noia. Anche quando i brani non riscuotevano la mia totale predilezione musicale. Quando la riscuotevano, però, era davvero entusiasmante, e comunque tutto accettabile e assai valido. Partiamo dagli uomini, entrambi bravissimi. Purtroppo Puccini non ha scritto per Baritono (a parte lo Scarpia di Tosca, ovviamente) cose memorabili. Tuttavia il giovane Alessio Verna ha sfoggiato una voce ampia, potente e molto trascinante., nei suoi due brani, dalla Fanciulla del West e da Edgar. Ma a mio avviso si tratta di brani infinitamente lontani dalla straordinaria qualità musicale di una Boheme o anche di una Manon Lescaut.  Ascoltavo e mi dicevo che avrei voluto sentirne le qualità notevoli in qualche brano verdiano, che amava la corda baritonale e, per questa ha composto pagine incredibili.

E poi il tenore, Silvano Santagata, che ben conosco come cantante, e di cui ho scritto più volte su questa pagine. Ora, il tenore con Puccini vince facile, perchè alcuni dei brani (duetti o arie che siano) pucciniani, fanno parte dei brani più belli di tutto il Melodramma. Infatti il succitato Ch’ella mi creda libero e lontano, fa parte di quelli: breve ma indimenticabile. E poi il duetto con Mimì dal  primo atto dalla Boheme, con una brava Cristina Alessio, dalla voce non imponente, ma appunto perchè delicatamente lirica, adatta a Mimì, ragazzina dolce e fragilissima. Caratteristiche vocali che le hanno fatto bene interpretare la parte di Liù nella Turandot, altra giovane donna di dolce fragilità femminile. Ma poi Santagata ha chiuso lui la serata con un Nessun Dorma di ottima qualità, emozionante davvero.

Continua a leggere l'articolo dopo il banner

E ora parliamo delle altre tre soprano che ci hanno donato la loro arte. Un po’ in difficoltà, a mio avviso, Marie Louise Ciardo (sulla destra per chi guarda). Sarà perchè ha aperto lei con O mio babbino caro, dal Gianni Schicchi, brano celeberrimo, nel quale si sono cimentate tutte, ma proprio tutte le grandi soprano (a volte con esiti assai discutibili, come le ultimissime registrazioni della pur immensa Maria Callas), e la percepivo un po’ impacciata, fuori forma.  Direi che è andata meglio nel brano (che ha visto la presenza pur minimale, del tenore), dall’ Edgar, Già il mandorlo vicino. Nessuna difficoltà, invece, a dire che sono state molto brave le altre due signore. Michela Guassotti (ovviamente sulla sx di chi guarda), ha una bella voce lirica, dolce, morbida e ben timbrata, e la sa usare per interpretare assai bene quel che canta. Purtroppo come brano di esordio le affidano un pezzo da Le Villi, che, onestamente, trovo poco interessante. Se Puccini avesse composto solo quello e Edgar nessuno se lo ricorderebbe più. Invece la seconda parte l’ha vista interpretare il cosiddetto Valzer di Musetta, dalla Boheme. E se l’è cavata benissimo. Anche questo è celeberrimo, ma sia la vocalità pura e semplice che l’interpretazione mi sono piaciute molto: perchè questo è un brano molto recitato, nell’opera, e nel solo canto bisogna saper recitar cantando…e lei lo ha fatto egregiamente. Mi piacerebbe ascoltarla come interprete del Lied austro-tedesco, credo se la caverebbe molto bene.

Così come ha suonato egregiamente alcuni brani il pianista, Claudio Barbetti. Dall’intermezzo della Manon Lescaut a quello di Suor Angelica, sino al preludio al terzo atto di Tosca, con tanto di una brava ragazzina a fare il pastorello. Ci ha donato momenti, sì, come dicevo, en blanc et noir,  ma di splendida qualità musicale, estraendo dal pianoforte suoni e timbri spesso entusiasmanti. ma anche delicatissimi. Termino parlando della soprano che ha sostituito Emanuela Cavazza, la splendida Simona Zambruno. Che è semplicemente un soprano drammatico di ottima caratura. L’ideatore della serata bene ha fatto ad affidarle il brano profondamente drammatico di Suor Angelica, Senza mamma (il canto disperato di una mamma, chiusa in convento, che scopre che il proprio bambino è morto lontano da lei e senza il suo conforto), e poi il semplicemente fantastico Vissi d’arte, dalla Tosca. Ho di questo brano moltissimi ricordi, in memorabili serate d’Opera. In particolare, rammento una sera al festival Puccini di Torre del Lago. Era una rappresentazione che faceva acqua da tutte le parti. Pessima la regia, senza capo né coda. Il tenore, sostituto dell’ultim’ora del titolare, che aveva dato forfait, assolutamente non all’altezza della situazione. Ma c’era lei, Daniela Dessì (che purtroppo morì poco tempo dopo), che rese la serata indimenticabile…con un Vissi d’Arte, appunto, che bissò a furor di popolo, intenso e commovente. Ebbene, anche il Vissi d’Arte di Simona Zambruno è stato intenso e commovente, e interpretato, con gesti ed espressioni eloquenti, con grande impeto… e grande è stato il nostro coinvolgimento emotivo. Insomma, un concerto riuscitissimo, e se non sempre i brani presentati hanno coinciso con i miei personalissimi gusti, pazienza: era giusto, anzi sacrosanto, presentare un ventaglio di pezzi che spaziasse dal primo all’ultimo dei grandi melodrammi pucciniani. E sono stati molto belli anche gli inserti pianistici, che dalla prima fila mi sono goduto moltissimo. In conclusione, davvero una bellissima serata di grande musica.

Continua a leggere l'articolo dopo il banner