Ma esiste davvero il perdono? Ad “Aperture sull’Arte” di Casale M.to il libro di Fabiano Massimi

Si sta avvicinando a grandi passi il Giorno della Memoria, dove cerchiamo (non sempre ci riusciamo) di ricordare l’orrore dell’olocausto e i tanti, troppi orrori collaterali, che magari sono stati dimenticati: io, ad esempio, avrò, lunedì prossimo, l’onore di presentare, a Casal Cermelli, il commovente libro di Maura Maffei, Quel che abisso tace, dedicato appunto ad una tragedia molto, troppo dimenticata, che ha coinvolto tanti italiani innocenti, che furono catturati e deportati nella Gran Bretagna dopo la dichiarazione di guerra di Mussolini. E in un caso vennero imbarcati su una vecchia nave da crociera, l’Arandora Star, fintamente armata, senza scorta e senza sufficienti scialuppe. Poi è arrivato un U-Boat tedesco…e potete immaginare com’è finita…invece, venerdì scorso, in quel luogo di cultura a 360°, Aperture sull’Arte, di Johnny Zaffiro a Casale Monferrato, c’era uno scrittore di meritata fama, che ha scritto diversi romanzi, di successo, compresi due gialli Mondadori (di quelli in volumi non per le edicole, ma per le librerie), Fabiano Massimi. Ma non presentava uno dei suoi romanzi più recenti, bensì un libro molto affascinante, e naturalmente che narra una vicenda storica (in forma romanzato) legata appunto all’olocausto, o meglio ad una delle infinite vicende che di quell’immensa tragedia furono corollario: Se esiste un perdono (Longanesi, 2023).

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Innanzi tutto occorre dire che la conduzione di Wanda Gallo è sempre notevole e stimolante. Lei sa unire la sua naturale empatia, sorridente e cordiale, con considerazioni e domande assai acute e intelligenti. Senza mai dare adito a nessuna forma di protervia o supponenza, sa mettere il suo interlocutore a suo agio perfetto e conviviale, e naturalmente anche gli interessati astanti, che sempre grati, ringraziano e applaudono. Lei, che normalmente non ama incensare gli scrittori che presenta, ha detto di questo autore: Massimi davvero super, come scrittore, comunicatore, persona. Mica male, no? Del resto, per poter affermare che sia un libro che vale di certo la pena di leggere, basta leggere il plot, assolutamente intrigante e stimolante:  La chiamano la Bambina del Sale, perché tutte le sere, quando il buio allaga la città, puoi incontrarla all’imbocco di un vicolo che vende ai passanti sacchetti in tela azzurra con dentro una manciata di sale, introvabile da tempo. Nessuno a Praga conosce il suo nome. Nessuno sa come si procura quella preziosa merce.

La Bambina compare dopo il tramonto e scompare prima dell’alba, senza dare confidenza a chi incontra. Una moneta, un sacchetto. Tutto qui. È il 1938. Il furore nazista incombe sulla Cecoslovacchia e Hitler è alle soglie della città. La paura dilaga, soprattutto fra gli ebrei del Ghetto. Non c’è tempo, bisogna fuggire. Bisogna salvare i più deboli, come i bambini senza famiglia, come la Bambina del Sale. Un’impresa impossibile. Eppure c’è un uomo che ci crede, un inglese di origini ebraiche, Nicholas Winton, che tenta il miracolo: allestire treni diretti nel Regno Unito per mettere in salvo quanti più bambini possibile. Tra mille ostacoli logistici e politici, e con l’aiuto della giovane Petra che lo guida in una città a lui sconosciuta e colma di fascino, Winton sta per riuscire nel suo eroico intento. Ma la Bambina del Sale sembra non voglia farsi salvare. Perché quello sguardo sfuggente? Quale segreto nasconde? In questo romanzo, che racconta la vicenda vera e dimenticata di sir Nicholas Winton, tornata alla luce grazie a un commovente video della BBC dove l’uomo ottantenne incontra a sorpresa i “suoi” bambini ormai adulti, Fabiano Massimi ci accompagna in un viaggio fra storia e finzione, rischiarando una delle pagine più oscure del nostro passato con la luce della speranza.

 

Io poi sono stato anche molto fortunato, perchè oltre a Wanda Gallo a presentare, c’era quella sera a Casale la mia amica Silvia Oppezzo, poetessa di vaglia, ma anche insegnante…e anche mamma, che si è sentita, quindi, estremamente coinvolta, e ha espresso a me, gentilmente, le sue impressioni: Guarda, se l’incontro di stasera fosse stato un libro, commenterei che mi ha tenuto incollata alle pagine! Non conoscevo questa storia, o meglio queste storie, e non vedo l’ora di leggerle. Mi sono incuriosita e immedesima dall’inizio alla fine e, da mamma di due figli relativamente piccoli (8 e 5 anni), mi sono venute le lacrime all’idea di separarsi dai propri bambini, forse per sempre, e lasciarli partire verso l’ignoto!  E Questo è ciò che ho scritto via mail all’autore appena tornata a casa. Ma allora hai poi acquistato il libro, lo leggerai? Si. L’ho acquistato e non vedo l’ora di leggerlo! E l’ho appena pubblicizzato nella scuola di mia figlia (Primaria di san Giorgio) dove, proprio stamattina (24 gennaio) è stata conferita la cittadinanza onoraria a Giuseppina Gusmano e Felice Pretti, eroi di una storia “locale” che mi ha ricordato quella di Winton: anche loro, infatti, hanno salvato dei bambini fuggiti in treno dall’orfanotrofio ebraico di Torino, ospitati per un po’ dalla comunità ebraica di Casale e poi nella villa di questi coniugi, in salita Sant’Anna. Del resto, quella di Winton è una bellissima storia eroica, di grande umanità, ma poco conosciuta. Ci ha narrato l’autore di averla scoperta per caso all’inizio del lockdown 2020, quando è rimasto recluso nella sua casa di montagna e attento di non trasmettere ai figli la paura per ciò che stava succedendo. Questa storia, ci ha detto, è stata per lui una ventata d’aria fresca, quindi ha immediatamente voluto raccontarla.

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Lo scrittore con Silvia Oppezzo, sula destra di chi guarda

Ci ha anche spiegato, infatti – continua Silvia – che sceglie le storie in base alla regola di sua mamma, che recita: “le storie, per quanto drammatiche, devono finire bene”. Questa rispetta il requisito non perché ha un finale positivo, ma anche perché è narrata con toni leggeri, anche con note fantasiose e ironiche, pur senza mancare di rispetto alla drammaticità della situazione. Questo libro, in realtà, non è solo la storia di Winston, che si è trovato per caso a salvare bambini, ma un insieme di tante storie intrecciate insieme. C’è quella di Petra, che si trova a collaborare con lui semplicemente perché vuole vendicarsi contro i tedeschi che le hanno ucciso il marito con cui era sposata da poco e le hanno fatto perdere il bambino di cui era incinta. O quello della bambina del sale, protagonista di una leggenda che circolava a Praga (una bambina che va in giro per la città con sacchetti di sale, non si lascia incontrare facilmente, ma a chi la incontra regala uno di questi preziosissimi sacchetti), che tutti i personaggi via via incontrano. Il messaggio importante che il libro vuole veicolare è che oggi forse più facile giudicare, capire dove stanno il bene o il male; ma quei personaggi, quando erano coinvolti nei fatti, non sapevano qual era la cosa giusta da fare, la parte giusta da cui stare. I genitori che caricavano i figli sui treni erano giudicati dei pazzi: “figuriamoci se i soldati arriveranno a sparare i bambini!” Invece sono stati loro i veri eroi perché, rischiando il salto nel vuoto e rinunciando ai loro bambini, hanno permesso loro di salvarli. Beh, che altro aggiungere alle parole appassionate e coinvolgenti di Silvia?  Posso solo ringraziarla e pubblicare con convinzione la sua intervista, le cui conclusioni non posso non condividere. Come non posso non condividere il desiderio di leggere questo libro, così stimolante. Per vedere se esiste davvero un perdono.

Ringrazio davvero di tutto cuore sia Wanda Gallo, che mi ha fornito le due foto inserite in questo articolo, sia la Poetessa Silvia Oppezzo, per la sua straordinaria collaborazione alla stesura dello stesso.

 

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