Covid e commercio. La storia impossibile
In attesa delle prossime disposizioni del governo in materia sanitaria, noi della redazione di alessandria24.com, siamo andati a tastare il polso ai commercianti della nostra città, attanagliati come tutti dalla pandemia. Abbiamo chiesto quale effetto e quale impatto abbia avuto il Covid19 sulla loro attività. Abbiamo ascoltato titolari di diverse categorie merceologiche che sono state trattate e colpite in maniera differente dalle restrizioni degli scorsi DPCM. Le differenze sono molteplici.
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“Siamo stati 5 mesi ad incasso zero, gli aiuti sono arrivati ma ci ho pagato a malapena le spese di affitto. E il resto?” dice Giorgio Zambruno del bar l’Idea di Via della Vittoria. “Noi non abbiamo aperto per asporto non per protesta, ma perché i costi per tenere aperto superano i ricavi. Non aveva senso. Senza contare che, anche ora che siamo aperti fino alle 18 e possiamo fare i pranzi, i clienti sono almeno dimezzati, perché i più sono a casa e lavorano in smart working e non vengono né da noi, né da altre parti per la pausa pranzo. In aggiunta con i recenti DPCM del periodo di Natale si é generata una confusione tale nelle persone che nessuno sapeva più cosa si potesse e cosa non si potesse fare in un determinato giorno.”
“Una grossa confusione la diversa colorazione delle zone” anche per Davide Grassano della Profumeria Piera di Via Dante. “Parlando nello specifico della mia attività, vendendo prodotti sanitari di igiene per la persona e similari, noi siamo stati aperti in questo secondo lockdown moderato, quindi ci reputiamo tra i fortunati, ma la perdita si attesta costantemente su un 10-15% su tutti i mesi appena trascorsi nonostante le vendite Natalizie. I ristori sono arrivati solo per i mesi di marzo e aprile 2020 e con cui a stento ci abbiamo pagato l’affitto.”
Una voce fuori dal coro, arriva però da Massimo Licata, della Bottega dei Ma di Via Dante, negozio di prodotti ortofrutticoli ed eccellenze dolciarie e vitivinicole piemontesi “Io devo dire che nella sfortuna del Covid che ha purtroppo colpito tante persone e tanti esercizi, io sono stato abbastanza fortunato perché vendendo prodotti alimentari siamo sempre stati aperti, rispettando le normative. Abbiamo lavorato parecchio, abbiamo incrementato le vendite senza ombra di dubbio, abbiamo incrementato anche le consegne a domicilio, specialmente durante il lockdown di marzo e aprile, con alcuni clienti molto spaventati e non solo persone anziane. A certe persone consegniamo a domicilio tuttora. Ripeto, io sono stato fortunato”
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Di diverso parere ovviamente, appartenendo ad una diversa categoria merceologica, Antonio D’Onofrio di Trimmer’s, negozio di abbigliamento uomo in Via san Lorenzo. “Partendo dal primo lockdown è stato un anno pesante da assorbire. Da marzo a maggio e poi a novembre siamo stati chiusi quattro mesi, quindi le perdite sono state notevoli: nell’ordine del 40% rispetto al 2019. I ristori promessi sono arrivati, però sono briciole. Non sono bastati a coprire le perdite che ci sono state. Ci ha solo permesso di poter andare avanti coprendo un minimo di spese. Alla riapertura a maggio, abbiamo lavorato, la gente chiusa in casa per più di due mesi aveva voglia di uscire ed anche di avere qualche capo di abbigliamento nuovo. Abbiamo lavorato anche a dicembre, dopo la seconda chiusura, per gli acquisti natalizi. E’ crollato nuovamente adesso a gennaio nonostante la partenza dei saldi. La gente, è confusa. Con queste colorazioni che ci ha dato il governo non si capisce cosa si possa fare e cosa no. Resta comunque il fatto che i quattro mesi di chiusura e di mancati incassi, non li recuperi più.”
Di parere simile anche Mariarosa Armano di La Coccinella, abbigliamento per bambini e neonati. “Le vendite sono calate notevolmente, non riesco ancora a quantificare la percentuale, ma è indubbio il forte calo. Anche a novembre, quando noi potevamo essere aperti poche persone in giro. Io col negozio aperto, ma la zona rossa e la gente a casa. Anche noi, per Natale abbiamo lavorato abbastanza bene però quello che hai perso nei mesi primaverili non lo recuperi più. A noi quello che è mancato tanto sono state le cerimonie. Comunioni, cresime e battesimi che si svolgono solitamente in primavera, quest’anno si sono persi. E’ stata una perdita notevole. Abbiamo preso i ristori, ma mi sono pagata giusto l’affitto e basta. Come tutti i colleghi commercianti credo. Alcune aziende fornitrici per fortuna ci hanno spostato o dilazionato i pagamenti, ma sono comunque da pagare altrimenti entri in un circolo senza uscita.”
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Come conclusione non potevamo non interpellare Vittorio Ferrari nella sua veste di Presidente ASCOM e domandargli il suo punto di vista.
“Vi è enorme preoccupazione per quelle categorie di esercizi commerciali nostri associati che non hanno potuto lavorare in tutto o in parte, in quest’anno caratterizzato dalla pandemia. Il paesaggio è molto frastagliato perché ci sono delle attività che hanno continuato a lavorare in quanto considerate essenziali, altre che hanno potuto farlo solo in determinati periodi come la mia, come i negozi di abbigliamento. Altre attività sono chiuse dall’inizio della pandemia. Penso alle cerimonie, a buona parte dei locali notturni e discoteche che sono ferme da mesi. La situazione è preoccupante per non dire critica anche perché non abbiamo davanti nessun tipo di certezza sulla possibilità di aprire, su quando lo potremo fare e questo, nonostante tutta una serie di predisposizioni che nel tempo sono state emanate e puntualmente rispettate dai nostri esercizi. Si fatica a comprendere le ragioni per le quali queste attività non abbiano la possibilità di apertura. Non si capisce come il contagio possa avvenire in punti vendita che si sono messi in regola rispettando le normative e spendendo soldi, ma che ora sono puntualmente chiusi. Altra preoccupazione è data dall’insufficienza economica dei ristori ricevuti per la quasi totalità delle categorie merceologiche che ripianano una parte minima dei mancati incassi. Noi come Associazione Commercianti siamo sempre stati al fianco e abbiamo sempre seguito le proteste pacifiche e regolamentate di tutte le categorie che noi rappresentiamo anche perché alcune attività hanno preso come ristori il 60% del solo mese di aprile, a fronte di mancati introiti per ulteriori tre mesi. Abbiamo cercato di fare il massimo per aiutare ed essere a fianco di ciascuna singola attività districandoci tra i mille cavilli normativi che sono usciti nel corso dei mesi passati e che usciranno nel prossimo. Di questo devo ringraziare la nostra direttrice e tutto il personale.”
Riprendendo le parole di Vittorio Ferrari, vedremo, matite colorate alla mano, di che colore sarà la nostra amata regione Piemonte nel DPCM atteso nelle prossime ore, in cui capiremo (forse) cosa poter fare e cosa no!
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