Disturbi dell’alimentazione, in Piemonte un piano per contrastarli e prevenirli
TORINO – «Bisogna intervenire e farlo al più presto, con tutte le misure necessarie». È determinata l’assessore regionale al Welfare, Chiara Caucino che, dopo aver preso atto di numeri sempre più preoccupanti, ha deciso di «dichiarare guerra» ai disturbi del comportamento alimentare, vere e proprie malattie che, se non riconosciute e trattate in tempo, possono portare anche, nei casi più estremi, a esiti drammatici. In Piemonte esiste un centro di eccellenza per la terapia di queste patologie presso l’ospedale di Lanzo. Non una struttura prettamente sanitaria, ma socio sanitaria in cui, oltre alle cure del caso, le esperienze di chi è riuscito a uscire dal tunnel aiutano chi sta ancora combattendo contro l’ossessione per il cibo: sia che porti alla sua privazione (anoressia) che all’eccesso incontrollato (bulimia). Nell’ambito dei disturbi del comportamento alimentare rientrano le patologie che riguardano il rapporto tra gli individui e il cibo, come l’anoressia nervosa e la bulimia nervosa e i disturbi da alimentazione incontrollata.
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Sono malattie complesse che portano, chi ne è affetto, a vivere con l’ossessione del cibo, del peso e dell’immagine corporea. I chili, tuttavia, non sono marcatori clinici obbligatori di disturbi del comportamento alimentare, perché anche persone di peso corporeo normale possono essere affette dalla patologia.
Si tratta di problemi che possono compromettere seriamente la salute di tutti gli organi e apparati del corpo (cardiovascolare, gastrointestinale, endocrino, ematologico, scheletrico, sistema nervoso centrale, dermatologico, ecc.) e portare, nei casi più estremi, anche alla morte. Colpiscono con più frequenza le giovani donne e tendono a essere molto mutevoli, anche nello stesso individuo. L’età di esordio si è abbassata e non è raro ormai trovare forme di disturbi del comportamento alimentare anche tra bambini e pre-adolescenti.
I numeri sono importanti e, soprattutto, il trend è in crescita: in Piemonte, ad oggi, sono diagnosticati 1500 casi di anoressia e 5mila di bulimia. E ogni anno, vengono diagnosticati 260 nuovi casi di anoressia e 450 di bulimia. Il tutto senza contare il cosiddetto «sommerso». Già, perché queste sono malattie subdole, che confondono, si nascondono, colpiscono soprattutto i più fragili, come bambini e adolescenti (ma non solo, il fenomeno interessa, purtroppo, anche gli adulti) e troppo spesso non vengono diagnosticate in tempo.
«Bisogna agire subito – ha aggiunto Caucino – che ha partecipato, a Biella, a un’importante iniziativa di sensibilizzazione e informazione organizzata dall’Associazione «In punta di cuore – Ho già messo in campo misure per favorire sostegno psicologico, investendo concretamente con 520mila euro. Nei prossimi mesi partirà, poi, un progetto di sostegno alla genitorialità, dal momento che papà e mamma troppo spesso non si rendono conto di quanto stia accadendo al proprio figlio o alla propria figlia. Ho in cantiere, poi, l’istituzione di un corso di formazione regionale per genitori piemontesi, in grado di offrire modelli educativi atti a contrastare l’aumento di queste diagnosi».
E così, i disturbi del comportamento alimentare (in sigla, DCA) sono diventati negli ultimi anni una delle patologie più diffuse. Già dalla pre-adolescenza (11-13 anni), infatti, sono visibili i primi segni che potrebbero sfociare nella malattia: insoddisfazione per il proprio corpo, attenzione all’alimentazione, repentina perdita o aumento di peso, atteggiamento di chiusura, perdita di interesse e allontanamento delle amicizie.
«Per curare queste patologie – spiega Caucino – così come previsto dal ministero della Salute, occorrono modelli di intervento multidisciplinari integrati che prevedono psicoterapie individuali, psicoterapie di gruppo, presa in carico della famiglia, trattamenti farmacologici, visite nutrizionali, attività dietistica e riabilitazione nutrizionale attraverso day hospital e ricoveri residenziali e non».
Anche perché l’età di insorgenza dei disturbi si sta abbassando; possiamo vedere già bambini di 8-9 anni soffrire di anoressia; non mancano però insorgenze in età adulta, soprattutto nel caso del disturbo da alimentazione incontrollata. Problemi più frequenti nella popolazione femminile, che però non risparmiano certamente i maschi. In Italia l’incidenza dell’anoressia nervosa è di almeno 8-9 nuovi casi per 100mila persone in un anno tra le donne, mentre per gli uomini è compresa fra 0,02 e 1,4 nuovi casi.
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Per quanto riguarda la bulimia nervosa ogni anno si registrano 12 nuovi casi per 100mila persone tra le donne e circa 0,8 nuovi casi per 100mila persone tra gli uomini. Nell’anoressia nervosa, il tasso di remissione è del 20-30% dopo 2-4 anni dall’esordio, 70-80% dopo 8 o più anni. Nel 10-20% dei casi si sviluppa una condizione cronica che persiste per l’intera vita. A preoccupare – come detto – le fasce d’età più a rischio: si calcola che soffrano di disturbi dell’alimentazione circa 10 adolescenti su 100.
Tra questi, uno o due presentano forme più gravi come l’anoressia e la bulimia mentre gli altri soffrono di manifestazioni più lievi. La fascia compresa tra i 15 e i 19 anni è tradizionalmente quella più a rischio, ma negli ultimi anni l’età in cui compaiono i primi disturbi si sta abbassando. Sono sempre più numerosi casi di bambini che soffrono di anoressia o bulimia già intorno agli 8-9 anni, ma anche diagnosi che riguardano gli adulti over 40.
E a peggiorare questa situazione ha contribuito anche la pandemia da Covid19, che ha portato con sé gravi effetti sui minori: basti pensare che sono stati rilevati significativi aumenti di episodi di autolesionismo e di tentativi di suicidio. E in alcuni dei più importanti nosocomi pediatrici i posti letto totalmente occupati, insieme agli accessi al pronto soccorso, nel 90% dei casi sono rappresentati da tentativi di togliersi la vita per giovani tra i 12 e i 18 anni. Accanto ai fenomeni descritti, si rilevano l’aggressività e la violenza, nonché i disturbi alimentari, aumentati del 30%.
Durante il lockdown si sono incrementati i casi di esordio della malattia; i disturbi iniziano in ragazzini sempre più piccoli, anche di 11 anni. Visto che i DCA hanno origini traumatiche, la situazione legata alla pandemia costituisce un innesco: mancanza di amici, situazione angosciante, tensioni famigliari, privazioni. In aumento le richieste di ricoveri per minori di 14 anni. Da marzo 2020 quadruplicate le chiamate al numero verde Sos disturbi alimentari.
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«Compito della politica e della Regione – conclude Caucino – è informare e formare le famiglie e, di conseguenza, i pazienti sui rischi di queste patologie, mettendo in campo tutte le risorse possibili per frenare questo fenomeno che è stato clamorosamente acuito dai lock down imposti per contrastare la pandemia. Perché oltre a tutto quanto detto la vera cura passa soprattutto dalla restituzione delle socialità ai nostri figli, consentire loro di poter nuovamente andare in piazza, giocare con gli amici, confrontarsi, crescere con gli altri. E per questo mi batterò con tutte le mie forze».