Pasqua: la colomba batte l’uovo ma vincono i dolci della tradizione

ALESSANDRIA – La colomba batte le uova di cioccolato e si classifica il dolce preferito delle feste in cui si evidenzia che è presente nel 64% delle tavole con 3 punti percentuali in più rispetto all’uovo di cioccolata anche se, in una famiglia su tre (31%), costretti tra le mura domestiche dal lockdown per l’emergenza Covid, si preparano in casa i dolci tipici della Pasqua nel rispetto delle tradizioni locali.

Continua a leggere l'articolo dopo il banner

Senza la possibilità di fare shopping, i ristoranti chiusi e con la Pasqua blindata, gli italiani hanno preso d’assalto supermercati, negozi alimentari e mercati degli agricoltori di Campagna Amica dove si stima un aumento della spesa in media del 15%, rispetto alla media.

Il dato emerge dall’analisi della Coldiretti per il lockdown di Pasqua: ad essere maggiormente richiesti sugli scaffali sono i prodotti di base della dieta mediterranea come frutta e verdura ma anche dolci, pasta, riso, farina, zucchero, carne, salumi, formaggi e vino secondo il monitoraggio della Coldiretti.

Anche la carne di agnello è il prodotto più gettonato per quattro italiani su 10 (41%) che la porteranno a tavola a Pasqua per rispettare le tradizioni e sostenere così anche la sopravvivenza dei pastori duramente colpiti dalla crisi provocata dall’emergenza Covid.

L’aumento della spesa familiare per le feste è dunque rafforzato dalla prospettiva di chiusura per servizio al tavolo e al bancone fino al 30 aprile di bar, ristoranti, pizzerie ed agriturismi – hanno affermato il Presidente e il Direttore Coldiretti Alessandria Mauro Bianco e Roberto Rampazzo -. Una decisione pesante dopo il lockdown di Pasqua che rappresenta un momento importante per ristoranti e per gli agriturismi, particolarmente apprezzati dalle famiglie nei weekend di primavera”.

L’aumento della spesa alimentare delle famiglie, infatti, non compensa  la pesante perdita subita dalle aperture a singhiozzo della ristorazione e dal crollo del turismo che hanno causato nel solo 2020 una perdita complessiva di fatturato di 11,5 miliardi per le mancate vendite di cibo e bevande.