6 novembre 1994. Sono passati 25 anni da quella tragica alluvione
6 novembre 1994. Sono passati ventiquattro anni da quella tragica domenica, quando il Tanaro ad Alessandria tracimò disastrosamente, lasciando dietro di sé una lunga scia di vittime e danni. Eppure, tutte le volte che inizia a piovere con una certa consistenza per qualche ora di fila, ad ogni alessandrino è sufficiente percorrere il ponte che collega la città a via Giordano Bruno e porta verso San Michele per osservare come il fiume Tanaro sia ancora lì, pronto a ingrossarsi a vista d’occhio e ad assumere subito tonalità scure e inquietanti.
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Gli appuntamenti per ricordare questo triste giorno
Tanti gli appuntamenti in programma anche quest’anno per commemorare quel triste giorno. Oggi alle 10.00 in Cattedrale il vescovo, Mons. Guido Gallese, presiederà una Santa Messa in suffragio delle vittime. Al termine, alle 11.45, presso il Parco Carrà, in viale Milite Ignoto, verrà deposta una corona d’alloro al Monumento alle Vittime dell’Alluvione. Lo stesso gesto si terrà anche alle 12.15 presso la targa in memoria delle Vittime dell’Alluvione che si trova dalla Chiesa Parrocchiale di San Michele in via Remotti 43.
Questa sera alle 19 nella sede di Cultura e Sviluppo saranno proiettati due video e verrà ufficializzato un concorso internazionale rivolto per la produzione di elaborati creativi su «D’Acque, d’Immagini e di Suoni di Vita… La Città e i suoi Fiumi tra memorie e visioni».
Il racconto di quel giorno
Ogni alessandrino ha ancora negli occhi il ricordo di quei giorni. È una sabato autunnale umido e piovoso di inizio novembre come quasi tutti gli altri in Alessandria. Al sabato mattina il cielo era più aperto e in alcuni punti si intravvedeva l’azzurro, ma le previsioni che si sentivano in televisione parlavano chiaro: “Su Piemonte, Liguria e Lombardia piogge forti ed estese, localmente a carattere eccezionale su cuneese e alessandrino”. Ma a quanto sentivano gli alessandrini non volevano crederci. Invece dalla tarda mattinata ricominciò a piovere. Tutti i telegiornali raccontavano delle devastazioni in alta Val Tanaro, si parlava di un numero imprecisato di vittime, mentre l’onda di piena procedeva verso valle, allagando la parte bassa della città di Alba. Ad Alessandria, il Tanaro, ormai faceva paura, superava i limiti di guardia ed allagava fuori città ampie zone di campagna.
Il sabato pomeriggio trascorse sotto una pioggia continua e fitta e diversi rovesci. Nonostante tutte le notizie che giungevano in città, lo stato d’animo era quello di una relativa tranquillità: il Tanaro in Alessandria scorre fra argini molto alti e in un letto parecchio ampio, poi a memoria non ci si ricordava di eventi di quella portata: di piene del Tanaro ne erano passate tante e non era mai successo niente di particolarmente grave. A contribuire a questa tranquillità si inserisce anche il fatto che quel sabato pomeriggio in municipio e prefettura arrivarono vari fax d’allerta prima, e d’allarme poi, su quel che stava per accadere; purtroppo, essendo un sabato pomeriggio, gli uffici erano chiusi e i fax vennero letti soltanto il lunedì successivo. Alla domenica mattina la pioggia era ancora battente, il fronte freddo si stava avvicinando alle Alpi occidentali, causando un’ultima accentuazione della pioggia. Le precipitazioni del giorno precedente e della nottata, avevano causato l’esondazione della Bormida, senza che l’acqua arrivasse ad interessare zone abitate.
Il Tanaro, invece, alle 6 del mattino il fiume aveva già allagato Asti, alluvionando oltre la stazione ferroviaria, Piazza Alfieri e Piazza del Palio, tutta la parte bassa della città, causando alcune vittime. Quella mattina Alessandria cominciava a realizzare quel che stava per accadere: l’acqua del Tanaro lambiva il punto più alto delle arcate del ponte Cittadella. Poco prima di mezzogiorno l’acqua cominciò ad interessare i quartieri vicini al fiume, come la zona piscine ed il quartiere Orti, con 20-30 centimetri di acqua torbida e melma che aveva in-vaso vie, piazze e piani terra delle abitazioni. Nel cielo volavano gli elicotteri che portavano in salvo le molte persone che nelle campagne a ovest di Alessandria si erano rifugiate sui tetti. Il peggio doveva ancora venire. Le strette arcate del ponte della ferrovia erano completamente ostruite da detriti di ogni genere, trasportati dalla corrente molto violenta. L’acqua non riusciva più a defluire regolarmente a valle. A monte di esso si venne a creare un vero e proprio lago ampio vari chilometri in costante crescita. Intorno alle 15 la massicciata della ferrovia, che fino a quel momento aveva funzionato da argine, non resse più alla pressione crescente, e collassò contemporaneamente in vari punti in località Astuti, sommergendola completamente. In seguito a ciò, si creò un’onda di 3-4 metri d’altezza che, dopo aver travolto la frazione di San Michele, si abbatteva sul quartiere Orti, il più basso di Alessandria, arrivando in alcuni punti ad interessare gli edifici fin quasi al secondo piano, e, allargandosi, a raggiungere l’intero centro storico di Alessandria. Nel frattempo aveva smesso di piovere.
Alessandria era allagata per due terzi ma, soprattutto, quattordici persone travolte ed uccise dalla piena e migliaia di cittadini che avrebbero potuto trovarsi da un momento all’altro senza casa, senza attività, senza auto. Al termine della liturgia funebre celebrata in Cattedrale, il parroco mons. Mario Gonella prese la parola con una frase rimasta nella mente di ogni alessandrino: “la Liturgia termina qui per l’impraticabilità del cimitero“.
Il dopo-alluvione fu l’occasione per avviare le innumerevoli gare di solidarietà, come i tanti volontari arrivati da ogni parte di Italia e gli autobus targati Ferrara, messi a disposizione dalla città emiliana e utilizzati nei mesi successivi.