“Le Onde” di Ludovico Einaudi: lo stato liquido e mutevole dell’esistenza.
1931: esce uno dei libri narrativi (faccio fatica molta fatica a definirlo “romanzo”) più originali, complessi, ardui, del ‘900: “Le Onde” di Virginia Woolf. Sono 6 soliloqui che ci parlano del senso dell’esistenza. Una narrativa per nulla semplice, anzi. Con una forte presenza “musicale”, che quasi quasi ti viene voglia di provare ad “ascoltare la scrittura“?
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La grande scrittrice Marguerite Yourcenar, nel 1937 definisce “Le Onde” con un racconto musicale, dove ciascun personaggio è uno strumento. dove l'”Allegro” dell’infanzia si stempera nell'”Andante” della maturità e nel “Lento” della vecchiaia.
Passano molti anni. Siamo nel 1996. Ludovico Einaudi, torinese e nipote di un Presidente della Repubblica, Luigi, ma anche figlio di uno straordinario Editore, Giulio, sino a quel momento compositore contemporaneo sconosciuto ai più, di quelli che si definiscono “di nicchia”, decide di mettere in musica, con l’ausilio di un pianoforte e basta, le sue impressioni su questo testo così particolare. Ne viene fuori un ciclo di ballate per pianoforte, ispirato appunto al libro di Virginia Woolf: tredici composizioni dal fascino sottile e dal tono meditativo.
Ludovico ha all’epoca 41 anni, e questo disco per solo pianoforte segnerà una svolta decisiva alla sua carriera. In quanto all’ispirazione letteraria, Einaudi racconta che il libro di Virginia Woolf lo affascinava “perché ha dei momenti che raccontano la veduta di un paesaggio marino dall’inizio della giornata con il sole del mattino e poi ogni volta, ritornando, con una luce diversa. C’è un’evoluzione del tempo, del giorno, e il romanzo finisce con questa stessa visione nel buio della notte. Mi piacciono i romanzi che mi fanno pensare, che mi lasciano qualche cosa dentro che in qualche modo sedimenta, qualche cosa di creativo”.
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“Se questo disco fosse una storia”, scrive ancora Einaudi nelle note di copertina, “si svolgerebbe sul lungomare di una lunga spiaggia. Una spiaggia senza inizio e senza fine. La storia di un uomo che cammina lungo questa riva e forse non incontra mai nessuno. Il suo sguardo si sofferma ogni tanto ad osservare qualche oggetto o frammento portato dal mare, le impronte di un granchio, un gabbiano solitario. Il paesaggio è sempre la sabbia, il cielo, qualche nuvola il mare. Cambiano solo le onde, sempre uguali e sempre diverse, più piccole, più grandi, più corte, più lunghe”.
E allora, ecco: nei 60 minuti del disco Ludovico Einaudi prova ad evocare, mediante la sua visione musicale, a mio avviso assai affascinante e coinvolgente, le emozioni e le vicende narrate dal libro. Si inizia con una breve “Canzone popolare” che prende spunto da un brano di danza del 600, e sembra quasi essere l’apertura di un sipario dove Ludovico dice a noi ascoltatori: “ecco, ora vi porto in un luogo metafisico, vi mostro lo stato liquido e mutevole dell’esistenza“.
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Segue il brano che dà il titolo all’album. E sembra svilupparsi attraverso un ostinato ma cangiante arpeggio, come onde appunto che vivono e muoiono e riprendono vita, mosse da un moto perpetuo e nel contempo sempre mutevole.
In “La linea scura” il pianista pare tradurre in musica quel che si prova ad osservare la linea descritta da Virginia Woolf, che separa il mare dal cielo poco prima dell’alba. La musica, in altri momenti, evoca il tono riflessivo e la semplicità incantata di Erik Satie.
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Ma è davvero musica non facilmente definibile…se vogliamo chiamarla “minimalismo“, facciamolo: il Telegraph invece definirà Einaudi come l’inventore di un nuovo genere: “l’atmospherica“. Ma, comunque vogliate chiamarla, si tratta di musica di straordinaria suggestione, avvolgente e delicatissima….
Nel 1996 nessuno si aspettava che una musica tanto raffinata e delicata potesse fare breccia presso il grande pubblico. Non ci credevano nemmeno i negozianti: in un primo momento erano state prenotate solamente 38 (trentotto!) copie dell’album. Che ebbe invece un enorme successo internazionale e consacrò Einaudi come uno dei musicisti più originali e nel contempo popolari della cosiddetta musica “colta”.
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Se volete conoscere questo splendido disco, cosa che caldamente vi consiglio, potete provare ad ascoltare l’album completo su Youtube, al seguente indirizzo:
https://www.youtube.com/watch?v=pNRBCo6fJpY
A mio avviso ne vale veramente la pena. E, per chi non lo ha letto, consiglio anche caldamente il libro di Virginia Woolf che lo ha ispirato. Che non è un libro facile, occorre affrontarlo con dedizione e molta attenzione…ma sappiate che una volta letto, non lo dimenticherete mai!