Prezzi alimentari: +12,6% in un mese, balzo più elevato da inizio rilevazioni Fao nel 1990
Il caro prezzi fa volare gli acquisti di cibo low cost con i discount alimentari che fanno segnare un balzo del +7,7% nelle vendite in valore, il più elevato tra tutte le tipologie distributive compreso il commercio elettronico.
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Un risultato che evidenzia la difficoltà in cui si trovano le famiglie “nel tempo della guerra” che, spinte dai rincari, orientano le proprie spese su canali a basso prezzo e su beni essenziali come cibi e bevande. Con il conflitto Ucraina le quotazioni delle materie prime alimentari a livello mondiale hanno fatto registrare un balzo del 12,6% in un solo mese facendo registrare l’incremento più elevato mai registrato prima da quanto sono iniziate le rilevazioni nel 1990.
L’analisi Coldiretti evidenzia come nel mese di marzo 2022 si sia impennato al valore di 159,3 punti l’indice dei prezzi Fao che comprende un paniere di cinque prodotti agricoli di base. A tirare la volata sono i prezzi internazionali di oli vegetali, cereali e carne che hanno fatto registrare il massimo di sempre ma, in forte aumento, ci sono anche zucchero e lattiero caseari.
Nel dettaglio a marzo gli oli vegetali aumentano del 23,2%, i cereali del 17,1%, lo zucchero del 6,7%, la carne del 4,8% e i lattiero caseari del 2,6% rispetto al mese di febbraio, sotto la spinta dei pesanti rincari dei costi di produzione favoriti dai prezzi dell’energia.
“Una situazione che – ha sottolineato il Presidente Coldiretti Alessandria Mauro Bianco – nei Paesi più ricchi provoca inflazione, mancanza di alcuni prodotti e aumenta l’area dell’indigenza alimentare ma anche gravi carestie nei Paesi meno sviluppati come negli anni delle drammatiche rivolte del pane che hanno coinvolto molti Paesi a partire dal nord Africa come Tunisia, Algeria ed Egitto che peraltro è il maggior importatore mondiale di grano e dipende soprattutto da Russia e Ucraina. Ma in difficoltà anche Paesi come il Congo che importa da Mosca il 55% del suo grano e da Kiev un altro 15%”.
Con la guerra rischia, infatti, di venire a mancare dal mercato oltre ¼ del grano mondiale con l’Ucraina che insieme alla Russia controlla circa il 28% sugli scambi internazionali con oltre 55 milioni di tonnellate movimentate, ma anche il 16 % sugli scambi di mais (30 milioni di tonnellate) per l’alimentazione degli animali negli allevamenti e ben il 65% sugli scambi di olio di girasole, 10 milioni di tonnellate.
Senza la fine della guerra le semine primaverili di cereali in Ucraina saranno praticamente dimezzate su una superficie di 7 milioni di ettari rispetto ai 15 milioni precedenti all’invasione mentre le spedizioni dai porti del Mar Nero sono bloccate dalla Russia che peraltro ha minacciato di non fornire più cibo ai Paesi considerati ostili.
L’Italia negli ultimi 25 anni ha perso ¼ della propria superficie coltivabile per colpa dell’insufficiente riconoscimento economico del lavoro in agricoltura. Il risultato è che l’Italia è obbligata ad importare il 64% del grano per il pane, il 44% di quello necessario per la pasta, ma anche di mais e soia, fondamentali per l’alimentazione degli animali, con i raccolti nazionali che coprono rispettivamente appena il 53% e il 27% del fabbisogno italiano.
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“Bisogna invertire la tendenza ed investire per rendere il Paese il più possibile autosufficiente per le risorse alimentari facendo tornare l’agricoltura centrale negli obiettivi nazionali ed europei”, ha aggiunto il Direttore Coldiretti Alessandria Roberto Bianco nel sottolineare che, “nell’immediato occorre salvare aziende e stalle da una insostenibile crisi finanziaria per poi investire per aumentare produzione e le rese dei terreni con bacini di accumulo delle acque piovane per combattere la siccità e sostenere la ricerca pubblica con l’innovazione tecnologica e le Nbt a supporto delle produzioni e della tutela della biodiversità, come strumento in risposta ai cambiamenti climatici”.