Ucraina: è SOS per record raggiunto dal prezzo del mais, import al 47%
Alessandria – E’ allarme per il record raggiunto dal prezzo del mais con l’Italia che è costretta ad importarne circa la metà del fabbisogno (47%) per quantitativo di oltre 6 milioni di tonnellate necessarie per l’alimentazione degli animali negli allevamenti, dove i ricavi per latte e carne non riescono più a coprire i costi.
E’ quanto afferma la Coldiretti nel commentare il record del decennio alla borsa merci di Chicago raggiunto dalle quotazioni del mais che hanno superato gli 8 dollari per bushel (27,2 chili) che non toccava dal 2012.
Gli allevatori italiani devono, infatti, affrontare già incrementi di costi pari al 57% secondo il Crea che evidenzia il rischio concreto di chiusura per una buona parte degli allevamenti italiani che si trovano costretti a lavorare con prezzi alla stalla al di sotto dei costi di produzione.
Il deficit nazionale peraltro non sarà colmato con le semine di primavera in Italia con un aumento stimato delle produzioni che riguarda la soia (+16%), il girasole (+5%) e solo marginalmente il mais (+1%) sulla base dell’analisi di Coldiretti sull’ultimo “Short term outlook” della Commissione Ue che evidenzia peraltro che complessivamente l’Europa nel suo complesso produce ben il 93% del mais di cui ha bisogno.
I principali fornitori di mais dell’Italia, oltre all’Ucraina (770 mila tonnellate), sono la Slovenia 13% (780 mila tonnellate) e l’Ungheria 30% (1,85 milioni di tonnellate).
“In provincia di Alessandria gli ettari coltivati a mais sono 16.521 per 2.065.125 quintali di produzione. Per contenere il caro energia ed i costi di produzione servono però misure immediate per salvare aziende e stalle e strutturali per programmare il futuro – ha affermato il Presidente Coldiretti Alessandria Mauro Bianco -. L’Italia è costretta ad importare materie prime agricole a causa dei bassi compensi riconosciuti agli agricoltori che hanno dovuto ridurre di quasi 1/3 la produzione nazionale di mais negli ultimi 10 anni. Occorre lavorare da subito per accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali occorre investire per aumentare produzione e le rese dei terreni con bacini di accumulo delle acque piovane per combattere la siccità ma serve anche contrastare seriamente l’invasione della fauna selvatica che sta costringendo in molte zone interne all’abbandono nei terreni e sostenere la ricerca pubblica con l’innovazione tecnologica a supporto delle produzioni, della tutela della biodiversità e come strumento in risposta ai cambiamenti climatici”.
In Italia possono essere recuperati alla coltivazione 200mila ettari di terreno per una produzione aggiuntiva di circa 15 milioni di quintali di mais per gli allevamenti, di grano duro per la pasta e tenero per la panificazione necessari per ridurre la dipendenza dall’estero, circa 20 mila gli ettari di terreni a riposo a livello regionale.
“Si ridurrebbe sensibilmente la dipendenza dall’estero da dove arriva circa la metà del mais necessario all’alimentazione del nostro bestiame, il 64% del grano tenero per la panificazione, che rende l’intero sistema e gli stessi consumatori in balia degli eventi internazionali. E’, però, insufficiente l’annunciato impiego della riserva di crisi da 500 milioni della Pac, più il cofinanziamento di misure di emergenza extra da 1 miliardo poiché si tratta in realtà di appena 50 milioni di euro destinati all’Italia che sono assolutamente inadeguati a dare risposte concrete alle difficoltà che stanno subendo le nostre aziende agricole, costrette ad affrontare aumenti insostenibili di energia, mangimi, concimi”, ha concluso il Direttore Coldiretti Alessandria Roberto Bianco.
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