I Marchesi che a Terruggia hanno condotto i bambini alla conquista del Monferrato: della sua Leggenda e del suo Stemma.

C’è una cosa davvero particolare che potete trovare negli occhi di un bambino quando gli viene narrata una meravigliosa leggenda: è l’incanto. Lo stesso incanto nel quale noi adulti ci possiamo poi rispecchiare per poter ritrovare, anche se solo quel qualche breve momento, quelle stesse uniche emozioni.

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E ce n’è stato davvero parecchio, sabato scorso, il 4 Giugno, a Terruggia, di questo incanto, grazie a due signore dell’Associazione Culturale “I Marchesi del Monferrato”, la Prof.ssa Giulia Corino, che ha narrato da par suo ai bambini (dai 4 ai 10 anni) che erano presenti alla manifestazione “Vivere in Campagna”, che per la ventisettesima volta si è svolta a Terruggia, nel bellissimo Parco di Villa Poggio, la vicenda leggendaria di Aleramo, il Cavaliere che dominò per primo sul Monferrato.

Ma l’incanto non è finito lì, perché al termine di questa narrazione, l’artista e grafica Silvia Perosino ha proposto ai bambini di disegnare insieme, con i personaggi di questa leggenda. Ma, con stupore delle due conduttrici di questo bellissimo gioco, i bambini stessi, che si erano dimostrati estremamente affascinati dalla vicenda della genesi della dinastia aleramica, ma anche dei vari personaggi coinvolti, hanno però chiesto di disegnare tutti quanti lo stemma Aleramico, che è poi lo stemma del Monferrato, proprio con i tradizionali colori che lo caratterizzano. Questa esperienza, di narrazione e di grafica, che nel suo insieme arriverei a definire favolistica, ed anche davvero emozionante, me l’ha raccontata Giulia, e credetemi se dico che, nel narrarmi di come i bambini fossero straordinariamente coinvolti nella vicenda di Aleramo, le brillavano gli occhi, secondo me proprio con lo stesso incanto che c’era il giorno prima negli occhi dei bambini stessi.

E ora lasciatemi esporre una considerazione che forse si potrebbe definire “sociologica”: non vi pare strano che i bambini del Monferrato, che sicuramente conosceranno la leggendaria nascita di Roma, non abbiano mai sentito parlare della leggendaria origine del Monferrato, la terra dove vivono, dove sono nati? Lascio a voi l’ardua risposta.

E la Leggenda di Aleramo? In rete potrete trovare diverse pagine che la raccontano, con più o meno concreti riferimenti alle pochissime certezze storiche della vicenda, ma permettermi di raccontare (in sintesi, niente paura) anche a voi che leggete questa bellissima leggenda, che è un po’ una favola di un tempo lontano e mitologico; quello del Medioevo, che per i fatti qui narrati siamo intorno all’anno 930, quasi 1100 anni fa. E se qualcuno di voi ora sta pensando che vi voglio narrare la leggenda perché sono invidioso di Giulia e dei bambini che l’hanno ascoltata…beh, probabilmente ha ragione!

E allora, la leggenda: c’erano una volta due nobili tedeschi, che andavano a Roma, per scogliere un voto…lui pare si chiamasse Aldeprando e la moglie era di certo incinta, perché a Sezzadio, un paese a venti chilometri a sud di Alessandria, fu colta dalle doglie. Venne ospitata nel castello dai signori del luogo, dove diede alla luce un bel bambino a cui venne dato il nome di Aleramo. La coppia riprese il viaggio, lasciando lì il piccolo Aleramo, ma…scomparve nel nulla. Leggenda nella Leggenda, in tempi difficili per i viaggiatori. Aleramo crebbe, orfano, ma benvoluto, tra la nobiltà di Sezzadio e, all’età di 15 anni, fu ritenuto degno di diventare scudiero di uno dei nobili guerrieri del luogo.

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Ed ecco che arriva l’imperatore, Ottone I. Era sceso in Lombardia per sedare una rivolta dei nobili bresciani. Storia solita di Imperatori tedeschi che battagliavano contro città Italiane: si andrà avanti per secoli. Ma a noi interessa Aleramo, che, per nobiltà di modi e d’aspetto, ma anche per la sua triste vicenda di orfano, fu notato, ammirato e accolto nella corte dell’Imperatore. Il problema che si innamorò di lui, riamata, la giovane Adelasia, la bellissima figlia dell’imperatore. Ma l’Imperatore non è che fosse così contento di quest’amore inopportuno; Adelasia doveva andare in sposa a qualche testa regale, non certo ad uno spiantato scudiero! Ma i due si amavano veramente, così fuggirono. Fecero vita da eremiti, nei boschi, ebbero quattro figli…ed erano felici. Poi capitò che per un gesto eroico, che però, attenzione, non era un gesto di armi, ma un atto di pace (e quanti ce ne vorrebbero di gesti così, proprio oggi, ora, fra noi?): perché per salvare il nipote prediletto di Ottone, catturato dai sediziosi bresciani, Aleramo (che, attenzione, nessuno sapeva fosse nobile, in quel momento era aiuto-cuoco) prese un cavallo e cavalcò fino all’accampamento nemico per cercare una mediazione, per farlo liberare. Qui, pur deriso dai nobili bresciani, riuscì con la sua gentilezza e la sua abilità con le parole a convincere i bresciani a farlo rilasciare senza alcun danno. Fece quindi molto di più la parola che la spada.

E dopo un gesto così eroico ma anche un bel po’ incredibile, venne per Aleramo, una volta riconosciuto dall’Imperatore, il tempo della riconoscenza, ché da Pace nasce Pace: Ottone, richiamati alla corte figlia e nipoti, volle concedere al genero il titolo di Marchese. Ma come Marchese aveva bisogno di una Marca, cioè di un territorio da governare. Ottone disse ad Aleramo che avrebbe ottenuto un territorio tra la Liguria e il Piemonte vasto quanto la distanza che sarebbe stato in grado di coprire a cavallo nell’arco di tre giorni e tre notti.

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E lui, cavalcò, eccome se cavalcò: per tre giorni su tre cavalli diversi in giro per il basso Piemonte e la Liguria, tracciando i confini di quella che sarebbe diventata la sua marca.  Ma ad un certo punto il cavallo di Aleramo perse un ferro in una zona disabitata, dove non c’era nessuno e tantomeno fabbri che avrebbero potuto ferrare il cavallo. Ma Aleramo non si perse d’animo e si arrangiò, quindi, con un mattone che in piemontese si dice “Mon” o “Mun” e con esso ferrò il cavallo (“Frrha”). Anche oggi, se io volessi dire nel mio dialetto piemontese “con un mattone ho ferrato il cavallo” direi: “con in mon aio frrha el cavà”, esattamente come allora. E da questo gesto disperato: ferrare nella notturna cavalcata, con un mattone, uno stanco cavallo, deriva quindi il nome Monferrato: ora Aleramo era un Marchese con una Marca, una terra che era, ed è, semplicemente bellissima.

E così, in un bel sabato di giugno, a Terruggia, grazie a Giulia e a Silvia, due splendide signore dell’Associazione “I Marchesi del Monferrato” (beh un nome che è una garanzia, direi), i bambini a Terruggia hanno conquistato il Monferrato insieme ad Aleramo, e ne hanno moltiplicato, con i loro bei disegni, la tradizione e lo stemma. Grazie a loro ed un grazie enorme alla Presidente dell’Associazione, Emiliana Conti, che ha proposto e voluto questa bella iniziativa “leggendaria”.

 

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