Da qualche parte in Ucraina c’è un pezzo della nostra anima? Una serata di approfondimento e solidarietà a Bruno.

Il momento più commovente della serata, almeno per me che sono stato Alpino e ho letto molto, in merito alla ritirata di Russia, al massacro degli alpini nelle steppe dell’allora Unione Sovietica, è arrivato quando Angelo Soave, alpino pure lui e anche Vicepresidente de “I Marchesi del Monferrato”, associazione culturale che ha collaborato con gli Alpini di Bruno per l’organizzazione della serata, ci ha ricordato che nelle immense pianure dell’Ucraina hanno visto le sofferenze e la morte migliaia di Alpini, che l’hanno attraversata a piedi nel pieno dell’inverno, scavando buche, in una terra gelida e gelata, per poi passare le notti sepolti sotto terra, per sopravvivere al terribile inverno che dovevano combattere per tentare una difficile, spesso un’improbabile, sopravvivenza. Ho pensato che da qualche parte in Ucraina forse c’è un pezzo della nostra anima.

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Ma anche Emiliana Conti, la Presidente dei Marchesi del Monferrato, che ha brevemente introdotto la serata, ci ha molto colpito e fatto riflettere con le sue considerazioni. Perché prima ci ha parlato di come sarebbe stata una serata all’insegna di un’analisi delle ragioni dei contendenti del conflitto, senza pregiudizi e senza preconcetti, ma ha poi concluso con una frase straordinariamente intensa e profonda: “Ricordiamoci che tutti i giorni, in Ucraina, muoiono decine e decine di persone, molto spesso civili innocenti. Credo che, nella Storia che ricorderemo e tramanderemo, questi innocenti massacrati rimarranno come una macchia indelebile nel cammino dell’umanità”. Come non rimanere scossi da un’affermazione così forte e nello stesso tempo così terribile?

Il resto della serata è trascorso all’insegna dell’attenta analisi della situazione Ucraina, ma anche della solidarietà per quel popolo martoriato dalla guerra. iniziamo dall’analisi: acuta, attenta, coinvolgente. Seduti accanto, tra altare e balaustrata, i due relatori: Marco Margrita, giornalista e per la serata moderatore, nella parte ci colui che fa le domande, e Graziano Canestri, editorialista de “Il Laboratorio”, esperto della situazione Ucraina ed in generale dei conflitti dell’area balcanica. Parti distinte, grande preparazione da parte di entrambi, ottimo interplay, notevole capacità di coinvolgimento di noi che ascoltavamo con attenzione.

Marco Margrita ha sfoggiato, introducendo la conversazione con Graziano Canestri, il vezzo di una sorridente autodenigrazione, presentandosi come giornalista e di conseguenza come uno che “parla di molte cose di cui non sa nulla”. Poi, in realtà, ha esposto un’introduzione assai acuta e davvero molto articolata. A cominciare da un’intelligente definizione di “guerra”: “La guerra è quella cosa che irrompe nella storia e uccide! Qualcosa di disumanizzante, perché l’altro non è più un essere umano ma solo un nemico da abbattere”. Uccide ed abbatte l’altro perché gli è stato ordinato di farlo! Ed ecco che cita lo straordinario Don Milani, che disse una frase così semplice e così straordinaria: “L’ubbidienza non è sempre una virtù!”. Marco ci ricorda “i fondamentali” per ogni analisi dell’attuale situazione di conflitto. Ci rammenta che Kiev è esattamente il centro dell’Europa, quell’Europa che va dall’Atlantico agli Urali. E che è stato Papa Francesco a parlare, giustamente, di “Identità Europea”. Ci rammenta poi che c’è una sorta di tentativo di nuovo ordine mondiale, da parte USA, che vedrebbe protagonisti Cina e Stati Uniti, ai danni della Russia, ma anche che Putin desidera una Russia come potenza mondiale. E, parlando di rapporto fra potere politico e religione, ci ha ricordato che lo stesso Patriarca Ortodosso Kirill, benedicendo questa guerra assurda, ha puntato ad una Chiesa nazionale, per nulla universale, così come invece dovrebbero essere le Chiese basate sul Cristianesimo. Quanti spunti di riflessione…e quindi la parola è passata a Graziano Canestri.

Che è fine analista e quindi entra subito nel problema del contenzioso del Donbass. E pone l’indice sulla mancanza di un corretto intervento della comunità internazionale, indifferente alle angherie, anche sanguinose, che una parte del popolo Ucraino infliggeva alle comunità russofone di quelle zone, con conseguente aumento del disagio russo, che sentiva di perdere prestigio internazionale e anche interno, scatenando infine un conflitto come atto di pura ed univoca volontà presidenziale. A ciò occorre aggiungere il senso di isolamento russo nei confronti dell’avanzata della Nato verso Est. Si sarebbero dovuti aprire tavoli di trattative, tra USA, Russia, Europa (e invece l’Unione Europea è stata davvero molto marginale) e Ucraina, per cercare di dirimere tutte le controversie legate ai complessi temi di convivenza e di pacificazione. Ma ormai….

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E ora? Ora, ci spiega Canestri, rispondendo all’acuta domanda del suo interlocutore, c’è il concreto pericolo che il conflitto si sposti anche nell’area dei Balcani, per via di una Serbia fedele alleata della Russia. Si tratterebbe per noi di un disastro terribile. E alla domanda in merito alle sanzioni, esprime dei dubbi sull’effettiva efficacia delle stesse, che sarebbero, a suo parere, per le nazioni europee, e l’Italia in particolare, veramente dannose, vista anche l’immensa quantità di esportazioni di prodotti italiani verso la Russia, che ora sono bloccate. Poi la disarmante considerazione finale: alla domanda di Margrita se si vedono spiragli di speranza per la conclusione del conflitto, la risposta è un mesto, amaro, semplice “No!”.  E noi che ascoltavamo ci siamo sentiti decisamente afflitti da una tale risposta.

Ma vorrei terminare con le parole di Marco Margrita che ha citato Papa Francesco, forse l’unico faro di ragionevolezza in questa follia. Il Papa che ha fatto appello ai capi delle nazioni e delle Organizzazioni internazionali, perché reagiscano alla tendenza ad accentuare la conflittualità e la contrapposizione. Perché il mondo ha bisogno di pace. Ma non di una pace basata sull’equilibrio degli armamenti, sulla paura reciproca, perché vorrebbe dire far tornare indietro la storia di settant’anni. E così Papa Francesco concludeva: “La crisi ucraina avrebbe dovuto essere, ma, se lo si vuole, può ancora diventare, una sfida per statisti saggi, capaci di costruire nel dialogo un mondo migliore per le nuove generazioni”. Parole a cui aggrapparci, sintesi di difficile speranza.

E la solidarietà? Una cena semplice e popolare, organizzata anche come raccolta fondi e gestita benissimo dagli Alpini di Bruno, con come base il Boršč (bortsch) ucraino: una coloratissima zuppa a base di barbabietola, con carne e panna acida. Non l’avevo mai assaggiata, ma mi è piaciuta, questa strana zuppa: mi è parso un piatto decisamente contadino, dai sapori contrastanti che si sposano molto bene insieme e creano un contrappunto di gusti assai intrigante.

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Insomma, una giornata di condivisione: condivisione della consapevolezza di un momento molto complesso e difficile per l’Europa, per il mondo, ma anche condivisione di un cibo particolare e gustoso, intorno a tavoli semplici e conviviali. Eh sì, mi sa che da qualche parte in Ucraina c’è davvero un pezzo della nostra anima.