Il Dolcetto di Ovada fra fantascienza e fantastoria, nelle splendide narrazioni di Cinzia Montagna e Bruno Gambarotta
Lasciatemelo dire che è squisito, il Dolcetto di Ovada. Io, poi, oltre ad averne sempre parecchie bottiglie in cantina, lo apprezzo anche per il fatto di averlo vendemmiato e lavorato, quand’ero ragazzo, nelle aspre zone collinari di Rocca Grimalda, bellissimo borgo che domina, su uno sperone roccioso poco prima di Ovada, l’Orba. La vigna era di un mio carissimo amico. Si vendemmiava, e via in botte, poi la successiva primavera lo si imbottigliava…e quante cene e quante serate, nella sua etilica compagnia…
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Così quando ho saputo che nella splendida Enoteca Regionale di Ovada e del Monferrato, domenica 13 novembre, nell’ambito della “Giornata Mondiale dell’Enoturismo”, ci sarebbero stati, a conversare fra loro e con noi, Cinzia Montagna e Bruno Gambarotta, ci sono andato proprio volentieri, nonostante una squisita Bagna Cauda in fase di digestione mi appesantisse lievemente…perché sia Cinzia Montagna che Bruno Gambarotta sono due straordinari affabulatori, che possiedono in grande quantità sia il dono di saper narrare storie di ogni genere, sia la propensione ad un’ironia vivace ed intelligente, cosicché si seguono i loro raffinati e colti ragionamenti con un sorriso sulle labbra, ma anche con la più genuina ammirazione per le rispettive intelligenze narrative.
Sarà forse perché sono notevolmente eclettici? Perché ognuno di loro è giornalista, ma anche scrittore, ma anche scrittore per la televisione…ma anche raffinato umorista. Io, consentitemi, vorrei iniziare…dalla fine, dal racconto di fantascienza di Cinzia, Ovada, Anno 3024, scritto per l’occasione, e recitato a due voci da lei e da Lorenzo Gambarotta, figlio di Bruno (e molto emozionato). Un’astronave di nome Melissa, ed un Capitano che di cognome fa Parodi (ovvero che più autoctono di Genova, Ovada o dintorni, non si può). E quindi a seguire un divertente dialogo fra un’apprensiva astronave e un baldanzoso Capitano, con la visione di un panorama dove l’ovadese è ormai un arcipelago di piccole isole circondate da un mare che è risalito oltre le montagne. Ma su quelle ex colline, ormai isole, si continua a coltivare la vite, e a vinificare il Dolcetto, che deve essere caricato sulla nostra astronave, Melissa, appunto, per essere esportato nella galassia… però, caspita, di Dolcetto non ce n’è più! Ma come è possibile? È possibile perché la guarnigione che occupa la terra lo ha apprezzato, eccome, il Dolcetto, e se lo sono scolato tutto quanto. Lo afferma il Commodoro Uraniano, alieno ed incapace di mentire…lo hanno bevuto tutto, perché? Ma semplicemente perché “gli piace”…a allora, dice Parodi a Melissa, ci fermiamo pure noi fino alla prossima vendemmia…ma come, perché? Chiede l’apprensiva astronave…semplice, perché CI piace! Ma il momento più divertente, per me, è stato quando, nell’elenco dei pochi libri sopravvissuti alla catastrofe ambientale, oltre ai Promessi Sposi e all’Odissea, c’è “Il Manuale delle Giovani Marmotte”! Che tenerezza e che nostalgia di cotanta lettura…Fantastico…e grande Cinzia!
Ma facciamo uno, anzi, qualche passo indietro. Nella prima parte del pomeriggio, dopo i brevi ma decisamente soddisfatti saluti del Presidente dell’Enoteca, Mario Arosio, e del Sindaco di Ovada, Paolo Lantero, è stata Cinzia ad introdurre l’argomento…parlandoci della meraviglia delle vigne dove a seconda del vitigno, della terra e del sole, troviamo, in questa stagione i diversi colori autunnali del foliage, in mille varie sfumature. Ma parlandoci anche delle tante e molteplici caratteristiche del territorio, non solo quello antropizzato. Perché il vino, anche quello presente sul loro stesso tavolo, altro non è che narrazione, che racconto.
E ha passato la parola a quello straordinario personaggio che è Bruno Gambarotta, che ha esordito dicendo di essere sì astigiano, “ma una brava persona”. Che da par suo ci ha raccontato prima alcune storie e storielle divertenti, tutte legate al mondo del vino. Come quella di una bella confezione di vino proveniente da Siena, come ringraziamento per la partecipazione ad una manifestazione dove non era mai andato, con il suo indirizzo torinese, ma a nome di Bruno Gambacorta, che invece a Siena era stato, eccome…e della sua telefonata al mittente, dove all’imbarazzato interlocutore ha precisato: “Di sicuro avete sbagliato a mandarmelo, ma io il vino, ormai, me lo tengo!”.
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E dopo questa brillante introduzione, eccolo con la sua personale fantastoria: quattro brevi vicende pseudostoriche, dopo aver detto di sé stesso di essere un topo da biblioteca! Vi accenno alle prime due. La prima riguarda Vittorio Emanuele II, a Vignale (non quella monferrina, ma alla periferia di Novara), pronto a firmare la pace dopo la sconfitta nella battaglia di Novara, con il maresciallo austriaco Josef Radetzky. Ebbene, secondo il serafico Gambarotta, mentre attendeva di essere ricevuto per cotanta firma, al Savoia venne appetito, fu quindi sfamato dal giovane ufficiale austriaco che lo scortava, che per dissetarlo gli offri…una bottiglia di Dolcetto di Ovada. Oibò! E passiamo al grande tenore Francesco Tamagno (il primo, indimenticato interprete dell’Otello di Verdi, fra l’altro), al quale sarebbe stata donata, quando ancora era un giovane sconosciuto, da Francesco Cirio, fondatore dell’azienda di conserve Cirio (ma Cirio era nato a Nizza Monferrato, che più che di Dolcetto è terra di Barbera) una bottiglia di Dolcetto di Ovada, che Tamagno avrebbe portato con sé tutta la vita come portafortuna. Le altre due vicende riguardavano Jean-Jacques Rousseau e Honoré del Balzac, anche se il Dolcetto di Ovada spuntava sempre come bevanda dominante. Insomma, quattro esercizi facili di simpatica e faconda fantastoria, salvo il fatto che alla fine del suo narrare, Gambarotta ha sfoggiato un serafico sorriso…a me ha ricordato quello di Gatto Silvestro che ha appena ingoiato Twitti e fa finta di niente…e ha proferito un sussurrato e fantastico “Ed è tutto vero!”. Lascio a voi il crederci oppure il dubitare…
Però ora lasciatemi terminare con una nota polemica, ma a mio avviso doverosa. Perché nella Giornata Mondiale dell’Enoturismo, in una bellissima Enoteca, che a nessuno sia venuto in mente, dopo un pomeriggio passato a conversare di Dolcetto d’Ovata, di farlo assaggiare, cotanto vino, all’attento pubblico presente a quel simposio, semplicemente accompagnato da qualche lista di focaccia o farinata, che ad Ovada fanno ottime entrambe, e che con il Dolcetto si sposano magnificamente, mi è parso veramente assurdo, e fortemente in contraddizione con l’idea stessa di accoglienza turistica…o meglio enoturistica. Abbiamo parlato, in questo pomeriggio divertente, di Enoturismo…ma ad Ovada lo sanno fare? Ai posteri l’ardua sentenza…
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