Melologhi romantici al Museo Etnografico della Gambarina domenica 21 maggio

Alessandria – Domenica 21 maggio, alle 17, al Museo Etnografico di Alessandria per la stagione Musicalia, un “concitato” duo proporrà l’inconsueta forma del melologo. Una formula antica, in cui la magia di splendide musiche è ancor più potenziata dalla voce narrante. Protagonisti due autorevoli esperti di questo genere:
Jacopo Marchisio, voce narrante e Loris Orlando, pianoforte, che eseguiranno musiche di Franz Schubert (1797-1828), Robert Schumann (1810-1856), Franz Liszt (1811-1886), Richard Strauss (1864-1949)
Il melologo (dal greco μέλος, mélos, melodia, e λόγος, lógos, parola), conosciuto all’estero – un po’ impropriamente – anche come mélodrame, è un mono logo recitato con accompagnamento musicale o un brano musicale in cui si inserisce una voce parlante? Di certo un curioso genere “misto”, nato nel Settecento. Tra i primi a cimentarvisi, addirittura Rousseau (il filosofo ginevrino fu occasionalmente compositore, benché non ispiratissimo) e soprattutto il boemo Georg Benda (1722-1795), che ne divenne riconosciuto specialista. Mozart stesso affermò, in una lettera del 1778, che sognava di comporne uno, impresa che non gli riuscì; ma episodi “a melologo” furono inseriti in parecchie opere liriche di area tedesca a cavallo tra Sette e Ottocento, anche di autori capitali come Beethoven e Weber.
Il programma del concerto fa riferimento al XIX secolo e in particolare ad alcuni dei numerosi melologhi composti dai grandi nomi del Romanticismo tedesco. Pressoché ignorato in Italia, il genere ebbe infatti buona fortuna nell’area mitteleuropea, dove parecchi autori vi si cimentarono facendone quasi un’alternativa al Lied, seppure certo meno popolare. L’antologia proposta in concerto è perciò indicativa del percorso di alcuni compositori di massimo rilievo ma non esaustiva: costituisce una proposta di conoscenza che potrebbe essere integrata in futuro con un excursus indietro nel Settecento (quando però i brani prevedevano spesso un accompagnamento orchestrale e non solo pianistico), un’integrazione sui romantici (specie Liszt, molto attivo nel genere) o un salto in avanti tra fine
Ottocento e Novecento, quando il melologo ha continuato a godere dell’attenzione di artisti importanti (Wolf, Honegger, Stravinski).
Nei brani in programma, si passa dalla serenità sospesa di Schubert (in cui la tentazione del canto affiora nella semplice scorrevolezza di una melodia piena di grazia e affettuosità con cui lo strumento accompagna la voce) alle atmosfere intensamente tormentate dei brani di Schumann e Liszt, il pianismo dei quali dialoga con le cupe ballate di poeti di grande rilievo, saldamente piantati nel filone “demoniaco” del Romanticismo, tra amori impossibili, spettri sanguinosi, tempeste nella notte: entrambi i musicisti danno prova di una grande attenzione alla parola, costruendo un rapporto di vero intreccio fra espressione verbale e veste sonora, alternando momenti in cui i due esecutori possono procedere in libertà, come paralleli, con altri ove la dipendenza fra musica e testo scritto appare reciproca e inestricabile. Infine, il breve, bellissimo Castello sul mare di Strauss, magico capolavoro sospeso fra sogno e malinconica consapevolezza, chiude davvero un’epoca stilizzandola nella perfezione di una bellezza sublimata che sente le prime crepe del Novecento in agguato.

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