La «Ragazza nella foto» all’ombra delle antiche rovine: Vesime, fra un Castello e un Amore Partigiano.

Ci sono delle rovine: le rovine del Castello di Vesime, distrutto in una guerra lontanissima…e poi c’è un libro: La ragazza nella foto dal sottotitolo assai esplicativo: Un Amore Partigiano, le cui autrici sono Donatella Alfonso e Nerella Sommariva. E c’è l’dea che sto portando avanti da un po’, di unire questo a quello e rappresentare in forma di lettura teatrale, con Musica e Parole, il libro, ma non in un luogo qualsiasi, ma fra le mura residue dell’antico Castello. Ma andiamo con ordine.

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Ho scoperto il fascino del Castello di Vesime grazie al mio amore per i paesaggi con rovine, cosa che forse mi accomuna un po’ ai viaggiatori del passato che venivano a visitare l’Italia e rimanevano estremamente affascinati dalla quantità di rovine dell’antichità romana o medievale che popolavano grandemente il paesaggio italiano. Così affidavano, da committenti, ad un pittore, l’esecuzione, appunto, di un paesaggio con rovine, non necessariamente reali, anzi. Ne nacque un vero e proprio genere, quello del Capriccio. Tipico appunto del tardo Rinascimento e soprattutto del Barocco, e dove in un quadro venivano combinati insieme – in modo spesso stravagante – paesaggi e rovine archeologiche, anche in combinazioni immaginarie e spesso bizzarre. Per dare il senso della fantasia, il capriccio veniva anche definito veduta ideata, secondo una varietà di declinazioni che andavano dal grottesco al visionario, dal pittoresco all’elegiaco...

Ecco perché quando sono arrivato, in auto, verso Vesime, la sera del Concerto Blues – descritto in un precedente articolo (https://www.alessandria24.com/2023/10/20/tre-o-quattro-sfumature-di-blues-nella-notte-fra-le-colline-di-vesime-lo-sca-fra-blues-trio-al-bosco-delle-acacie/) , in quel luogo davvero notevole che è La Mamota (notevole anche grazie alla calda accoglienza dei suoi proprietari, Silvia e Fabrizio, con i quali sto ragionando su collaborazioni assai intriganti) mi sono fermato sul ciglio della strada, osservando dal basso, incuriosito ed ammirato da quelle affascinanti rovine apparentemente senza tempo, chiedendomi peraltro cosa stavo davvero vedendo. Mi ha dato le giuste delucidazioni Donatella Giordano, che mi aveva convinto a presenziare a quel bel concerto Blues: Certo è proprio il Castello di Vesime, o meglio le rovine di quello che fu un sontuoso castello medioevale. Se ti va una visita possiamo certamente organizzare.

Beh, data la mia voglia inesausta di scoprire da vicino nuovi angoli, da me ancora inesplorati, di questo Splendido Piemonte, come dire di no? Così, in un pomeriggio di inizio novembre, eccomi a Vesime, in compagnia di Donatella, che vive qui e manifesta nuovamente tutto il suo entusiasmo nel farmi conoscere   I luoghi ai quali ha scelto di regalare il suo tempo, come mi spiega lei, tra i caldi colori dell’autunno che trasformano la natura nello sfondo di un quadro dalla bellezza quasi imbarazzante, aggiunge. Ma prima di iniziare la salita verso le rovine, mi ritrovo in una notevole piazza, dove, a parte la chiesa in stile neogotico-eclettico del tardo 800, che certo non mi fa impazzire, c’è un loggiato medievale che invece trovo davvero pregevole…ma non solo: il mio occhio cade sull’ingresso del museo dell’aeroporto partigiano. Attraverso i vetri mi mostra la gigantografia all’ingresso. Una foto originale dell’epoca, con un aereo appena atterrato e i volti curiosi dei vesimesi accorsi a godersi la novità. L’aeroporto partigiano di Vesime. Mi assale allora, per associazione di idee, un nitidissimo ricordo: ma io di questo aeroporto ho sentito parlare e ne ho anche parlato in un articolo!

Un articolo dal titolo Una storia d’amore in un paese in guerra, da me pubblicato proprio il 25 Aprile di quest’anno, per uno spettacolo a Spigno Monferrato visto il giorno prima, grazie al graditissimo invito di Patrizia Velardi, di RETETEATRI (ecco il link all’articolo: https://www.alessandria24.com/2023/04/25/una-storia-damore-in-un-paese-in-guerra-la-foto-di-maria-di-paolo-la-farina-a-spigno-monferrato/). Una storia d’amore partigiano, purtroppo conclusasi tragicamente, fra Manno e Maria. Una storia vera che è totalmente ambientata proprio in questi luoghi, tra Vesime, Perletto, Acqui…e l’aeroporto partigiano. Qui, tra queste colline e lungo questo fiume, nasceva quell’amore meraviglioso di cui ho visto la rappresentazione scenica, mai vissuto realmente per la mano feroce dell’uomo, un racconto sopravvissuto al tempo per la potenza della memoria e della scrittura. Ne parlo diffusamente a Donatella, lei ne è rapita, ne è entusiasta: Condividiamo quanto bello e importante sarebbe riportare proprio qui quel racconto, rappresentarlo da qualche parte. Perché è una storia, ma è anche la storia di molti, che non va dimenticata, che ha diritto di vivere attraverso il ricordo condiviso e la sua narrazione.

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Ma poi riprendiamo la salita, che però è bella ripida, così ci fermiamo, di tanto in tanto, ad ammirare la porzione di Valle che si offre generosa al nostro sguardo. Donatella è genuinamente felice di farmi ammirare i suoi luoghi (anche se a dire il vero lei è originaria di Loazzolo): Guarda come Il fiume sinuoso si divide e le sue acque riflettono ora pezzi di cielo che si tingono,  col calar del sole, delle stesse sfumature del rosso e dell’arancio che già hanno invaso boschi e vigne.

Poco prima di giungere al Castello Donatella mi fa scendere lungo uno stretto sentiero. Purtroppo una frana ne rende poco agevole il percorso, ma raggiunta la piccola torre, probabilmente una delle tue torri di guardia, mi dice Donatella, ma prendi questa informazione con riserva, aggiunge, lo spettacolo che si apre attraverso la finestrina che si sporge sulla Valle, è davvero qualcosa di estremamente suggestivo. Risaliamo velocemente, perché, prosegue lei nella sua veste di poetico cicerone: prima che faccia buio dobbiamo cogliere le suggestioni delle mura diroccate del castello intiepidite dalle ultime carezze del sole, palcoscenico improvvisato della danza misteriosa di stormi di corvi neri.

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Il luogo è decisamente tanto affascinante quanto misterioso. Certo, a guardarlo oggi è difficile immaginare la sua imponenza. Dalla sua costruzione intorno al 1200 alla sua distruzione nel 1644, ad opera dell’esercito spagnolo, fino ad oggi, è rimasto veramente poco. Abbastanza però per intuirne la maestosità, nonché per rendersi conto che la posizione è davvero strategica, rispetto la pianura sottostante e i paesi circostanti. Mi racconta poi della leggenda di un tesoro nascosto sotto il Castello, di carriole e pale ritrovate durante i lavori svolti per liberare le rovine dal bosco famelico che lo stava divorando, per restituire alla popolazione di Vesime quel luogo bellissimo. Ricordo concreto e nello stesso tempo simbolo di un tempo ormai perduto, di guerre antiche e antiche sopraffazioni. Come non far venire alla mente il parallelismo con le vicende dell’ultima guerra, che ha sparso il sangue e la disperazione di giovani vite fra queste colline?

Si, è veramente un luogo affascinate. Mi guardo intorno, faccio foto, rimugino…ad un certo punto si accende un faro che illumina le mura. E ho una vera e propria agnizione. Guardo lo spiazzo fra le mura che lo circondano, minacciose e protettive nello stesso tempo. E penso che proprio qui, fra queste mura, vorrei poter far rappresentare, in forma teatrale o di lettura scenica La Ragazza nella foto. Dico questo alla mia guida che ne è semplicemente infervorata. Ne parlerò al Sindaco e alla Presidente della Pro Loco – mi assicura – secondo me ne saranno entusiasti! Loro non lo so, ma Donatella sicuramente lo è, entusiasta. E io pure.

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Ritorniamo verso il paese quando ormai è buio. Ora il fiume riflette la luce dei lampioni, strisce brillanti di luce che scivolano lungo le sponde. Anche in questa visione notturna delle colline il Castello, illuminato ma non troppo, non smette di affascinarmi grandemente, così, mentre Terminiamo l’esplorazione di Vesime e del suo Castello col profumo di bergamotto che sale da una tazza di the bollente, al tavolino di una pasticceria affacciata alla piazza, dove – dice Donatella, con quella sua visione poetica dei luoghi – apparentemente passeggiano, in questa notte ormai buia, gli abitanti del castello, gli amanti del libro sull’amore partigiano, i sognati e i sognatori.

Già, i sognatori che come me – come lei – si continuano ad intestardire nel cercare, come qui, la Bellezza: quella che c’è, nel paesaggio di collina, tra le mura del Castello – e quella che si fa – si potrà fare – rappresentando proprio qui e proprio fra quelle rovine – La Ragazza nella foto.

Ringrazio moltissimo Donatella Giordano, che non solo mi ha fatto da guida al Castello di Vesime, ma ha contribuito all’articolo stesso con proprie riflessioni personali che ne hanno arricchito il contenuto, e anche con un paio di foto.

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