“Tre passi nel delirio” per Fellini
Il 20 gennaio 1920 nacque colui che è riconosciuto come uno dei maggiori registi della storia del cinema: Federico Fellini.
Il suo primo talento fu quello del disegno, già mentre frequenta il Liceo classico Giulio Cesare realizzava vignette e caricature dei compagni. L’altra grande passione fu il cinema.
Nei suoi film, come forse nella sua vita, non esisteva confine o linea di demarcazione tra realtà e fantasia. Coloro che lo avevano conosciuto bene, infatti, raccontavano che inventava storie a ripetizione, tanto che lui stesso poi non ricordava più se fossero vere o no.
“Mi sono accorto che il cinema ti permette miracolosamente questo doppio grande gioco, di raccontare una storia e, mentre la racconti, viverne tu stesso un’altra…” raccontò il regista nel spiegare la sua giovanile folgorazione per il cinema.
Nel 1968 esce il film collettivo, suddiviso in 3 episodi, “Tre passi nel delirio”, liberamente ispirati a racconti di Edgar Allan Poe, per la regia di Louis Malle, Roger Vadim e Federico Fellini. A curare la scenografia delle scene felliniane viene indicato come arredatore Carlo Leva scenografo e costumista alessandrino.
Su questo set nacque l’amicizia tra Leva e Fellini che spesso, durante le riprese romane, solevano pranzare e cenare alla trattoria toscana “Da Amerigo” o sul set.
“Durante le riprese, spostate di un giorno per motivi logistici, si trovarono a girare una scena di domenica in cui serviva un confessionale, per cui ne costruirono uno ma purtroppo non era verniciato. Così, di domenica mattina, Carlo & c. girarono Roma in cerca di vernice ma il massimo che trovarono fu del lucido da scarpe da un calzolaio. Con stracci, spazzole e tanto olio di gomito, riuscirono a presentarlo miracolosamente in tempo sul set.”, piace ricordare a Mauro Ravera amico di Carlo. Ad oggi il confessionale è visibile in casa di Carlo a Bergamasco.
Federico e Carlo condivisero negli anni molte idee ma purtroppo, gli impegni di entrambi, non permisero loro di lavorare più insieme. Durante la preparazione di Amarcord Fellini cercò Leva per la realizzazione del film ma Carlo si trovava già impegnato sul set de “Il Consigliori” in America e dovette declinare.
Fellini continuò a fare del cinema una forma d’arte, la sua forma d’arte. Le sue pellicole saranno sempre molto personali cariche di sensazioni e convinzioni, sempre l’unione tra sogno e realtà.
In fondo cos’era il cinema per Federico se non “un modo divino di raccontare la vita, di fare concorrenza al padreterno”.
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Da maggio avranno inizio le visite guidate della casa di Carlo Leva con l’aiuto dell’Associazione Lisondria ades APS, per informazioni contattate l’indirizzo mail lisondriaades@gmail.com