Di Faraoni, di gatti, mummie e altre amenità: l’affascinante conferenza di Sabina Malgora al Museo Leone di Vercelli

Ho conosciuto la Dottoressa Sabina Malgora, egittologa di fama mondiale e, in particolare, esperta di mummie e del loro studio con le moderne possibilità della tecnologia medica…su una scala…beh in realtà era uno scalone, quello del magnifico Palazzo Treville. Io ero li per presentare il bellissimo romanzo di Gian Marco Griffi Ferrovie del Messico, lei era lì perchè incuriosita da cotanto libro, e ci ha gentilmente presentati al volo la Presidente dell’Accademia Filarmonica, che ci ospitava, Serena Monina. Abbiamo avuto una breve ma densa conversazione, le ho detto che avrei letto davvero volentieri qualche suo libro, e altrettanto volentieri assistito a qualche sua conferenza. Poteva essere una conoscenza che finiva li, come capita spesso. Invece no: siamo rimasti in contatto, mi ha invitato a S, Giorgio Monferrato, dove abita, a presentare il bellissimo romanzo di Elena Rausa, Le Invisibili, ci siamo visti, mi ha gentilmente omaggiato del suo libro (prossimamente su queste pagine la recensione), abbiamo approfondito la conoscenza. E quando mi ha mandato la locandina della conferenza di cui qui vi do riscontro, dal titolo assai intrigante: Gatti divini & C. (Il mondo animale nell’antico Egitto), ho pensato che sarebbe stato un piacere davvero notevole poterci andare, vista la fama della conferenziera,  e il tema assai interessante, anche perchè io possiedo un gatto (che dorme con me) e amo questi animaletti anarchici e affascinanti, e qui si parlava di gatti nella proiezione di quel mondo lontano ma così straordinario che è l’antico Egitto.

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Lasciatemi però, prima di entrare nel merito della conferenza di Sabina Malgora,  fare un cenno al luogo straordinario dove la stessa si è tenuta: il Museo Leone di Via Verdi 30 a Vercelli, che ho in parte attraversato per giungere alla sala della conferenza, che mi ha affascinato moltissimo per le cose che ho visto: già la bellezza della cinquecentesca Casa Alciati ed il barocco Palazzo Langosco, che tutto ospita una collezione eterogenea ed eclettica, che va dalle armi preistoriche, i corredi di tombe egizie, poi vasi etruschi, mosaici medievali, e tanto altro. Aggiungo che la parte inerente l’antico Egitto è stata curata dalla stessa Dottoressa Sabina Malgora, che, oltre ad essere una monferrina doc, è archeologa ed egittologa. Ed è Medaglia di Rappresentanza del Presidente della Repubblica 2014, membro ICOM e direttrice del Mummy Project, ormai famoso centro di studi sulle mummie di ogni genere e tipo, effettuata anche con i moderni mezzi della tecnologia medica, come la TAC. Sabina è una vera e propria fucina di progetti culturali e mostre. Ha partecipato tra l’altro a Super Quark, Ulisse e Mistero, e di recente è stata protagonista, con il suo Team di ricercatori,  di un documentario di respiro internazionale, prodotto dalla nota agenzia Zed, intitolato Egyptian Mummies. Immortality unwrapped, (Mummie egiziane. L’immortalità scartocciata) della regista Alexandra Barbot. Con quello che vi ho detto, con questo incredibile curriculum, voi capirete che mi trovavo di fronte ad una eccelsa conoscitrice di quel mondo, che definire meraviglioso è dir poco, che lei sa affrontare con rigore scientifico assoluto, ma anche con una passione narrativa trascinante. Un piacevolissimo mix di immensa cultura e immensa passione.

La conferenza si è sostanzialmente divisa in due parti, la prima dedicata al rapporto fra gli antichi egizi e il gatto, la seconda dedicata agli studi sulle mummie…di gatti e altri animali: si perché questa propensione egiziana alla mummificazione era divisa per ogni categoria vivente, e addirittura un notevole business per i sacerdoti che tali oggetti commerciavano. Beh, intanto ho scoperto una cosa: dalle risultanze archeologiche, tutti i gatti sono discendenti da quelli egiziani. Perchè gli stessi, nei loro viaggi commerciali nel Mediterraneo, portavano sulle loro imbarcazioni diversi gatti, per un motivo basilare: davano la caccia ai topi, che sennò avrebbero danneggiato il carico e mangiato le provviste. E quindi si sono poi diffusi in Grecia, in Italia (che allora era quasi tutta dei Greci) e così via. Fantastico, no? Le doti della bestiola,  che piacevano a coloro che vivevano nella valle del Nilo, che concorsero all’elevazione del gatto ad un ruolo divino sono: la possibilità di vedere al buio, le abitudini notturne, il carattere mutevole, a volte ambiguo, l’agilità, l’astuzia, la serenità e il distacco. Già quel distacco davvero gattesco che non esito a definire sublime, che tanto ci fa arrabbiare quando li chiamiamo e loro fanno finta di nulla e manco si voltano a guardarci, affaccendati a chissà quali pensieri profondi.  Ma l’amore per i gatti assume una sua prima forma artistico-religiosa con il principe ereditario Thutmosi V, figlio di Amenhotep III (XVIII dinastia), che fece costruire un sarcofago di calcare per la propria gatta. Si noti che i testi e le immagini scolpiti sul sarcofago sono del tutto analoghi a quelli degli umani: i riti trasformano la gatta in un Osiride, il dio dei morti. In quella divinazione di ogni cosa che gli antichi egizi praticavano, questo travaso dalla morte alla divinizzazione era prassi normale e anzi indiscutibile. Un altro dei tanti motivi di fascinazione di quel popolo. Che chiamavano la gatta Ta Miaut. Femminile della parola gatto. Miw. Un termine che, nell’antica lingua per indicare il gatto, è onomatopeico. È attestato dall’Antico Regno in poi, sebbene non ricorra nei Testi delle Piramidi.

Ma dopo queste e moltissime altre informazioni molto affascinanti, eccoci alla seconda parte: le mummie. Di gatto e di altri animali, financo di piccoli coccodrilli. Perchè non dobbiamo dimenticare che La rappresentazione di gatti nelle tombe esprime un significato religioso. Ma nella vita di ogni giorno il gatto era un animale da compagnia, esattamente come oggi. Oggetto di affetto da parte dai proprietari. Tuttavia nel periodo tardo alcune specie di animali diventano sacre ed incarnano le caratteristiche delle divinità stesse. L’apoteosi è raggiunta nei testi funerari del Nuovo Regno. Nelle tombe regali del Nuovo Regno, nella Valle dei Re, è riportato un testo funerario conosciuto come “Le litanie del Sole”. Questo testo descrive le 77 forme che può assumere Ra. Il gatto è una di tali forme. Straordinario, no? Il micio che ci tiene affettuosa compagnia è, contemporaneamente, una delle possibili incarnazioni della più amata e potente divinità egizia. Poi, ci ha narrato Sabina Malgora, Quando un gatto muore, i suoi padroni eseguono lunghe lamentazioni in suo onore e si rasano le sopracciglia in segno di rispetto e di dolore. nelle tombe di questi animali sono posizionate offerte, come ciotole di latte e roditori. Si credeva comunque che anch’essi godessero della vita eterna e l’aldilà era per i felini un luogo pieno di roditori e bocconi succulenti in cui potevano vivere e prosperare.

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E poi, la mummificazione: quella che vedete sopra è una mummia di gatto della collezione del castello del Buonconsiglio. La fasciatura del corpo crea un susseguirsi di rombi ottenuti tramite la sapiente sovrapposizione di quattro strati di bende, sottolineata dalla bicromia. I particolari del muso sono resi con sovradipinture in nero: orecchi, naso e occhi. È una mummia di eccellenza.
il nostro amore per questo reperto ci ha spinto a condurre alcune analisi mediche…quelle che ci può capitare di fare nel corso della nostra vita. Lo abbiamo infatti sottoposto alla tomografia assiale…che tutti conoscono come TAC. dalle immagini tridimensionali della tac risulta l’integrità dello scheletro, visibile in tutte le sue parti…e il gatto è in posizione seduta…

Straordinario, no? Queste che vi ho narrato sono soltanto alcune delle tantissime cose che una grande narratrice dell’antico Egitto, consentitemi di chiamarla così, ci ha raccontato (lo spazio di un articolo è tiranno) riempiendoci la mente – e gli occhi – con un mondo lontanissimo eppure ancora vivo e ben presente nell’immaginario di tutti noi. Questa è veramente Archeologia Viva, che diventa vita vissuta per chi la studia e vicenda piena di fascino per tutti noi. Una cosa però ha un poco cambiato la mia vita: d’ora in avanti, quando parlerò con il mio gatto, nero, che si chiama Merlino, lo chiamerò Merlino l’egiziano.

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