Invito al viaggio in un tempo antico: il “Cromlech” del Colle Braida sul Monte Ciabergia

Con questo articolo vorrei invitarvi a seguirmi in un luogo e in un tempo antichissimi, un luogo davvero straordinario e davvero misterioso. Che è vicinissimo alla Sacra di S. Michele, famosissima e bellissima Abbazia che domina dall’alto l’ingresso della Valle di Susa, presso Torino. Dalla cima del Colle Braida sul Monte Ciabergia, nel Comune di Valgioie (TO), se ci si volta si vede sotto di noi, appunto la Sacra, magnifica e maestosa. Ma se poi ci si guarda intorno, ci accorgiamo di essere, nel silenzio del bosco, in un notevole complesso megalitico, che ha molto subito i danni del tempo, ma ha mantenuto un’aura straordinariamente misteriosa ed affascinante. Le pietre, e sono tante, che formavano un grande cerchio, con tante altre pietre usate per formare un grande, misterioso Cromlech. Il nome è di origine bretone, che significa “pietra curva”, e si riferisce a gruppi di pietre rudi infitte nel suolo e disposte a formare una linea circolare. In Inghilterra tali recinti sono detti stone-circles…e, sì, siamo nella stessa epoca di Stonehenge. il famoso complesso della Piana di Salisbury.

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Purtroppo questo grande e antico Cromlech, non è integro perchè vandalizzato ad opera di di ignoti. L’area, che è facilmente accessibile dal Colle Braida, fu investigata verso la fine degli anni Sessanta del secolo scorso da Mario Salomone, fotografo torinese e appassionato di archeologia, e, a partire dagli anni Novanta, dagli ingegneri Giacomo Augusto Pignone e Pier Paolo Strona. Al limite della radura di Pian dei Rossi (m 1100), emergono nel sottobosco singolari allineamenti litici; qualcuno ancora eretto, alcuni posti a continuità di muretti a secco, mentre altri divelti e riversi al suolo. Un primo schieramento, che si sviluppa a segmento di cerchio, è composto da sette grosse lastre di pietra ancora infisse verticalmente nel terreno. I monoliti sono collocati, per una lunghezza di circa 7 m, uno di fianco all’altro: una sorta di allineamento sequenziale descritto dagli archeologi come alignment a dalles. La loro attuale altezza, varia da m 1 a 1,50, la larghezza da 60 cm a un metro, e lo spessore da 6 a 20 centimetri. Anche se ad un primo colpo d’occhio queste pietre fitte sembrano comporre uno schieramento assestante, pare che in origine seguissero uno schema circolare o semicircolare con un raggio di qualche decina di metri che si sviluppava attorno ad una stele tutt’ora in piedi nel mezzo del prato adiacente.

Vi do un po’ di dati tecnici. La stele, che a quanto pare era collocata al centro di questo ampio Cromlech, si fa notare per la sua caratteristica forma ad obelisco: si tratta di una struttura omogenea, slanciata e sottile. alta circa m 1,50. Si può vedere una rudimentale squadratura di 30 cm di lato che va ad ammorbidirsi sulla guglia. Alla base del monolite, è ancora ben evidente una modalità d’impianto costituita da una robusta zeppatura realizzata con pietre piatte e scaglie disposte parallele al manufatto. Poi possiamo vedere la presenza di altre lastre che dovevano fare parte dello stesso perimetro, undici per l’esattezza, sono ora riverse a terra per un totale di diciotto, mentre diverse sono state asportate. La tipologia dei monoliti è la medesima; con un’altezza che va da m 1,40 fino a m 2,20, le lastre risultano sempre disposte una a fianco all’altra, e in alcuni casi ancora infisse ma vistosamente inclinate rispetto al suolo di c.a 40°. Nel complesso, quindi, l’architettura del sito di Monte Ciabergia si avvicina molto ai Cromlech francesi. Ma non è finita: altre tracce megalitiche si trovano nel fitto del bosco, si tratta dei cosiddetti Roc dal Capèrl (massi col cappello), ovvero roccioni sovrapposti da una grande pietra erosa dai ghiacci e dai venti. Una di queste singolari pietre, della grandezza di m 3,30, si trova posta su un masso di ben 6 metri di altezza. La  collocazione dei cosiddetti “cappelli” è quasi certamente artificiale. Infatti, per tenere i massi saldamente ancorati fra loro, sono stati praticati degli incavi su entrambe le superfici combacianti.

Concludo con una nota amarognola: io ho conosciuto l’esistenza di questo luogo veramente magico&meraviglioso, grazie al bellissimo libro (sotto ne riporto la copertina) di Piero Barale Le Pietre Perdute. Viaggio Mito-Archeologico alla Ricerca delle Radici del Megalitismo in Piemonte, che purtroppo è fuori catalogo e introvabile (neppure su eBay esiste). Da quel libro, davvero unico e particolare, sono tratte le puntigliose notizie che vi ho fornito.

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 In ogni modo, vi invito caldamente ad andare a visitare questo luogo, che ha più o meno 5000 anni di storia alle spalle, osservando questi resti con il giuso senso di rispetto, di mistero, di stupore e poesia. Quassù, 4000 anni prima che la Sacra di San Michele fosse edificata, c’erano esseri umani che forse pregavano, forse osservavano il cielo, forse…nessuno lo sa, esattamente…senso e significato di queste tracce di un’antichissima civiltà ci sono totalmente preclusi. Possiamo fare delle ipotesi, ma quanto sono esatte? Ma questo mistero nulla toglie alla straordinaria suggestione di un luogo che ci dona ancora una volta, un’immensa meraviglia.