A Casal Cermelli la prima tappa della entusiasmante “Alessandria la storia cantata” dai Tre Martelli, con la voce narrane di Mimma Caldirola.

Va bene, un connubio così non poteva che entusiasmarmi: i Tre Martelli, in una compagine un  po’ modificata, ma il nucleo portante è sempre quello. Ironici, ottimi musicisti, di antico pelo, capaci di proposte originali e coinvolgenti. e poi Casal Cermelli,. Chiunque mi legga sa quanto io ami quel paesino, culla paterna, e quel salone dove ho partecipato a un sacco di presentazioni librarie…e qualcuna l’ho fatta anche io. E poi la particolare serata di sabato scorso. Si: era proprio bello vedere le sedie in semicerchio, il salone gremito di gente, e la bravissima Mimma Caldirola, come voce narrante, nella prima assoluta, a Casal Cermelli, appunto, di uno spettacolo dal titolo direi emblematico: Alessandria la storia cantata. Un viaggio nella storia del territorio alessandrino, narrata dalla voce di Mimma, attraverso una serie di episodi, per ciascuno dei quali i Tre Martelli  hanno abbinato un brano musicale. Un’iniziativa non solo legata a Casal Cermelli. Infatti, dopo questa prima, lo spettacolo andrà a toccare molte altre località, da Gamalero e Rivarone eccetera. Beh, riflettevo prima dell’inizio, a quanti concerti dei Tre martelli avrò presenziato? Davvero tantissimi…possiedo anche diversi loro CD, compresi quelli di anni lontanissimi. Aggiungo che, ogni volta che li vedo live, non può non venirmi alla mente la grande Betti Zambruno, la loro storica – e straordinaria – cantante popolare, della quale a sua volta possiedo diversi dischi, purtroppo mancata un paio di anni fa. Ma, comunque, ogni volta li ascolto con genuina partecipazione e emozione.

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Sabato sera c’erano i soliti noti, ovvero Enzo Conti, alla fisarmonica diatonica, vero portavoce del gruppo, ottimo presentatore che tende un tantino a dilungarsi, poi la voce di “Chacho” Marchelli, nonché Andrea Peasso al contrabbasso e chitarra, l’onnipresente Andrea Sibilio al violino. A loro si è unito Piercarlo Cardinali, che ha suonato la cornamusa e altri fiati, ma anche lo scacciapensieri. A proposito di questo strumentino, ci hanno ricordato che, anche se lo associamo tendenzialmente alla Sicilia, in realtà, in Italia uno dei più importanti centri di produzione di scacciapensieri, era situato in alcune frazioni dell’alta Valsesia, in Piemonte, ai piedi del Monte Rosa. Questi strumenti venivano chiamati cirimia, ribeba, ciribebola. Nei periodi di massima attività, viene riferita la fabbricazione di circa 1.500.000 strumenti annui (!), con la relativa esportazione di questi in tutta la penisola e poi in Europa fino ad arrivare in America centrale e settentrionale. Incredibile. C’è sempre da imparare, da questi magnifici strumentisti.

Il percorso storico che Mimma ha letto, è iniziato ovviamente dalla fondazione. Sottolineando il fatto che non si è eretta una città ex novo, ma semplicemente unito sotto un’unica forma giuridica e civile, un insieme di villaggi, buona parte sorgenti su palafitte, trattandosi di una zona molto paludosa. Il Barbarossa la chiamava con disprezzo Alexandria de la palue (Alessandria della palude, appunto). E qui i Tre Martelli ci hanno proposto uno splendido brano strumentale, di origine medievale, che non aveva originariamente titolo, e loto hanno dunque chiamato Civita Nova, in omaggio alla fondazione. Poi ecco la vicenda, nel 1391, di Giovanni III d’Armagnac. Che partì per l’Italia, per aiutare il cognato, Carlo Visconti, signore di Parma e marito di sua sorella, Beatrice d’Armagnac, che, assieme ai fiorentini, era in conflitto con suo cugino Gian Galeazzo Visconti, duca di Milano. Durante la guerra, Giovanni III partecipò all’assedio della città di Alessandria, e ci morì: durante l’assedio, cadde in un’imboscata, in cui le sue truppe vennero sconfitte e Giovanni fu ferito e fatto prigioniero, morì, causa delle ferite riportate in battaglia, il giorno successivo alla cattura, il 25 luglio 1391. Una vicenda che francamente non ricordavo. E i Tre Martelli ci hanno presentato la messa in musica di una Businà del 1874, dove si narrava questa vicenda. Con tanto di Chacho al tambur maggiore degli eserciti.

Naturalmente Mimma ci ha poi narrato di Pio V, unico Papa della nostra zona (a lui dobbiamo il grande complesso di Santa Croce a Bosco Marengo). Personaggio a dir poco discutibile, fra roghi di eretici e persecuzione di protestanti: un modo di pensare la fede che oggi per fortuna la Chiesa ha ampiamente superato. E loro hanno cantato una triste ballata dedicata a tre povere ragazze maltrattate, che venivano da Lyon. Poi Mimma ci ha narrato della nascita della Cittadella. E i Tre Martelli ci hanno proposto un loro splendido cavallo di battaglia, Bar0n Litrun. Che è una ballata popolare del XVIII secolo, con testo in piemontese, ispirata alle gesta ed alla vita del barone Carlo Sigismondo Federico Guglielmo Von Leutrum, di cui narra in particolare l’episodio della visita di Carlo Emanuele III presso il suo letto di morte a Cuneo. La parte finale del brano ricorda il rifiuto di Leutrum di convertirsi per ragioni di comodo alla fede cattolica e di rimanere quindi coerentemente fedele alla propria confessione protestante. Bellissimo.

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Naturalmente Mimma ci ha portato all’epoca napoleonica. Solo lì ci sarebbero da narrare infinite vicende. Ma voglio ricordare quella di Giuseppe Mayno (Spinetta Marengo, 1780 – Alessandria, 12 aprile 1806), un brigante , attivo dal 1803 al 1806, noto nella cultura popolare come Mayno della Spinetta. Che era diventato un vero e proprio simbolo del riscatto sociale e della resistenza alle truppe napoleoniche, una specie di Robin Hood piemontese, che si nascondeva nel bosco della Fraschetta, e organizzava azioni contro le truppe francesi di stanza a Marengo. Mimma ci ha narrato che è stato rovinato dal suo…romanticismo. Infatti, accadde che il 12 aprile 1806, mentre si recava, nottetempo, all’abitazione della moglie Cristina, gli viene tesa un’imboscata, favorita probabilmente da una spia. Prima di essere ucciso Mayno riesce comunque a uccidere anch’egli tre gendarmi. I Tre Martelli ci hanno proposto un brano con il testo del grande poeta dialettale Giovanni Rapetti, da me particolarmente amato perchè di Villa del Foro, a pochi km da dove sto io. Praticamente con lo stesso mio dialetto.

Di molto altro ci hanno parlato e cantato e suonato, ma per non tediare il lettore, concludo con la citazione di due donne straordinarie, entrambe alessandrine, entrambe a loro modo grandi artiste: Virginia Marini e Sibilla Aleramo. Mimma ce ne ha parlato con accorata partecipazione, Virginia Marini, nata ad Alessandria nel 1844 (e morta a Roma nel 1918), calcò le scene dei più importanti teatri italiani ottenendo successi alla pari di altre importanti attrici del suo tempo quali Eleonora Duse, Giacinta Pezzana e Sarah Bernhardt. Fu acclamata da numerose platee non solo per il talento di recitazione, ma soprattutto per la voce vibrante e per la dizione perfetta. Invece Sibilla Aleramo ((Alessandria, 14 agosto 1876 – Roma, 13 gennaio 1960), fu veramente una femminista ante litteram, dalle molte trasgressioni sociali (per l’epoca, e non solo), ma dalla fortissima indipendenza intellettuale. A parte la sua tumultuosa quanto famosa e chiacchierata relazione co Dino Campana, il grande e tormentato poeta, penso alla sua tarda vocazione politica: al termine della seconda guerra mondiale, si iscrisse al PCI, impegnandosi intensamente in campo politico e sociale e collaborando con l’Unità. Nel 1948, ad esempio, partecipò al Congresso Mondiale degli Intellettuali per la Pace, che si tenne a Breslavia. Quindi, alla conclusione musicale di tutta la serata, ecco allora il brano di Lu Monferrato, Carlin pasa da là, ottimamente interpretata da Chacho e da Piercarlo Cardinali, allo scacciapensieri, con tutti noi a battere le mani con entusiasmo vero e partecipato. E devo dire che mi ha fatto assai piacere notare come la Sindaca, Antonella Cermelli, fosse giustamente felicissima di una serata così riuscita, che è poi terminata con l’offerta di vino e dolci da parte della Pro loco. Dulcis in fundo, no?

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