Coldiretti Alessandria sui consumi: “+30% allarmi alimentari su frutta e verdura straniera, garantire principio reciprocità”

Alessandria – Con l’aumento del 30% degli allarmi alimentari relativo alla frutta e alla verdura straniere occorre far valere il principio di reciprocità negli scambi commerciali, sia a livello comunitario che extra Ue, per tutelare la salute dei consumatori e l’attività degli agricoltori italiani dalla concorrenza sleale. È quanto emerge da una analisi della Coldiretti su dati Rasff diffusa in vista del salone Fruit Logistica di Berlino, il più importante appuntamento europeo per il settore.
“Sarà l’occasione per ribadire la forza dell’ortofrutta italiana, fulcro della Dieta Mediterranea, che si basa sulle eccezionali qualità e sulla distintività delle nostre produzioni. Quest’anno abbiamo raggiunto i 12,5 miliardi di export ortofrutticolo tra fresco e trasformato, ma servono misure strutturali per sostenere i nostri produttori – ha affermato il presidente Coldiretti Alessandria Mauro Bianco -. Oggi paradossalmente il problema numero uno è riuscire a realizzare il potenziamento produttivo delle singole colture, ancora prima che vendere. Non possiamo più tollerare che ci siano disparità all’interno dell’Unione Europea sui fitofarmaci autorizzati. Allo stesso tempo dobbiamo favorire campagne per il consumo di frutta e verdura e per trasformare le mense scolastiche in spazi di educazione alimentare dove promuovere davvero la dieta mediterranea e arrivare ad una promozione istituzionale sui canali digitali e media tradizionali”.
Nel 2024 sono scoppiati 165 allarmi relativi ai prodotti ortofrutticoli arrivati in Italia, comprese spezie e frutta secca, contro i 115 registrati nell’anno precedente. Si va dai kiwi argentini ai cachi spagnoli, dai pistacchi iraniani o turchi alle aflatossine alle cipolline e ai fagioli egiziani, dai funghi cinesi ai mirtilli tedeschi., tutti bloccati a causa di problemi che vanno dalla presenza oltre i limiti di pesticidi, molti dei quali vietati in Europa, a quella di Aflatossine, fino a batteri e metalli pesanti.
La conferma del fatto che in molti paesi, dall’Africa al Sudamerica fino all’Asia, è permesso l’uso di pesticidi pericolosi per la salute che sono stati banditi nell’Unione Europea spesso da decenni, senza dimenticare il fatto che le coltivazioni sono realizzate in condizioni di dumping sociale per il basso costo della manodopera. Un fattore che va tenuto in considerazione nella stipula degli accordi commerciali che, in assenza dell’applicazione del principio di reciprocità, finiscono per danneggiare aziende agricole e cittadini, come nel caso del Mercosur.
“Coldiretti è assolutamente favorevole agli scambi internazionali e punta a una continua crescita delle esportazioni. Tuttavia, mentre le nostre aziende sono tenute a rispettare rigorosi obblighi quando esportano, non si comprende perché l’Europa non applichi gli stessi criteri – ha aggiunto il Direttore Coldiretti Alessandria Roberto Bianco -. Occorre anche armonizzare il sistema relativo all’uso di fitosanitari all’interno dei Paesi Ue, attualmente inadeguata a garantire agli agricoltori italiani parità di regole rispetto agli altri. Un problema che ha concorso a ridurre fortemente il potenziale produttivo favorendo chi può contare su costi di produzione più bassi e utilizza pesticidi da noi vietati. L’Italia è così passata da essere un paese esportatore ad avere un saldo in volumi negativo, importando più ortofrutta di quella venduta all’estero”.
Spesso, peraltro, i frutticoltori nazionali si trovano nell’impossibilità di difendere i propri raccolti a causa della mancanza di sostanze fitosanitarie adeguate (in Italia l’utilizzo di fitofarmaci, si è ridotto del 50% negli ultimi 30 anni e i prodotti utilizzati sono passati da oltre un migliaio a circa 300), mentre tardano ad essere rese disponibili le Tea, le nuove tecnologie non Ogm per il miglioramento genetico.
Serve difendere un settore ortofrutticolo nazionale che garantisce all’Italia 440mila posti di lavoro, pari ad oltre il 40% del totale in agricoltura, con un fatturato di 15 miliardi di euro all’anno tra fresco e trasformato, il 25% della produzione agricola totale, grazie all’attività di oltre 300mila aziende agricole che sono oggi a rischio, a causa di prezzi troppo bassi che non coprono i costi di produzione.

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